TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 30 ottobre 2018

Verso il '68. Non solo canzonette


Gli anni Sessanta sono segnati da una profonda trasformazione della condizione giovanile. I giovani si percepiscono come diversi, portatori di un'alterità radicale rispetto al mondo degli adulti che si esprime attraverso la musica e il modo di presentarsi. La politica verrà più tardi. Gli anni Sessanta sono gli anni del rock, dei capelloni e delle minigonne.

Giorgio Amico

Non solo canzonette

Per la prima volta, adeguandosi anche in questo ai paesi più avanzati, l'Italia assiste al formarsi di una specifica “questione giovanile” caratterizzata soprattutto da linguaggi, mode, atteggiamenti particolari che non tengono in alcun conto le differenze, pure fortissime, di classe o di istruzione, per privilegiare invece come centrale il dato dell'età. Nello stupore e nella riprovazione generale dei benpensanti, compresi quelli di sinistra, i giovani iniziano a ostentare modi di vita sideralmente lontani da quelli dei loro genitori. Tra il 1960 e il 1965 la rottura generazionale diventa totale.

La musica gioca un ruolo centrale in questo processo. Nasce un modo nuovo di cantare, quello degli “urlatori”, che rompe con il tradizionale genere melodico della canzone italiana. Si afferma una nuova generazione di giovani cantanti, i cui capofila allora quasi adolescenti, Adriano Celentano, Rita Pavone, Bobby Solo, Gianni Morandi, Patty Pravo solo per citarne alcuni fra i più famosi, si rivolgono ai loro coetanei per narrarne sogni, passioni, ma anche una totale alterità rispetto al mondo degli adulti, i cosiddetti “matusa”. É la cosiddetta musica ye ye che fa da apripista al rock che irromperà a metà del decennio con i Beatles e i Rolling Stones. L'effetto sarà quello di una esplosione atomica che azzera e trasforma totalmente il paesaggio esistente.


E se, come qualcuno fa subito osservare da sinistra, in fondo si tratta solo di “canzonette”, di un fenomeno di mercato, favorito dalle grandi case discografiche, amplificato e diffuso dalla televisione e dalla radio, tuttavia questo modo nuovo di cantare esprime un malessere profondo e un'insoddisfazione reale: dopo gli anni del fascismo, la tragedia della guerra e l'immobilismo bigotto degli anni Cinquanta la generazione degli anni Sessanta, figlia della ricostruzione e del boom, si sente diversa da quelle che la hanno preceduta, portatrice di valori nuovi, di un modo nuovo di intendere la vita, del tutto alternativo a quello propagandato dalla morale ufficiale.

Noi non siamo una banda di suonatori – aveva dichiarato Mick Jagger, storico leader degli Stones- Siamo un modo di vita”. E attorno a questo modo nuovo di vivere si raddensa progressivamente una nuova cultura giovanile, una controcultura. Nel maggio '65 si tiene a Frascati il primo grande raduno musicale giovanile, nello stesso tempo nascono i primi complessi beat (circa 5000 solo fra il 1965 e il 1966), alcuni come L'Equipe 84, i Nomadi, i Dik Dik, i Giganti, i New Trolls, i Pooh, destinati a un grande e duraturo successo. Sempre tra il 1965 e il 1966 la vendita di chitarre in Italia aumenta di otto volte toccando livelli mai raggiunti prima.

Da Londra assieme alle canzoni dei Beatles arriva la moda dei capelli lunghi e della minigonna, da San Francisco la controcultura hippie dei figli dei fiori e le prime droghe leggere. La musica beat porta con sé la letteratura, tra i giovani spopolano poeti come Ferlinghetti, Corso, Allen Ginzberg di cui i Nomadi (e un quasi sconosciuto Guccini) mettono in musica la poesia più famosa. Jack Kerouac diventa un mito per migliaia di giovani che si identificano nei suoi personaggi di ribelli senza una causa e scoprono filosofie e religioni orientali o il nomadismo dell'autostop.


Il fenomeno diventa presto fatto di costume. Sempre di più i giornali parlano dei “cappelloni”. Anche i media ufficiali sono costretti a tenerne conto. Nell'ottobre del 1965 la seconda rete radiofonica manda in onda Bandiera Gialla, una trasmissione fortemente innovativa con cui Renzo Arbore e Gianni Boncompagni si rivolgono direttamente ai giovani rivoluzionando il modo di fare radio.

Nel 1964 su Vie Nuove Elio Vittorini parlerà di una nuova generazione che si forma “in linea orizzontale” attraverso l’esempio reciproco e il confronto tra pari delle esperienze collaterali, al contrario delle generazioni precedenti che si erano fino allora formate secondo linee verticali, attraverso il confronto con i padri, con il passato, con le tradizioni. Un dato generazionale che sarà la caratteristica del '68 studentesco, ma anche in larghissima parte del '69 operaio.

Dalla fabbrica si esce sempre troppo tardi quando si ha vent’anni. Ed ogni minuto trascorso fuori dalle mura dell’officina sembra essere un minuto rubato al padrone e conquistato al mestiere di essere giovani”, dichiara nel giugno 1964 un giovane operaio al settimanale Vie nuove, esprimendo un senso di appartenenza duplice, di classe e generazionale, tenuto insieme da un più generale malessere e da una insoddisfazione profonda che diventerà presto aspirazione a un cambiamento radicale, poi desiderio di rivolta e infine aperta ribellione.

(Giorgio Amico, Le culture del Sessantotto, 4)