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È da poco in libreria l'ultimo libro di Roberto Massari che raccoglie scritti, interventi, lettere in larga parte usciti sul Blog Utopia Rossa dal 2022 al 2025. Qui di seguito la nostra introduzione al volume.
Viviamo in tempi difficili. Grande è il disordine sotto il cielo, si sarebbe detto in un altro momento storico. Ma a differenzea di allora, la situazione non è eccellente. A pensarci bene, non lo era poi tanto neppure allora. Ma in quegli anni le cose apparivano più chiare. Come nei film western della nostra infanzia la separazione fra buoni e cattivi era netta: da una parte il male che sembrava onnipotente, dal'altra il bene che alla fine, dopo peripezie e travagli, comunque trionfava,
Oggi queste certezze non esistono più. Lo sceriffo e il fuorilegge rappresentano due aspetti della stessa realtà, ragionano e si comportano allo stesso modo. Non che allora fosse diverso, ma ci faceva velo l'ideologia di cui, senza rendercene conto,eravamo totalmente imbevuti.
Il mito dell'URSS, patria della pace e del progresso, per quelli che ancora ci credevano. Il mito della Cina per i nuovi credenti in cerca di orizzonti radiosi da cui sarebbe spuntato, più bello e più forte che pria, il sol dell'avvenir. Il mito di Berlinguer e di un PCI capace di fare finalmente di questa Italia sgangherata un paese civile, moderno e giusto. Il mito che la critica delle armi fosse comunque più efficace delle armi della critica e quindi, anche per i più miti, immagini del Che appese in ogni stanza e slogan truculenti sui nuovi partigiani che, come nel '45, avrebbero presto mitra alla mano rimesso le cose a posto.
Miti diversi e contraddittori che ci univano e allo stesso tempo ci dividevano. Insomma, come in ogni religione che si rispetti, tutti a credere nello stesso dio, ma ciascuno a modo proprio e secondo i propri riti.
L'unica cosa che veramente era comune a tutti, era la fede incrollabile nelle virtù salvifiche della classe operaia. La classe operaia deve dirigere tutto, dicevano i maoisti, e ciascuno a modo proprio faceva eco. L'internazionalismo proletario era un dogma che nessuno avrebbe osato mai mettere in discussione, nonostante le lezioni del passato, a partire dall'ormai lontanissimo 1914, ne avessero evidenziato la totale mancanza di fondamento.
Gli anni Ottanta, quelli del "riflusso", iniziarono un'opera massiccia di potatura di questa giungla intricata che era diventata la sinistra del decennio precedente. Una forma di selezione naturale alla rovescia. Dalle ceneri di gruppi e movimenti si sviluppò un nuovo ceto di politici di professione, "forchettoncini rossi" li definìsce con termine quanto mai azzeccato l'autore di questo libro, che ancora oggi restano incollati alle loro poltone, parlamentari, alle redazioni giornalistiche, ai talkshow televisivi, pronti ad adegauarsi ad ogni cambiamento e a impartire urbi et orbi lezioni di politicamente corretto.
Da allora è stato un. piano inclinato, un enorme buco nero che decennio dopo decennio ha inghottito certezze, miti, speranze, illusioni. Si è chiuso definitivamente il ciclo della fabbrica fordista e di tutto ciò che esso comportava a livello politico e sindacale, teorie sull'operaio massa comprese. Certo gli operai esistono ancora, ma sono diventati invisibili anche a sè stessi. Lo sfruttamento non fa più notizia.
I nuovi settori, come quello della logistica, dove qualche forma di combattività ancora permane, fosse altro per le durissime condizioni di lavoro, non riescono a secrnereun'avanguardia che sia di riferimento per il resto della classe. Le lotte sono lotte difensive contro dslocazioni di impianti e licenziamenti. Vertenze isolate in mancanza di un sindacato capaci di generalizzarle.
Quelle che una volta erano le cinture rosse delle città sono diventate terra di conquista elettorale di avventurieri populisti e xenofobi, dalla Lega ai Cinque Stelle. Fino ad arrivare, per chi si considera ancora "di sinistra", definizione peraltro a cui è sempre più difficile attribuire un significato organico, a vedere nella figura del Capo dlla Chiesa cattolica, dell'ultimo monarca assoluto esistente sulla terra, l'apostolo degli oppressi. E questo per qualche frase generica sulla pace, sui migranti, sulle periferie, estrapolata da discorsi che, se letti per intero, vedono confermate se non rafforzate le classiche posizioni della Chiesa su sessualità, aborto, fine vita.
Di questo viaggio verso l'assurdo sono testimonianza critica i volumi che, a partire dal 2005, Roberto Massari ha dedicato a raccogliere e rendere così fruibili ad un pubblico vasto i suoi scritti inediti. Centinaia di articoli che rappresentano una sorta di storia alternativa dell'Italia degli ultini sessant'anni, dalle promesse mancate del cento-sinistra agli anni tragici del Covid.
Pur essendo espressione di momenti contingenti, queste prese di posizione mostrano una coerenza di impostazione, una lucidità critica ed una capapacità di leggere il presente in prospettiva del futuro rare nel quadro del pensiero marxista italiano e non solo.
Dai primi passi di una sociologia non più accademica, ma intesa come strumento di comprensione delle dinamiche sociali al servizio della lotta di classe, alla denuncia della crisi irreversibile del trotskismo, al movimento del '77, ai primi sintomi della mutazione genetica di una sinistra che via via andava perdendo ogni punto di riferimento, alla battaglia contro l'invadenza di una comuncazione interamente centrata sullo spettacolo, capace di banalizzare ogni avvenimento anche il più tragico, fino al sorgere dei movimenti no-vax, gli scritti di Massari permettono di orientarsi in quello che appare a prima vista come un succedersi caotico di avvenimenti e personaggi.
Nati come strumenti di polemica politica negli anni caldi del Movimento, diventati momenti di riflessione critica negli anni freddi del riflusso e della stabilizzazione, gli scritti di Massari visti nel loro complesso posono essere letti oggi anche, e forse soprattutto, in chiave storica a disegnare nei suoi percorsi il progressivo processo di decadenza di quella che siamo abituati a definire la civiltà occidentale e che ha la sua nascita con le grandi scoperte geografiche e lo spostamento del baricentro mondiale dal bacino del Mediterraneo all'Atlantico.
Sono gli anni per intenderci del declino dell'impero americano, della progressiva marginalizzazione dell'Europa, della centralità crescente del Pacifico e di una Cina ritornata, dopo due secoli, a pensarsi come il centro del mondo.
Processi giganteschi che comportano la fine degli equilibri sanciti con la spartizione del mondo a Yalta fra l'imperialismo americano e quello russo e riaprono una contesa per la ridefinizione di nuovi equilibri adeguati al cambiamento in atto nei rapporti di forza a livello globale che rendono di nuovo la guerra fra le grandi potenze una possibilità reale.
Ciò che accade in Ucraina e in Medio Oriente sono i segno dell'approfondirsi di questa crisi. Massari vi dedica i primi tre capitoli, andando ancora una volta controtendenza, smacherando l'ipocrisia di chi in nome della pace predica la politica del fatto compiuto, della resa alle pretese imperiali di Putin, come già altri fecero negli anni Trenta con atteggiamenti tragicamente simili verso l'espansionismo hitlero-staliniano.
Ma dove il volume raggiunge il massimo di incisività è nella denuncia di un antisemitismo, di tipo nuovo che ha nella estrema sinistra le sue manifestazioni più eclatanti. Un antisemitismo che testimonia ogni giorno di più la fine ingloriosa della tradizione comunista di origine terzinternazionalista ed in particolare di ciò che resta del movimento trotskista.
Un antisemitismo che riprende ad una ad una le formule di Hamas e del fascio-islamismo di derivazione iraniana in nome di un'avversione viscerale verso tutto ciò che è percepito come Occidente. Una sorta di riflesso condizionato che ha radici in ciò che resta della cultura di un partito comunista, incapace funo all'ultimo, berlinguerismo compreso, di staccarsi radicalmente dal suo filosovietismo.
Un libro che certo non piacerà ai lettori del Manifesto, agli orfani di Berlinguer a partire dai susperstiti di Rifondazione, ai neostalinisti del sindacalismo base, ai troskoidi di ogni tendenza, insomma a tutti coloro che rifiutano ostinatamente di fare i conti con la realtà e che scambiano l'analisi marxista con la denuncia moralistica, incapaci di andare oltre la linea di galleggiamento e capire veramente ciò che accade oggi in Italia come negli USA di Trump.
Sbaglierebbe anche chi pensasse ad una visione pessimistica che in nome del realismo ha rinunciato alla lotta per un mondo diverso e al respiro dell'utopia. Nei suoi interventi Massari si rifà ad una tradizione critica capace di sintetizzare armonicamente realismo e utopia e che ha in eretici come Victor Serge e Guy Debord le sue solidissime radici. E Utopia Rossa si chiama non a caso il sito online su cui questi scritti sono apparsi, luogo di incontro e confronto di chi non si rassegna alla attuale dittatura della mediocrità, di chi non ha abdicato al dovere dell'intellettuale di andare sempre alla radice delle cose, consapevole, come il giovane Marx dei Manoscritti, che alla radice delle cose c'è sempre l'uomo e che di conseguenza una visione realmente critica dello stato di cose esistenti non può che fondarsi su di un radicale umanismo rivoluzionario. Una Utopia Rossa, di cui questa raccolta di scritti, interventi, lettere, rappresenta un grande manifesto.
Giorgio Amico