TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 17 luglio 2018

Raffaele K. Salinari, Erotismo e xenofobia



La paura dello straniero come paura della vita. Una riflessione sulle pulsioni di morte che agitano nel profondo la nostra società e di cui l'odio straripante dalle pagine di Facebook è una delle manifestazioni più chiare.

Raffaele K. Salinari

Erotismo e xenofobia

Erotismo e xenofobia, due sentimenti a volte totalizzanti, che mai comunque lasciano indifferenti. La loro relazione è profonda poiché sono l’uno il risvolto dell’altro. Se l’erotismo è, secondo la celebre definizione di Bataille «portare la vita sin dentro la morte»la xenofobia, al contrario, può essere considerata un «portare la morte sin dentro la vita». Quando, infatti, analizziamo l’essenza dell’uno e dell’altra, ci accorgiamo che hanno la stessa matrice. L’erotismo è una forza creatrice, poietica, potentissima, messa dalla Vita, dalla Zoé senza caratterizzazioni, a disposizione della nostra specifica e caratterizzata Bios umana,affinché la sua continua ricombinazione la faccia prosperare.

Per questo Eros è una divinità antica, nata quando tutto al mondo aveva una forma ed un nome, una ipostasi che ricadeva nell’immenso e pauroso dominio del sacro e del numinoso. Nelle civiltà arcaiche ogni Potenza, sentimento o fenomeno della natura fisica o metafisica che fosse, era allora un dio o una dea, una ninfa o un daimon, a significare così la possibilità stessa della relazione tra l’umanità e queste forze.

Dalla loro conoscenza e riconoscimento nasceva, in primis, il rispetto che gli si doveva, pena la punizione per averle offese. In questo senso, il massima peccato nel mondo classico, l’unico in comune anche con la morale giudaico cristiana, è appunto quello di hybris: la presunzione umana di oltrepassare i limiti imposti dall’ordina cosmico, immutabile, delle cose. Gli dei punivano gli uomini per causa della loro tracotanza, sempre, mentre altri peccati, o almeno considerati tali dal cristianesimo, potevano venir giudicati altrimenti. Dante mette Ulisse nella bolgia dei fraudolenti, non certo tale lo consideravano Omero e gli dei a lui favorevoli. Ma anche Dante punisce la tracotanza, come gli antichi.

L’hybris, dunque, è questo non riconoscimento del limite e, per analogia, delle forze naturali che governano ed ordinano la vita degli uomini. Massima saggezza, allora, deriva dal riconoscimento dell’ordine delle cose, mentre massima pena è comminata per il suo superamento, dovuto ad ignoranza o presunzione. Eros, dunque, non a caso, in alcune cosmogonie è posto come figura protogena, come vero e proprio Demiurgo della creazione.

Poi, con la trasformazione del divino in qualcosa di sempre più lontano, col crescente protagonismo dell’umanità che si allontana dalla Natura per sottometterla, illudendosi così di uscire così dal suo ciclo vitale, in una parola: il passaggio dalla Grande Dea al Pantheon greco, ecco Eros degradato a semplice strumento di Afrodite, Dea comunque dell’Amore e della Bellezza, anch’essa in debole continuità cosmologica con la Grande Dea ricreatrice, il cui epigono cristiano è la Madre di Dio.

E allora, se Eros era, ed è, tutto questo, la sua funzione è chiaramente ricombinatoria e dunque, per definizione, xenofila. Èdalla diversità che la Vita trae la sua forza, è dalla sintesi tra opposti che trae alimento; per questo le sue Bios sono miliardi, e tutte leggermente diverse l’una dalle altre. Sul piano umano esisterebbe l’attrazione tra genti diverse se tutto questo non servisse alla Vita? A cosa serve la differenza culturale se non a dare alla nostra specie una chance in più? Ecco che tutto quello che attrae fa anche paura, come pure quello che fa paura attrae, poiché è tra queste polarità che scorre il novumdella vita.

Questo rappresenta lo Straniero, la Straniera, anche se il suo incontro significa a volte tradire, cioè portare altrove, la propria appartenenza. Lo Straniero è l’agente per antonomasia del sovvertimento, a volte violento, degli equilibri stantii ma che, inevitabilmente, porta ad altri equilibri, che a loro volta dovranno essere rotti. Ciò che cambia permane, ciò che si fissa decade, ci ricorda Lao Tzu.

Per questo sono tragiche le figure delle eroine e degli eroi nella mitologia classica; compiono scelte di rottura,  gesti emblematici del sovvertimento: non hanno forse tradito i loro popoli affinché la storia potesse ripartire? Elena ha creato i presupposti di Roma, come pure Latino nel dare Lavinia in sposa ad Enea il profugo troiano. Medea ha aperto all’Occidente le porte dell’Oriente attraverso l’amore criminale con Giasone, mentre Arianna decreta nella relazione con Teseo la fine di Creta e l’affermazione del dominio Greco nel Mediterraneo.

Tanto più lontane le culture che si incontrano, che si mischiano, tanto più ampio l’orizzonte della Vita. Ecco perché, al contrario, la xenofobia è una pulsione prepolitica, scaturita, se non dalla morte dell’Eros, certo dalla sua mortificazione. Da cosa nasce, infatti? Dall’ansia di non poter essere sempre uguali a se stessi, dallo sgretolamento della falsa rassicurazione insita nella ripetizione. Lo straniero rimette continuamente in discussione non tanto lo statusidentitario quanto il suo stallo.

Ma senza cambiamento non si vive, al massimo si tira a campare. E senza alterità chi ci dirà chi veramente siamo? Senza questo non potremo mai incontrare eroticamente l’altro. E dunque, se lo straniero tocca in superficie la nostra realtà materiale e la sua espressione culturale, nel profondo fa emergere la frustrazione erotica, il fatto che la soddisfazione che si cerca nel consumo e nella ripetizione di sé non genera più nessuna potenza libidica profonda, appagante, anzi, nutre e si nutre del suo contrario nevrotizzato.

La xenofobia è allora una nevrosi fobica da fissazione necrica che bisogna rivoltare rivoltandosi ad essa. Lo straniero, il suo corpo, la sua aura, svelano con la loro presenza, con la loro capacità di attrazione-repulsione, che il nostro erotismo è congelato come quello dei nostri avatar-manichini, pietrificato dagli occhi di Medusa delle vetrine nei centri commerciali.

Lo straniero potrebbe distoglierci da questo incantamento, magari chiedendoci qualche soldo, o passandoci accanto con un odore diverso, con parole incomprensibili, con gesti che non capiamo; portarci verso l’orizzonte dell’avventura libidica, dell’oltre, dell’immaginale, di un altro noi stessi. Ma questa vaga consapevolezza viene, ancora una volta, intercettata dalla merce, che ci da la sua eterna e soporifera risposta: consumami e sarai soddisfatto, allontana da te il diverso, a meno che tu non lo possa comprare; respingi, l’idea di una soddisfazione attraverso l’apertura all’altro, non rischiare l’incontro con una libido della trasformazione, dell’ibridazione.

Resta con me, con la tua roba, con l’aria stantia della vecchia casa che nessun condizionatore potrà rinfrescare. La merce cerca di mortificare in questo modo l’erotismo; la xenofobia è il suo dispositivo politico. Dunque, Eros contro Thanatos; e così, ancora una volta, ancora per una ri-volta, egli ci chiama a diventare tutti stranieri a noi stessi perché la Vita che vive nei corpi sarà erotica o non sarà.

http://tysm.org/erotismo-e-xenofobia/