Papa Bergoglio è stato sicuramente una grande
figura. Come Wojtila e, forse anche di più visto la relativa
brevità del suo mandato, ha saputo rimettere la Chiesa cattolica al
centro del mondo e suscitare al suo interno fermenti vivi. Va però
tenuto conto che la grande popolarità anche, o forse soprattutto a
sinistra, di papa Francesco è dovuta più che ai suoi
pronunciamenti religiosi alle sue prese di posizioni politiche.
Bergoglio è stato un papa politico. Ma al di là dei discorsi
generici sulla pace e sulle periferie del mondo, quale era la sua autentica visione politica? Quanto ha contato nella sua formazione l'essere
argentino e dunque il peronismo nella sua accezione populista?
Fondamentale ci pare a questo fine un libro appena uscito di Loris
Zanatta, professore ordinario di Storia dell'America Latina presso il
dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Bologna. Noi lo abbiamo trovato estremamente interessante. Ne
riportiamo l'introduzione.
Papa Francesco è un papa politico. Quante volte
l’abbiamo sentito dire? Con empatia dagli estimatori, con antipatia
dai critici. A rigore, tutti i papi sono politici poiché politica,
in senso lato, è la loro carica. Lui di più. Lo rivendica. È vero,
risponde evocando Aristotele: faccio Politica. Non è dunque abusivo
scrivere la storia politica di Jorge Mario Bergoglio. Una storia
argentina per i primi 77 anni di vita, poi globale. Com’è il
Bergoglio politico? Cosa pensa, come agisce? Con quali fini, quali
risultati? Come s’è formato, com’è cambiato? C’è Politica
alta senza bassa politica?
A onor del vero, una storia politica di Bergoglio è
quasi impossibile. Dove stanno le carte, la materia prima dello
storico? Salvo poche cose, sono inaccessibili, secretate. La
corrispondenza da provinciale gesuita negli anni ’70, da rettore
del Colegio Máximo negli anni ’80, da vescovo e arcivescovo di
Buenos Aires poi, da papa infine: poco o niente. È come pescare
un’anguilla con le mani, inseguire un sottomarino che ora affiora
ora scompare.
Perché farlo, allora? Perché non lasciare il
compito agli storici del futuro? Per due motivi. Il primo è che,
eletto papa, Bergoglio è nella storia e la sua storia interessa ai
contemporanei. Il secondo è che le biografie esistenti coltivano
l’apologia più della storiografia. A mio parere distorcono il
contesto storico, ne danno un’immagine mistificata. Alcune
rasentano il culto della personalità: Bergoglio è sereno e giocoso,
umile e umanitario. Ha “talento di scrittore”. Al suo cospetto la
gente è “euforica, esultante”, sente che è “uno di noi”.
Che emozione “indimenticabile, incredibile, inimmaginabile”
incontrarlo! Cosa aggiungere “a tanta modestia, lucidità e
intelligenza?” Cosa dire di “una delle personalità intellettuali
e religiose più eccezionali del mondo”? Così per pagine e pagine,
volumi e volumi. Toni da intimidire dissensi, scacciare dubbi,
sconsigliare critiche.
Per chiarire: le biografie sono utili, colme di
spunti interessanti. Ma vanno prese cum grano salis. Scritte
per l’occasione, talvolta da autori digiuni di storia argentina,
dipendono oltremisura da fonti ricche ma scivolose: le testimonianze.
Sono affidabili? Quanti vecchi amici, quanti intimi conoscenti,
quanti studenti, compagni, confidenti di Bergoglio sono spuntati!
Tutti ansiosi di condividere un ricordo, di ricamare su un evento, di
arrotondare uno spigolo. Chi, in Argentina, non l’ha prima o poi
incontrato? Chi non desidera aggiungere la sua candelina alla torta?
È umano. Tutti meno gli avversari: spariti! Eppure ne ha avuti
tanti. Umani anch’essi: meglio tacere che rivangare il passato se
in passato hai pestato i piedi al futuro papa.
La mia storia non sarà migliore, ma diversa sì.
Molto diversa. Ancora per due motivi. Il primo è che studio la
storia politica della Chiesa argentina dal 1989. Per caso. Quante
giornate negli archivi ecclesiastici, sulle riviste cattoliche, sui
bus da un capo all’altro del paese! Col mondo di Bergoglio ho
familiarità. Ciò non mi rende più attendibile di altri, ma forse
meno disorientato di alcuni. Il secondo motivo è che non scrivo
storia sacra ma storia profana, scrivo storia politica non storia
religiosa. La Chiesa si concepisce un soggetto salvifico differente
da ogni altro soggetto storico. Libera di farlo. Libero io di
sottrarmi a tale pretesa per studiare le implicazioni politiche del
“proposito salvifico” di Bergoglio. E di farlo impiegando il
normale linguaggio delle scienze umane e sociali, non il linguaggio
iniziatico della storia confessionale.
Svelerò l’arcano che tanto appassiona? Spiegherò
se Bergoglio è di destra o di sinistra? No. In questo libro quelle
parole non ci sono. Se non per sminuirne la portata. Non m’importa
che siano nobilitate da grandi autori. Né che le pronunci il papa.
Sono critico ma non sadico! Non gli farò il torto di rinchiuderlo in
gabbie così anguste, di imporgli etichette così dozzinali. Merita
uno scenario più vasto e ambizioso. Locale e universale, la sua
storia politica è un pettine dove s’intrecciano i grandi nodi
della storia contemporanea. Sul piano storico l’eterno bivio tra
Atene e Gerusalemme, città di Dio e città dell’Uomo, cristianità
e laicità. Su quello filosofico la tensione tra monismo e
pluralismo, comunitarismo e individualismo. Su quello economico tra
economia e teologia, mercato e Stato, ricchezza e morale. Su quello
politico tra messianismo e riformismo, populismo e liberalismo. C’è
un mondo nella storia di Bergoglio, una storia nel mondo di
Bergoglio.
La sua storia politica è inseparabile dalla sua
storia intellettuale. Da ciò la centralità del nesso tra idee e
azioni, parole e fatti. Sarà immune al rischio che i buoni principi
lastrichino vie infernali? All’incoerenza tra mezzi e fini? “La
realtà è superiore all’idea”, dice. Lo prenderò in parola, ne
passerò al setaccio la parabola, ne valuterò gli effetti su pace e
guerra, democrazia e autoritarismo, prosperità e povertà. Il
principio di realtà, sempre necessario, lo è ancor più dinanzi a
una personalità poliedrica, spesso indecifrabile. Una personalità
“gesuitica”, affascinante o irritante a seconda dei gusti e delle
sensibilità.
Un’ultima istruzione, un modesto consiglio: non
cerchiate complotti. Energia sprecata, non ci sono. Capisco la
tentazione di invocare papi contro papi, fazioni cattoliche contro
fazioni cattoliche. Da quando ne scrivo mi hanno accostato alle
compagnie più bizzarre! A scanso d’equivoci: non sono credente,
non appartengo ad alcuna Chiesa, non ho partiti né scuole. Si può
approvare senza arruolare, dissentire senza scomunicare. Questo libro
è il mio modesto manifesto laico in un’epoca in cui la laicità è
chiamata con disprezzo “laicismo”. Un’epoca di “ritorno delle
religioni” sulla scena pubblica che, come ogni altra in cui tale
ritorno è avvenuto, distilla violenza e intolleranza, fanatismo e
messianismo.