TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 22 gennaio 2025

Il simbolismo della montagna e la sacralità delle vette

 

Il simbolismo della montagna e la sacralità delle vette




Fin dalle sue più antiche origini, l'uomo ha cercato di dare senso e significato a ciò che lo circondava. Il suo corpo è stato la prima unità di misura. Leonardo , rappresenterà in modo mirabile nel suo uomo vitruviano quella che è stata un'esperienza primordiale dell'umanità


L'uomo si vede al centro di un mondo che gli è ignoto e di cui gli sfugge il funzionamento. Lentamente con l'osservazione costruisce un universo di immagini per trasformare il caos in ordine. Noi chiamiamo queste immagini simboli. Alcuni simboli sono primordiali. Jung li definirà “archetipi”, pilastri che reggono l'inconscio collettivo della specie.

L' Homo erectus dice Mircea Eliade, il più grande storico delle religioni, nasce, proprio in quanto uomo verticale, come axis mundi e dunque, homo simbolicus e homo religiosus. Cerchiamo di spiegarci meglio.


E' dal suo corpo a braccia aperte che nasce l'idea di quadrato, e dalla sua rotazione su sé stesso che nasce il cerchio e dalla sua posizione eretta che nasce il triangolo cioè la trascendenza. Quadrato, cerchio, triangolo: gli archetipi fondamentali. Così come il “Centro”, l'asse attorno a cui tutto ruota. In breve la rappresentazione simbolica del cosmo.

L'uomo osserva il cielo, il movimento del sole, della luna, delle stelle. Osserva il ciclo delle stagioni. Coglie un ritmo eterno, un tempo circolare dove periodicamente tutto ritorna. Individua una regolarità, una armonia al di sopra di lui che contrasta con il caos apparente che lo circonda. Intuisce che esiste una forza sconosciuta, misteriosa, ma reale che va oltre il visibile e che si manifesta nella natura che muore e rinasce, nel ciclico fluire della vita degli animali, delle piante, dell'uomo stesso.

Insomma, fin dai primordi l'uomo si pone di fronte a una natura inspiegabile, terrificante, percepita come la manifestazione di una potenza “numinosa” di fronte alla quale si avverte come inadeguato, infinitamente piccolo. Una realtà che gli si presenta come un universo simbolico.

E questo vale anche per l'uomo moderno, che pure vive in un mondo da secoli desacralizzato. Lo attesta in un pugno di versi bellissimi Charles Baudelaire, il padre della poesia moderna:


La Nature est un temple où de vivants piliers
laissent parfois sortir de confuses paroles;
l’homme y passe à travers des forêts de symboles
qui l’observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
dans une ténébreuse et profonde unité,
vaste comme la nuit et comme la clarté,
les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

La Natura è un tempio dove colonne dotate di vita

lasciano talora uscire parole incerte e confuse;
l’uomo attraversa foreste di simboli
che l’osservano con sguardi familiari.

Come echi prolungati che si confondono da lontano.
n un’unità oscura e profonda,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono a vicenda.

“L'uomo attraversa foreste di simboli”, un iniziato non avrebbe potuto rappresentare meglio il percorso dell'uomo nella vita e nel mondo. Il problema è se durante questo cammino il viandante si limita a “guardare” o riesce a “vedere”, a cogliere cioè quello che si cela dietro l'apparenza fenomenica delle cose. Il sacro, trascendendo il mero dato razionale, può essere colto intuitivamente solo attraverso la mediazione del simbolo e del mito. Incontro poi rielaborato e rinnovato dal rito dove si ripete in forma inalterata, da qui l'attenzione estrema ai particolari, ciò che accadde “in illo tempore”.

Un albero, una pietra, una sorgente, un monte restano per l'uomo che le guarda quello che appaiono, ma alcuni assumono un carattere particolare, “sacro”. Diventano ierofanie, manifestazioni del numinoso, luoghi dove si è manifestata la sua potenza misteriosa. Luoghi terribili, come si legge nella Bibbia riguardo al sogno di Giacobbe, a cui occorre avvicinarsi con cautela, in modo “rituale”, cioè in forme codificate. La pietra su cui Giacobbe ha posato il capo resta una pietra, ma la sua natura è cambiata, ora è sacra. Lo stesso vale per l'attenzione posta dagli Etruschi a separare dal mondo profano i luoghi dove si era scaricato il fulmine, manifestazione numinosa per eccellenza.

L'uomo delle culture tradizionali coglie ovunque la presenza misteriosa del sacro. Il primo elemento del sacro è la volta celeste a cui l'uomo si rivolge da sempre in cerca di risposte. (nelle immagini. Oranti della Valcamonica, la runa Algiz, defunta orante in una lastra sepolcrale del IV secolo d.C.)





Il secondo elemento sacro è la Terra da cui nasce la vita. Uno l'elemento maschile, l'altro quello femminile. La montagna è il luogo sacro per eccellenza dove cielo e terra si congiungono. Lo spiega bene un altro esperto delle religioni, il belga Julien Ries:

“Il simbolismo della montagna è molto ricco. Deriva innanzitutto da simbolo dell'altezza e in questo è legato alla volta celeste. La montagna è ritta, è verticale e diretta alla volta celeste. Alta si avvicina al cielo e così partecipa alla forza e alla trascendenza. La montagna deriva in secondo luogo dal simbolismo del centro. È l'asse del mondo, la dimora degli dei, il luogo in cui l'uomo può raggiungere la divinità. Come centro essa è anche punto di incontro del cielo e della terra, scala che l'umo sale con fatica verso le cime del mondo al fine di raggiungere il mondo celeste o almeno di avvicinarsene. Come simbolo dell'altezza e simbolo del centro, la montagna è legata all'esperienza del sacro. Lo è in modo eminente come luogo privilegiato di teofanie e ierofanie.”

Da sempre l'uomo sente il bisogno di salire, di ascendere al cielo. Più vicino alla volta celeste l’uomo stima di poter ascoltare meglio la voce del numinoso. La montagna è per l’uomo anche una via per la ricerca interiore che lo purifica attraverso la fatica e i pericoli della salita. Esemplare è il Purgatorio dantesco, rappresentato come una montagna che mette in comunicazione con il Paradiso.

È difficile trovare una civiltà che non veneri una o più montagne sacre. Come luogo dove si può ascendere al cielo, la montagna è il centro del mondo. Il simbolismo della montagna sacra è tanto importante che dove non esistono montagne ne vengono costruite di artificiali (piramidi, ziggurat) o

simboliche. Un esempio coglie bene questa universalità archetipale del simbolismo della montagna sacra. Per gli Yoruba (Africa occidentale) il simbolo del cosmo è un cono di argilla sormontato da una pietra di forma circolare e circondata da altri quattro coni più piccoli a segnare i quattro angoli del cosmo. Il tutto inscritto in un cerchio. Rappresenta Esdschou, il dio dell'ordine. Identico simbolismo ritroviamo in un nostro campanile romanico. E questo, va detto, senza che ci siano stati contatti o contaminazioni culturali. A dimostrazione che, come scoperto da Jung, la fonte dei simboli è l'inconscio collettivo della specie.




Anche gli altari di tutte le religioni sono rappresentazioni della montagna sacra. La parola altare deriva dal latino altus. L'altare è un luogo alto “ e questa configurazione – scrive il benedettino francese Sebastien Sterckx autore di un libro fondamentale sui simboli del medioevo – fa di esso la cima della montagna sacra, nonché la montagna stessa”:

“L'altare è un microcosmo. E' orientato rispetto all'est ed è situato su alcuni gradini. Il posto dell'altare nella chiesa deve indicare che è il centro, tutto l'edificio converge verso quel punto, è simbolicamente al centro del cosmo. L'altare mette in comunicazione i diversi piani del mondo. L'altare mette anche in comunicazione con il mondo dei trapassati”.

Conclusione che rimanda a quello che nella simbologia e ritualità massonica è conosciuto come VITRIOL e associato al rituale dell'iniziazione.

“Ogni altare – leggiamo nelle Direttive della Commissione episcopale francese di liturgia - richiede uno spazio attorno che non ha solo lo scopo di rendere visibile l'altare, ma anche quello di separarlo dal santuario: in un luogo sacro le vicinanze immediate dell'altare costituiscono un luogo ancora più sacro”.

Lo stesso vale per il Tempio massonico. Il Trono del venerabile è posto a Oriente, da dove proviene la Luce, è collocato in uno spazio recintato particolarmente sacro (il Sancta sanctorum) e vi si accede attraverso una scala (il simbolismo della scala, come quello dell'albero, fa parte del simbolismo dell'ascensione). Salire all'Oriente rappresenta dunque una ascensione al luogo più sacro del Tempio, un avvicinarsi all'armonia cosmica di cui la Luce è il simbolo, ed è sedere in questo luogo, separato dall'apparente caos del mondo, che rende il Maestro Venerabile garante che tutto ciò che accade nel Tempio sia “serietà, senno, benefizio e giubilo”, in una parola “Armonia”.


Giorgio Amico

Conferenza tenuta a Cairo Montenotte, Ottobre 2022