TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 17 gennaio 2016

Mimmo Lombezzi Fight Club


Circolo degli Artisti
Pozzo Garitta Albisola Marina (SV)

Sabato 23 gennaio 2016 alle 17 inaugurazione della personale di Mimmo Lombezzi.

Mimmo Lombezzi, giornalista, scrittore,  autore e conduttore di programmi televisivi, nonché vignettista, caricaturista, dopo alcuni anni, torna al Circolo degli Artisti per presentare le sue più recenti opere quali sculture, incisioni e disegni.


La mostra si protrarrà fino al 7 febbraio 2016 con apertuta giovedì e venerdì dalle 16 alle 19. Sabato e domenica anche dalle 10 alle 12.



Giorgio Amico

Ritratto (semiserio) dell'artista da giovane


Con Mimmo abbiamo condiviso negli anni del liceo discussioni, amori travolgenti (pochi), vino pessimo che la birra allora non andava di moda, e tanti progetti. ZOT, giornalino (oggi si direbbe fanzine) studentesco di grandi ambizioni, uscito semiclandestinamente per un paio di numeri, è stato uno di questi.

Di Mimmo l'idea, il titolo che riprendeva le strepitose strisce di Johnny Hart, la grafica e le illustrazioni.

ZOT era il sibilo della lingua del simpaticissimo formichiere che implacabile tormentava le formiche sfigate di cui seguivamo le disavventure su Linus. Un modo per dire che la scuola era anche (o forse soprattutto) nostra, che avevamo qualcosa dire e che l'avremmo detto. Per cui, professori in campana, che in qualunque momento ZOT poteva colpire.

Di Mimmo anche un ritratto di Tatti Sanguineti, non ancora grande critico cinematografico, ma già figura mitica ai nostri occhi di liceali per il suo ostinato e pionieristico rifiuto delle convenzioni allora dominanti in merito di bon ton e abbigliamento.

Schizzato su un foglio a quadretti su un tavolo d'osteria e impreziosito da vistose macchie di vino, il ritratto rappresentava un Tatti-Kalì, fornito di ben sei mani intente (a due a due) a grattarsi il capo, esplorare le cavità nasali e strofinarsi le parti intime.

Un'opera tanto apprezzata da restare a lungo esposta a fianco di un poster del Che e del manifesto dell'occupazione di Palazzo Campana sul muro scrostato di una vecchia soffitta per il nostro gruppo di diciottenni vera e propria officina di sogni.