TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 21 dicembre 2021

Tonino Conte, Genova una città in 20 storie

 


Un libro affascinante e divertente, da leggere come antidoto allo stress delle feste.


Introduzione

Perché Genova si chiama Genova?


C'è chi dice che il nome della città ha origine da janua, che in latino significa porta. Effettivamente fin dai tempi più antichi Genova è stata considerata - da tutti i popoli che hanno abitato la pianura padana e anche da quelli al di là delle Alpi - una porta aperta verso il mare.

E il mare non è che una grande strada che unisce tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Altri dicono che il nome deriva dal greco Xenos, che vuol dire straniero. Bisogna sapere che in dialetto Genova si chiama Zena e i suoni Xenos e Zena somigliano davvero. La cosa non è così strampalata come può sembrare anche perché Genova ha sempre trafficato e commerciato con tutti e naturalmente gli stranieri ci stavano di casa. Come si dice di un posto dove si parlano molte lingue e c'è una gran mescolanza di razze, la città è «un porto di mare». E Genova è sempre stata soprattutto il suo porto.

C'è anche chi sostiene che il nome deriva da Giano, l'antico dio italico del corso del sole, raffigurato bifronte, in modo che possa guardare sia davanti che dietro a sé: verso il sorgere e il tramontare del sole. In effetti Genova ha due facce: una guarda verso i monti che alle sue spalle la chiudono a semicerchio, l'altra faccia guarda verso il mare aperto. Giano è anche il dio dei passaggi, delle porte. Per conto mio è quest'ultima l'ipotesi più affascinante e forse più vicina alla verità. Sicuramente i Genovesi nel corso della loro lunga storia di passaggi ne hanno fatti tanti, e hanno varcato tante porte. Non sono mai stati dei sedentari. La loro curiosità di viaggiatori li ha spesso spinti alle soglie delle porte dell'inferno.

Janua, Xenos o Giano che sia, in ogni caso vale la pena di dare un'occhiata alla strana fontana che si trova nella più antica piazza di Genova, piazza Sarzano, meravigliosamente descritta in uno dei Canti Orfici - intitolato proprio Piazza Sarzano - del poeta Dino Campana.

Sulla cupoletta della fontana c'è una testa in marmo di Giano Bifronte.

Dino Campana - guarda il caso - era uno straniero (come diciamo noi un «foresto»), ma nessuno come lui ha saputo descrivere in tante poesie l'anima e la vita di Genova. Soprattutto ha saputo farci sentire il respiro del mare e il pulsare del porto. Quando il porto funzionava ancora, agli inizi del secolo, nel tempo in cui Campana ha soggiornato nella nostra città in una casa di Vico Vegetti.


Introduzione


Noi che sempre navighiamo
Guglielmo Embriaco e il sacro Graal
La crociata dei bambini
San Giorgio e il drago
Sulle strade del mare
Il mercante
Ma se viene il Barbarossa...
Simon Boccanegra primo doge
La lista della spesa
Il Bucicaldo, ultimo cavaliere errante
Il grande ammiraglio del mar Oceano
Andrea Doria dall'alto dei suoi cent'anni
Lepanto
Ma Balilla lo ha lanciato quel sasso?
La vecchia signora
Qui si fa l'Italia!
Paganini e i suoi capricci
Genova industriale
Genova dagli amori in salita
Ahi Genovesi, uomini diversi!