Guido Seborga
(1909-1990), Vita di un ribelle
Guido Seborga,
giornalista, letterato, poeta pittore, é nato a Torino nel 1909 da
famiglia in cui lui amava individuare sangue ligure, egiziano, ebreo.
Il suo vero cognome era Hess. la scelta dello pseudonimo Seborga,
piccolo paese ligure dell'entroterra di ponente, è legata all'amore
per il mare e a quella che considerava la sua vera città d'origine e
non soltanto d'elezione, Bordighera, costante punto di riferimento
nei suoi diversi vagabondaggi e viaggi all'estero. Bordighera e il
suo entroterra sono lo sfondo dell'attività di letterato, il fascino
della Valle delle Meraviglie e del mare del ponente ligure sono
preciso riferimento al segno ideografico della sua pittura.
Studiò nella Torino
antifascista di Augusto Monti (di cui era stato allievo) e Felice
Casorati, di Gobetti e poi di Mila e di Bobbio, ma la sua
insofferenza all'ordine lo spinse a nuovi ambienti, conoscenze ed
esperienze a Berlino, poco prima dell'avvento del nazismo, poi a
Parigi, luogo amatissimo in cui tornò con frequenza lungo tutta la
sua vita.
A Torino conobbe e
strinse amicizia con Umberto Mastroianni arrivato nel '28 da Roma,
con Luigi Spazzapan, Mattia Moreno. Oscar Navarro, Raf Vallone,
Vincenzo Ciaffi, Albino Galvano, Piero Bargis con cui si trovava a
passeggiare per via Po, corso Vittorio e via Pietro Micca discutendo
di tutto in totale libertà, protetti dall'oscuramento bellico.
La matrice antifascista
torinese lo indusse all'azione, alla diserzione dalle guerre fasciste
e alla partecipazione alla guerra partigiana, prima col Partito
d'azione con Agosti, Galante Garrone, Ada Gobetti, Ciaffi, Navarro,
Silvia Pons, Anna Salvatorelli, Raf Vallone, Giorgio Diena poi
partigiano nelle brigate socialiste "Matteotti".
Dall'azione diretta passò
nel primo dopoguerra all' attività politica nel Partito Socialista
di cui aveva tentato la ricostruzione in Liguria ancora prima della
guerra. A Roma con Basso diresse la rivista "Socialismo" ed
entrò nelle vicende della direzione del partito occupandosi anche
della propaganda del Fronte Popolare.
Già presente dagli anni
'30 sui maggiori periodici culturali italiani (Circoli, Campo di
Marte, Prospettive, Letteratura, Maestrale), nel dopoguerra contribuì
alla riapertura della redazione torinese del " Sempre Avanti"
poi ridiventato "Avanti", fu giornalista sui quotidiani e
sulle riviste della sinistra italiana e internazionale occupandosi
dei temi della cultura e dell'impegno, della critica d'arte e
dell'attualità.
Partecipò con Ada
Gobetti, Franco Antonicelli, Felice Casorati, Massimo Mila ed altri
alla fondazione dell'Unione Culturale di Torino, fu tra gli
organizzatori dell'allestimento del Woyzeck di Buchner rappresentato
nel ' 46 al teatro Gobetti.
A Parigi, dove fu
direttore di "Italia Libera" e collaborò a "Europe"
e"Editions des Minuit" scrisse per i giornali italiani di
quell'ambiente di intensa attività culturale e artistica dei
surrealisti, del Cafè Flore, di Sartre, Vercors, Artaud, Eluard,
Tzara, di Severini, Franchina e Magnelli che, lui ben conosceva
dall'anteguerra, raccontando di teatro, cinema, musica, letteratura,
pittura.
Nel 1948 Mondadori
pubblicò nella Medusa degli italiani "L'uomo di Camporosso",
nel 1949 "Il figlio di Caino" accolti dalla critica
italiana e straniera con interesse e giudizio positivo. Letterato di
forte intonazione realista Seborga racconta di un mondo di diseredati
che combattono per la sopravvivenza, in una terra ligure aspra e
dura, in cui lavoro è fatica e difendere le proprie convinzioni
diventa pericoloso in un'epoca di regime.
Seguono altri quattro
titoli tradotti in diverse lingue e un diario uscito nel '68.
I personaggi di Seborga
fanno parte del dramma del vivere sia nel bene che nel male, per cui
non sono possibili evasioni se non a rischio della mistificazione e
pertanto della complicità con la società e con se stessi. Per
Seborga il pericolo è l'automazione, cioè la violenza sull'uomo da
parte dalla società tecnico-industriale a cui egli oppone il rigore
di una moralità gobettiana che si richiama all'impegno civile .
Affiancò all'attività
di scrittore quella di poeta, presente fin dagli anni giovanili e
approdata nel 1965 alla prima di tre raccolte " Se avessi una
canzone" in cui dominano il mare, il sole, il vento, le aspre
valli di confine di una terra di ulivi e viti, selvaggia come i suoi
abitanti. Partecipò all'esperienza politico-musicale del gruppo
torinese del Cantacronache, nato per una proposta musicale
alternativa alla canzonetta di consumo. E' lo stesso mondo presente
nei racconti . Altre poesie furono musicate negli anni seguenti.
Il suo amore per la città
di Bordighera si è manifestato negli anni anche con una concreta e
attiva partecipazione alla vita culturale del ponente ligure. Seborga
ha fatto parte dell'organizzazione e della giuria negli anni '50-'60
del premio di letteratura e pittura "Cinque Bettole"
insieme a personaggi di rilievo quali Calvino, Vigorelli,
Accrocca,Betocchi, Natta, Balbo. Negli anni '60 ha curato "Incontri
con l' uomo" a Sanremo, ciclo di conferenze a cui ha partecipato
tra gli altri Quasimodo. Ha anche contribuito negli anni '60 - 70
alla creazione e allo sviluppo dell'Unione Culturale Democratica di
Bordighera nei cui locali con il suo contributo furono organizzate
mostre, dibattiti, conferenze, opere teatrali.
Se i versi furono il
leit-motiv che percorse tutto l'arco della sua vita, fin da bambino
fu affascinato dalle incisioni rupestri della Valle delle Meraviglie,
che costituiscono il legame ideale fra poesia e pittura: dagli anni
'60 riprese a disegnare e dipingere creando nelle "ideografie"
una forma di pittura originale che unisce il segno dinamico e le nere
silouettes di figure arcaicizzanti alle contrastanti accensioni
cromatiche degli sfondi in cui esse si profilano.
Come pittore visse un
periodo di grande entusiasmo e di attività molto intensa nel quale
restò vicino ai giovani con cui era sempre disposto a mettere in
comune le sue numerose conoscenze e a collaborare alle loro
iniziative culturali e artistiche.
In seguito si ammalò
gravemente e morì nel 1990 dopo una vecchiaia che l'aveva duramente
colpito, limitandogli in modo insopportabile quella libertà e quella
autonomia alla quale aveva tenuto per tutta la vita