Nel 2004 “La Riviera Ligure”, la prestigiosa rivista della Fondazione Mario Novaro, dedicò un numero doppio alla figura e l'opera di Guido Seborga. Il quaderno, ricco di contributi di grande interesse, assieme a “L'uomo di Bordighera” di Massimo Novelli, uscito l'anno precedente, segnò l'inizio della riscoperta di un autore per quasi quarant'anni colpevolmente dimenticato. Riprendiamo da quel quaderno un ricordo di Maria Luisa Spaziani.
Maria Luisa Spaziani
Guido Seborga, un ricordo
Guido Seborga era il redattore capo di due riviste, prima “Il Girasole”, poi “Il dado”, entrambe edite con il nome mio (mio padre, naturalmente, era il finanziatore). Siamo a Torino, nel bel mezzo della guerra, 1942 e '44, e ad una ragazza da non molto uscita dall'adolescenza, subito catturata dall'amore per la poesia, non parve vero cimentarsi con quello che allora era un essenziale strumento di esistenza e conoscenza della poesia, ovvero una rivista letteraria.
Seborga aveva allora più di trent'anni e una certa conoscenza dell'ambiente, ricordo che mi mise in contatto con Pratolini e Penna. Umberto Mastroianni era il prediletto interlocutore il campo artistico.
Era un'anima ardente, e sentiva la poesia, anche se non aveva una prospettiva storica; quando incontrava un poeta, questo occupava tutto il suo orizzonte e tutto lo spazio culturale disponibile. Una volta una Galleria d'arte di Torino gli affidò la presentazione di un catalogo di opere ispirate a Petrarca e lui scrisse di Petrarca, certamente, ma riuscì a citare persino Pisacane.
Era molto curioso e aveva anche un estro giornalistico, inoltre era molto impegnato politicamente: eravamo negli ultimi anni del fascismo, ma lui era risolutamente antifascista e legato al movimento di “Giustizia e Libertà”. Per questo faceva copia con Vincenzo Ciaffi, che era stato mio professore al liceo e lo era nuovamente all'università, di latino. Fu Ciaffi a farmi conoscere Guido alla fine del '41.
Ciaffi era un grande maestro, per quanto classicista, conosceva benissimo la poesia contemporanea e ho ben in mente quando annotai, al liceo su sua indicazione in margina alla letteratura del Momigliano, “leggere Montali”con la i.
Ciaffi dovette nascondersi dal regime e fu ospite in casa mia per due mesi. Avevo il pedagogo in casa, come una giovane nobildonna d'altri tempi. La sera, molto spesso, passava anche Seborga e si occupava il tempo a tradurre, a parlare di poesia e di critica.
Seborga leggeva i miei primi versi, con una matita rossa e blu, come i professori, anche se lui detestava i professori e gli accademici, e non risparmiava nessuna stoccata. Detestava Carducci e amava moltissimo Campana, accordava il suo plauso anche a Ungaretti e a Montale.
Ricordo anche le sue curiosità fuori dei territori più consueti, come, successivamente, un articolo sull' “Avanti!”, relativo al teatro africano.
Lo elettrizzava molto l'accostamento delle parole, i guizzi e i lampi degli accordi tra i suoni. Faceva il barricadiero, sul piano politico, ma nella sua sua sostanza di poesia aveva ancora un nitido gusto ermetico.
Lo rividi qualche volta a Milano, al Blue Bar, dove andavano un po' tutti e si poteva incontrare Carlo Bo o Vittorio Sereni. Poi una volta ospite in Riviera, vicino al suo paese, volli telefonargli ed esordii con un “vecchio Guido”, che non mostrò gradire.
Ricordo bene sua moglie, una gran signora, molto cara. Lui invece aveva più l'aria dello zingaro e del nomade. Assomigliava fisicamente a Lamberto Maggiorana, l'operaio interprete di Ladri di biciclette. Sembravano due sosia. Glielo dissi e ne andò fiero.
(Da: La Riviera Ligure, Quaderni quadrimestrali della Fondazione Mario Novaro, anno XV - Numero 43/44, gennaio-agosto 2004)
Maria Luisa Spaziani (Torino, 1924) Poetessa di fama internazionale, ha insegnato a lungo Storia della letteratura francese all'Università di Messina.
Ringraziamo la Fondazione Mario Novaro per l'autorizzazione a riprendere questo articolo.
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