TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 15 maggio 2019

Marx e la rivoluzione in Europa (1845-1851)



Marx giocò un ruolo importante negli avvenimenti che nel 1848 sconvolsero l'Europa. Accanto alle correnti patriottiche, giacobine e democratiche, per la prima volta scendeva nelle strade anche il partito degli operai con una sua teoria e un suo programma: il manifesto del partito comunista. (Terza parte della biografia di Marx)

Giorgio Amico

Marx e la rivoluzione in Europa (1845-1851)


Con "L'ideologia tedesca" Marx e Engels avevano dato un fondamento scientifico alla lotta del proletariato. Occorreva ora conquistare a questa concezione strategica la classe operaia europea, a partire dal proletariato tedesco. Il primo compito politico diveniva battere il comunismo primitivo e la sua visione cospirativa dell'organizzazione operaia.

Marx, che pure apprezzava nei comunisti settari la critica intransigente dello stato di cose esistente e la volontà di mutarlo con l'azione diretta, era consapevole della debolezza politica di una visione del comunismo tutta rivolta all'indietro, al ritorno ad una improbabile età dell'oro. Marx guardava avanti: il comunismo non poteva essere il ritorno ad un passato mitico, ma la società dell'avvenire, frutto dell'azione rivoluzionaria di una nuova classe, il proletariato. La prospettiva dell'azione rivoluzionaria ne usciva radicalmente trasformata: occorreva passare da un'azione di proselitismo rivolta a piccole minoranze all'azione aperta e risoluta fra le masse. Occorreva soprattutto elevare il livello della propaganda, legando la teoria all'intervento quotidiano nella concreta realtà operaia. Occorreva, in altri termini, far fare al movimento operaio il salto dalle sette al partito.



Marx e l'Associazione degli operai tedeschi a Londra

Nel corso del viaggio in Inghilterra dell'estate del 1845 Marx e Engels erano entrati in rapporto con esponenti del movimento cartista e con i dirigenti dell'Associazione dei lavoratori tedeschi di Londra. Era questa la forma legale assunta in Inghilterra dalla Lega dei Giusti, un'associazione operaia segreta internazionale nata alla fine degli anni Trenta da una scissione della Lega degli esiliati, una società segreta di stampo carbonaro radicata tra gli emigrati politici tedeschi.

Forte di oltre cinquecento membri, reclutati prevalentemente fra gli emigrati tedeschi, ma con significative presenze di lavoratori olandesi, scandinavi, ungherese, boemi, slavi e russi, la sezione inglese della Lega rappresentava nei fatti l'embrione del partito operaio internazionale a cui Marx e Engels stavano da tempo pensando. Nel 1843 Engels era entrato in stretti rapporti con i capi dell'Associazione: Karl Schapper, il calzolaio Heinrich Bauer e il lavorante orologiaio Heinrich Moll. Due anni più tardi li aveva presentati a Marx che era rimasto molto colpito dal modo di operare della Associazione ed in particolare dall'attenzione attribuita alla formazione teorico-politica dei membri. Ed in effetti, la serietà organizzativa e il rigore politico rappresentavano le principali caratteristiche dell'Associazione, come risulta anche dalla testimonianza che segue, contenuta in una lettera del 1846 di un intellettuale democratico entrato in contatto con i gruppi comunisti londinesi:

"...Verso le otto e mezzo, pieni di impazienza, ci recammo alla sede dell'Associazione. Il pianterreno sembrava un semplice magazzino. Vi si vendeva birra ma non vi notai nessuna sedia destinata ai consumatori. Traversammo questo negozio e, saliti al piano di sopra, giungemmo in una sala con tavole e panche, che poteva accogliere circa duecento persone. Una ventina di uomini erano seduti a piccoli gruppi, mangiavano una cena molto semplice o fumavano la pipa davanti a un bicchiere di birra. Altri ancora erano in piedi e ogni tanto la porta si apriva per lasciar passare nuovi venuti; era chiaro che la riunione sarebbe cominciata più tardi. Gli abiti erano molto corretti, il contegno disinvolto, ma non privo di dignità, tuttavia i volti, per la maggior parte, rivelavano l'operaio. La lingua dominante era il tedesco, ma si parlavano anche il francese e l'inglese.... Vedemmo presto entrare un uomo alto e forte, esuberante di salute. I baffi neri, lo sguardo chiaro e penetrante, l'andatura imponente, dimostrava all'incirca trentasei anni... (che) mi fu presentato come Schapper, democratico che aveva fatto le sue prime prove a Francoforte, e che aveva preso parte in seguito a campagne, o meglio rivoluzioni in Svizzera e in Spagna....

Schapper ci invitò a sedere in sua compagnia all'estremità della sala. Passando mi indicò un manifesto che portava questo titolo: Statuti dell'Associazione per l'istruzione degli operai tedeschi. Secondo questi statuti, ogni uomo che guadagni onestamente il pane e non abbia a rimproverarsi nessuna azione contraria all'onore, può far parte dell'Associazione. In ogni modo, ogni ammissione deve esser proposta da un membro e approvata da un altro.... I membri sono divisi in due categorie: 1) quelli che costituiscono l'Associazione comunista propriamente detta.... 2) i membri liberi, che partecipano unicamente alle sedute istruttive. Soltanto i primi sono ammessi alle assemblee statutarie, eleggono il comitato direttivo e votano l'ammissione dei nuovi membri.... Il principio fondamentale dell'Associazione è che l'uomo può raggiungere la libertà e la coscienza di sé soltanto attraverso la cultura del proprio spirito, di conseguenza tutte le serate sono dedicate all'insegnamento....

Noi ci sedemmo ai posti che ci erano stati assegnati; frattanto la sala si era del tutto riempita. Il presidente.... aprì la seduta.... poi si passò all'attualità politica e il cittadino Schapper fece un rapporto sugli avvenimenti della settimana. Il suo discorso fu eloquente, molto complesso, e pieno di insegnamenti. Si vedeva ch'egli aveva, come l'Associazione, numerose fonti d'informazione. Tra l'altro commentò il contenuto d'una lettera proveniente da Madrid, che faceva un elenco di fatti numerosi e molto dettagliati sulla caduta del dispotismo militare... fatti che nessun giornale aveva riferiti nel loro insieme. Naturalmente, una forte tendenza comunista era sempre palese e il tema del proletariato costituiva il filo rosso che legava il discorso....Dopo la seduta, ebbi una discussione molto seria con Schapper sulla sua ostilità nei riguardi del liberalismo, poi parlai con alcuni membri dell'Associazione, tra i quali un operaio ebanista della Slesia. Visitai la biblioteca e comprai parecchie opere comuniste.... I presenti si separarono con molta cordialità, e il fatto che si davano del tu, che era una delle leggi dell'Associazione, mi parve avere radici nel cuore di tutti i membri".



La rottura con Weitling

Principale punto di riferimento teorico della Lega era stato fino a quel momento Wilhelm Weitling, un sarto, autore di pubblicazioni di largo successo in cui si avanzava una rozza e primitiva idea del comunismo che aveva nel richiamo al Vangelo e alle primitive comunità cristiane il principale motivo ispiratore. Weitling, che si concepiva come un nuovo Messia venuto a liberare l'umanità sofferente, teorizzava la comunanza delle donne e auspicava l'avvio di una spietata lotta di annientamento contro la borghesia condotta dagli strati più disperati del sottoproletariato. Il popolo era già maturo per la nuova società comunista. Occorreva solo l'azione audace di un piccolo gruppo di rivoluzionari pronti a tutto e organizzati segretamente.

Le teorie di Weitling avevano suscitato perplessità nella sezione inglese della Lega dei Giusti. Questa, tramite il lavoro legale di propaganda e di mutuo soccorso svolto dall'Associazione dei lavoratori tedeschi di Londra, aveva, come abbiamo visto, raggiunto ormai dimensioni considerevoli che la collocavano su di un piano totalmente estraneo all'azione cospirativa e settaria. Marx seguì dunque con grande attenzione il dibattito in corso fra Weitling e gli "inglesi" che dimostrava come fosse ormai in atto una divaricazione nel movimento fra il socialismo scientifico e l'utopismo. Occorreva garantire un indirizzo preciso a questo processo, accelerarne l'evoluzione fino alla nascita anche formale del partito comunista. E questo fu il compito che Marx si assunse fin dall'autunno del 1845, proponendo la costituzione di "comitati di corrispondenza" che assicurassero un regolare scambio di informazioni fra le varie realtà del movimento comunista internazionale. Nella primavera del 1846, Marx creò un comitato di corrispondenza a Bruxelles allo scopo di influenzare il dibattito in corso nella lega dei Giusti. In una lettera del 5 maggio di quell'anno si legge:

"Insieme con i due miei amici Friedrich Engels e Philippe Gigot (tutti e due di Bruxelles) ho organizzato con i comunisti tedeschi una corrispondenza regolare che dovrà occuparsi della discussione di questioni scientifiche e della sorveglianza da esercitare sugli scritti popolari e la propaganda socialista, che si può fare in Germania con questo mezzo. Lo scopo principale della nostra corrispondenza sarà pertanto quello di mettere i socialisti tedeschi a contatto con i socialisti francesi e inglesi, di tenere gli stranieri al corrente dei movimenti socialisti che saranno attuati in Germania e d'informare i tedeschi in Germania dei progressi del socialismo in Francia e in Inghilterra. In questo modo le diversità d'opinione potranno rivelarsi; si arriverà a uno scambio d'idee e ad una critica imparziale. Questo è un passo che il movimento sociale avrà fatto nell'espressione letteraria per sbarazzarsi dei limiti della nazionalità. E al momento dell'azione è certamente molto interessante per ognuno conoscere lo stato degli affari all'estero altrettanto bene che i propri".

La corrispondenza con Schapper e gli "inglesi" si avviò in modo regolare e proficuo, altrettanto positive furono le relazioni avviate con la Lega dei Giusti di Parigi ed in particolare con Hermann Ewerbeck. Scarsi restarono invece i rapporti con la Germania, con l'eccezione di alcuni gruppi della Lega operanti a Colonia, a Kiel, in Slesia e nel Wupperthal. Come Marx aveva previsto, decisa fu l'opposizione di Weitling, contrario per principio ad ogni attività che si allontanasse dall'azione diretta e violenta delle masse. Il 30 marzo 1846 si tenne a Bruxelles una riunione per definire una volta per tutte quale tattica seguire. Oltre a Marx e a Weitling, erano presenti Engels, il belga Philippe Gigot, Edgard von Westphalen, cognato di Marx che poco dopo andrà a costruire una collettività comunista in Texas, i comunisti tedeschi Joseph Weidemeyer e Sebastian Seiler e il russo Pavel Annenkov che lascerà una vivace descrizione dell'incontro.

Scrive Annenkov che Weitling parlò per primo, ripetendo "tutti i luoghi comuni della retorica liberale" e che "avrebbe senza dubbio parlato più a lungo se Marx non l'avesse interrotto, la fronte aggrottata per la collera. Nella parte essenziale della sua risposta sarcastica, Marx dichiarò che sollevando il popolo senza fondarne in pari tempo l'attività su basi solide, lo si ingannava. Far nascere speranze fantastiche non portava alla salvezza ma piuttosto alla perdita di quelli che soffrivano; rivolgersi agli operai, e soprattutto agli operai tedeschi, senza avere idee strettamente scientifiche e una dottrina concreta, significava trasformare la propaganda in un gioco privo di senso, peggio, senza scrupoli..". Weitling replicò che con la critica astratta non si sarebbe potuto ottenere nulla di buono e accusò Marx di non essere altro che un intellettuale borghese lontano dalle miserie del mondo. " A queste ultime parole - conclude Annenkov - Marx assolutamente furioso, diede un pugno sulla tavola così forte che il lume ne tremò, e, alzatosi di scatto, gridò: "Fino ad ora l'ignoranza non ha mai servito a nessuno!" Seguendo il suo esempio ci alzammo anche noi. La conferenza era finita, e mentre Marx, eccitato da una collera insolita, andava su e giù per la stanza, io mi accomiatai da lui e dagli altri e ritornai a casa, molto stupito per ciò che avevo visto e udito".

Forte del successo riportato su Weitling, Marx procedette senza esitazioni nella sua lotta di tendenza all'interno del movimento comunista. Nel mese di maggio egli redasse assieme a Engels una circolare contro Hermann Kriege che da New York, dove esisteva una fiorente comunità di operai tedeschi, appoggiava Weitling con il suo settimanale "Volkstribun". In questo documento Marx e Engels sostenevano che il partito non doveva divenire una cricca, che la causa rivoluzionaria era più importante dei singoli individui, qualunque fosse stato il loro contributo passato, e che il partito doveva avere il coraggio di separarsi decisamente da posizioni ormai superate e pericolose come quelle sostenute da Weitling e da Kriege. Una lotta di frazione dura e senza esclusione di colpi, che fece gridare qualcuno al Marx "dittatore", ma che nel giro di due anni permise di conquistare al socialismo scientifico l'avanguardia del proletariato mondiale.



Marx organizzatore comunista a Bruxelles

Marx non si limitò a questa decisa azione di orientamento del movimento comunista. Egli non interruppe i rapporti con le correnti democratiche, considerandole un alleato indispensabile nell'ottica della rivoluzione imminente. Quello che a Marx e Engels soprattutto importava era non annacquare le differenze, non nascondere dietro vuote proclamazioni liberali i veri intenti del partito comunista. I comunisti dovevano cercare alleanze, ma senza rinunciare alla loro identità. La coerenza teorica e programmatica, l'unità organizzativa e politica del partito rappresentavano proprio la condizione indispensabile per potersi muovere sul terreno delle alleanze senza correre il rischio di scadere in una pratica opportunistica o peggio ancora in un tatticismo senza principi. Come si vede niente di sostanzialmente diverso dai compiti che si pongono ai comunisti oggi.

Marx restò, dunque, in stretti rapporti con il movimento cartista in Inghilterra, così come con la corrente socialista riformista francese di Louis Blanc. Quanto alla situazione belga, egli aderì alla "Association Démocratique" di Bruxelles, di cui fu presto eletto vicepresidente. In questa veste egli partecipò nel novembre 1847 ad un grande meeting di associazioni democratiche organizzato a Londra per celebrare l'anniversario della rivoluzione polacca. In quell'occasione Marx sostenne con grande vigore che solo il proletariato poteva liberare la società dall'oppressione e che le lotte di liberazione nazionale non potevano rappresentare una alternativa valida alla rivoluzione proletaria. Come ha scritto Franz Mehring:

"Nella vittoria del proletariato sulla borghesia Marx vedeva il segnale della liberazione per tutte le nazionalità oppresse, e nella vittoria dei proletari inglesi sulla borghesia inglese egli vedeva il colpo decisivo per la vittoria di tutti gli oppressi sui loro oppressori. La Polonia non doveva essere liberata in Polonia, ma in Inghilterra. Se i cartisti battevano i loro nemici interni, avrebbero battuto l'intera società".

Con l'aiuto di altri compagni, fra cui si distinguevano intellettuali come Wilhelm Wolff (a cui dedicherà in seguito il primo libro del Capitale) e alcuni operai comunisti, Marx ed Engels iniziarono un sistematico lavoro di organizzazione fra i proletari di Bruxelles. Ad imitazione dell'Associazione di Londra fu organizzato un "Circolo di studi dei lavoratori tedeschi di Bruxelles" che ne riprendeva anche nei particolari lo statuto e il modello di organizzazione. Il circolo si riuniva regolarmente due volte la settimana. Il mercoledì si tenevano conferenze su argomenti di attualità e sull'economia. Marx curò particolarmente lo svolgimento di queste conferenze, una serie delle quali vennero poi raccolte in volume con il titolo di "Lavoro salariato e capitale". Il circolo ottenne fin da subito largo successo e in pochi mesi oltre un centinaio di operai aderirono all'iniziativa, tanto da suscitare i timori della polizia belga e delle spie prussiane operanti a Bruxelles che denunciavano come agli operai delle fabbriche venisse presentata "la seducente teoria della ripartizione dei beni come fondata su un diritto innato (e s'inculcasse) loro inoltre un odio profondo per gli altri cittadini e per il governo". 


Il Manifesto del partito comunista

Il primo risultato di questa intensa attività di Marx fu il cambiamento radicale della strategia della Lega dei Giusti. Nell'autunno del 1846 gli "inglesi" Schapper e Moll, ormai conquistati al socialismo scientifico, assunsero di fatto il controllo del comitato centrale della lega e fin da subito impressero alla linea politica dell'organizzazione una decisa sterzata nel senso auspicato da Marx di dotare il proletariato di un saldo programma comunista e di una coerente strategia di classe. Nel mese di novembre il comitato direttivo emanò una circolare che convocava il congresso dell'organizzazione per il mese di marzo dell'anno successivo. In vista del congresso fu chiesto a Marx di aderire alla Lega. Joseph Moll si recò a Bruxelles per fare un dettagliato rapporto a Marx sulla situazione interna alla Lega e per concertare con lui la tattica congressuale. Nel mese di febbraio Marx e Engels, che in quel momento si trovava a Parigi, aderirono formalmente all'organizzazione e il Comitato di corrispondenza di Bruxelles divenne una "comunità" della Lega.

Il 1° giugno 1847 si aprì a Londra il congresso. Engels rappresentava la comunità di Parigi, Wolff quella di Bruxelles. Pur non partecipando direttamente ai lavori, Marx ebbe un ruolo determinante. Il congresso decise una radicale riorganizzazione della Lega che assunse il nome di "Lega dei comunisti". Gli statuti furono interamente rinnovati: da organizzazione cospirativa di stampo massonico, la Lega diventava sotto la guida di Marx il primo partito operaio, prototipo di tutti i futuri partiti comunisti. A questo proposito il primo articolo dello statuto diceva:

"Scopo della Lega è il rovesciamento della borghesia, il regno del proletariato, la soppressione dell'antica società borghese fondata sugli antagonismi di classe e l'instaurazione di una nuova società senza classi e senza proprietà privata".

Alla base dell'organizzazione era il principio del centralismo democratico. Il partito univa al massimo rigore teorico, la massima articolazione democratica. Tutte le cariche erano elettive, con mandati revocabili in ogni momento. L'azione in ciascun paese era diretta da un comitato regionale, responsabile a sua volta verso il comitato centrale, rappresentato dal comitato direttivo della città prescelta come sede centrale della Lega. Il congresso decise poi, oltre al progetto di una rivista teorica, la "Kommunistische Zeitschrift" (Rivista comunista) di cui uscirà un solo numero, di abbandonare il vecchio motto, "Tutti gli uomini sono fratelli", per una nuova parola d'ordine, proposta da Engels su richiesta di Marx che da Bruxelles aveva fatto sapere che esisteva una quantità di uomini dei quali non teneva minimamente ad essere fratello. "Proletari di tutto il mondo unitevi" diventò così la nuova bandiera del movimento comunista. Il congresso si concluse con la scelta di Londra come sede del comitato centrale e l'indizione di un nuovo congresso chiamato ad approvare il programma della Lega.

Il secondo congresso della Lega si riunì a Londra nel mese di novembre del 1847. Engels rappresentava ancora la sezione di Parigi, mentre Marx era il delegato di Bruxelles. Egli attraversava in quel momento un periodo difficile: gli erano nati altri due figli, Laura e Edgard, e i magri guadagni del lavoro giornalistico bastavano appena a mantenere stentatamente la famiglia. Ciononostante, l'impressione che destava in chi entrava in contatto con lui era sempre forte e non solo sul piano politico. Ecco come Stephan Born, giovane esponente del proletariato tedesco, ne scrisse nelle sue memorie, quando da anni era ormai diventato uno stimato professore dell'università di Basilea e propugnava un cauto riformismo sociale:

"Lo trovai in un'abitazione modesta, quasi poveramente ammobiliata, in un sobborgo di Bruxelles. Mi ricevette amabilmente e mi fece delle domande sul successo del mio viaggio di propaganda. Sua moglie mi accolse cordialmente e tutti e due mi lodarono per il mio opuscolo contro Heinzen. La moglie, che durante tutta la vita partecipò vivamente a tutto quello che interessava e occupava Marx, doveva interessarsi particolarmente a me che ero considerato come uno dei più ferventi discepoli di suo marito... Marx amava la moglie, ed ella condivideva il suo amore. Ho conosciuto raramente unioni altrettanto felici, in cui la gioia, la sofferenza (che non fu loro risparmiata) e il dolore fossero condivisi con una tale certezza di reciproco possesso. Ed ho raramente incontrato una donna che fosse più armoniosa della signora Marx sia nel fisico sia per le qualità della mente e del cuore, e che, sin da un primo incontro, facesse una così favorevole impressione. Era bionda; i suoi figli, allora ancora piccoli, avevano i capelli e gli occhi neri come il padre".

Il congresso durò dieci giorni, passati fra accanite discussioni. Tutte le bozze di programma sottoposte ai delegati vennero via via bocciate. Alla fine si decise di affidare a Marx e ad Engels la redazione del testo definitivo. A gennaio del 1848 il testo non era ancora pronto e il comitato centrale della Lega indirizzò a Marx una lettera in cui si minacciavano addirittura sanzioni disciplinari se il programma non fosse stato redatto entro i termini fissati:

"Il Comitato centrale con la presente incarica il Comitato regionale di Bruxelles di comunicare al cittadino Marx che se il manifesto del partito comunista, della cui stesura si è assunto l'incarico all'ultimo congresso, non sarà pervenuto a Londra il 1° febbraio dell'anno in corso saranno prese contro di lui misure conseguenti. Nel caso in cui il cittadino Marx non portasse a termine il suo lavoro, il Comitato centrale esigerà la restituzione immediata dei documenti messi a sua disposizione".

Marx rispettò i tempi previsti e il "Manifesto del partito comunista" iniziò così la sua vita gloriosa di vera e propria "Bibbia" di ogni militante comunista. Nonostante portasse la firma di Marx ed Engels, il testo era da ascriversi interamente a Marx, come d'altronde lo stesso Engels sottolineò sempre:

"L'idea fondamentale del Manifesto, cioè che la produzione economica e la struttura sociale fatalmente determinata da quest'ultima costituiscono il fondamento della storia politica ed intellettuale di una data epoca storica; che di conseguenza tutta la storia, dalla disgregazione della comunità rurale primitiva è stata storia della lotta di classe, cioè della lotta tra sfruttati e sfruttatori, tra classi sottomesse e classi dominanti ai vari livelli dell'evoluzione sociale; che questa lotta ha raggiunto ora un grado in cui la classe sfruttata ed oppressa (il proletariato) non può liberarsi dal giogo della classe che la sfrutta e la opprime (la borghesia) senza liberare contemporaneamente e per sempre tutta la società dallo sfruttamento, dall'oppressione e dalla lotta di classe, quest'idea fondamentale, dicevo, appartiene in proprio solo a Marx".



Marx ed Engels nella rivoluzione tedesca

Il 23 febbraio 1848 Parigi insorse. In due giorni di feroci combattimenti di strada la monarchia fu spazzata via e venne proclamata la repubblica. La rivoluzione si estese a macchia d'olio in Europa, travolgendo assetti politici che datavano dal Congresso di Vienna. Svizzera, Italia, Polonia, Ungheria, Austria, Germania furono via via coinvolte nel fuoco rivoluzionario. Ovunque il proletariato partecipava in prima persona alla lotta; sulle barricate di Milano, di Budapest, di Parigi erano soprattutto gli operai a combattere e morire. Ovunque sventolava la rossa bandiera dei comunisti. Il fantasma che agitava l'Europa, per citare le folgoranti parole con cui Marx aveva aperto il Manifesto, agiva ormai allo scoperto.

Anche in Belgio, dove una grave recessione economica faceva sentire i suoi effetti, la situazione si fece presto esplosiva. Le autorità intervennero con grande decisione: Marx e la moglie vennero espulsi dal paese. Negli stessi giorni il comitato centrale di Londra aveva trasmesso i suoi poteri a Marx, a cui venne affidato il mandato di costituire un nuovo comitato centrale a Parigi nel cuore stesso della rivoluzione. Il 4 marzo, Marx giunse a Parigi dove fu accolto da un messaggio di saluto del governo provvisorio: "La tirannia vi ha bandito, la libera Francia apre le sue porte a voi e a tutti quelli che lottano per la santa causa della fraternità dei popoli".

In Francia la situazione era confusa e già si notava una progressiva divaricazione fra governo provvisorio e movimento operaio, nonostante questo fosse stata la forza decisiva al momento dell'insurrezione. I blanquisti, usciti allo scoperto, riprendevano le parole d'ordine giacobine e sostenevano l'idea della guerra rivoluzionaria contro i monarchi d'Europa. Posizione largamente condivisa negli ambienti dell'emigrazione tedesca. Marx era fermamente contrario a ogni forma di romanticismo rivoluzionario. Assolutamente convinto del fatto che presto le contraddizioni presenti nel campo repubblicano avrebbero portato allo scontro aperto tra borghesia e proletariato e che l'esito di tale lotta avrebbe determinato la sorte della rivoluzione in Europa, egli sosteneva con ferrea determinazione la necessità che la classe operaia mantenesse la propria autonomia e si preparasse all'insurrezione. Era la teoria della "rivoluzione in permanenza": la borghesia si dimostrava storicamente incapace di portare avanti con coerenza la battaglia rivoluzionaria anche sullo stesso terreno della democrazia, la direzione del movimento passava al proletariato che si dimostrava nei fatti l'unica classe realmente rivoluzionaria. Iniziato sul terreno della democrazia, il moto rivoluzionario era destinato inevitabilmente a trasformarsi in rivoluzione sociale.

Pur scontando qualche defezione, Marx riuscì a mantenere la Lega sostanzialmente compatta su queste posizioni di classe. Il nuovo comitato centrale, composto da Engels, Schapper ,Moll, Bauer, Wolff e Wellan, elesse Marx come segretario e gli confermò i pieni poteri. Alla fine di marzo anche la Germania fu travolta dal moto rivoluzionario. Marx lanciò allora la parola d'ordine del ritorno in Germania per costituire ovunque sezioni della Lega ed egli stesso si stabilì a Colonia, la principale città industriale tedesca. Qui poté rendersi conto della profonda differenza esistente tra la situazione francese e quella tedesca. Se a Parigi grazie alla presenza di un proletariato organizzato e combattivo la rivoluzione proletaria era all'ordine del giorno, in Germania la situazione non andava oltre la fase democratico-borghese. Il proletariato tedesco mancava di organizzazione e soprattutto doveva ancora essere conquistato alle idee socialiste. Il ritardo era enorme. In un tale contesto la Lega poteva limitarsi ad un lavoro di mera propaganda, isolandosi nei fatti dal movimento rivoluzionario, o gettarsi a capofitto nella lotta politica sul terreno della democrazia per conquistare l'egemonia e spingere in avanti il movimento.

Di fronte a un tale dilemma, Marx non ebbe esitazioni. La Lega andava sciolta formalmente per permettere ai comunisti di giocare il massimo ruolo di direzione all'interno del movimento. Tutti gli sforzi andavano indirizzati verso la creazione di un giornale nazionale che fosse la voce del "grande partito d'azione" risultante dell'alleanza fra proletariato e democrazia rivoluzionaria. Marx non si faceva illusioni sui limiti del movimento democratico, ma riteneva che questo fosse il prezzo da pagare se si voleva giocare un ruolo attivo nella situazione tedesca, nell'attesa che il proletariato francese riaprisse la partita. Nel 1884, ricostruendo il ruolo dei comunisti nella rivoluzione del 1848, Friedrich Engels spiegherà i motivi di una svolta tanto clamorosa:

"Quando riuscimmo a fondare un grande giornale in Germania, non potevamo dargli che una bandiera, quella della democrazia, ma di una democrazia che ad ogni occasione mettesse in evidenza il carattere specificatamente proletario che essa non poteva ancora dichiarare una volta per sempre; e se non avessimo accettato questo compromesso... non ci restava che da professare il comunismo in una qualunque foglia di cavolo e fondare una setta in luogo di un grande partito d'azione. Ma non c'era alcun gusto a predicare nel deserto: avevamo studiato troppo bene gli utopisti da questo punto di vista. Non è per questo che avevamo fissato il nostro programma".

Con grandi sacrifici fu raccolto il denaro necessario all'impresa e il 1° giugno 1848 vide la luce la "Nuova Gazzetta Renana" con Marx come direttore e una redazione composta quasi esclusivamente da membri della Lega. Marx si mise all'opera con la consueta decisione e, come osservò Engels, "per la chiarezza delle concezioni e la fermezza dei principi seppe fare di questo quotidiano il giornale tedesco più celebre del periodo rivoluzionario".

Le speranze di Marx nel rilancio della rivoluzione in Francia furono di breve durata. In quello stesso mese di giugno la borghesia francese decise di farla finita con il proletariato e in nome della repubblica democratica represse con la violenza le aspirazioni della classe operaia a una vera democrazia sociale. Le truppe del generale Cavaignac massacrarono alcune migliaia di operai parigini insorti. Marx denunciò il massacro sulla Nuova Gazzetta Renana:

"Gli operai parigini sono stati schiacciati da un nemico superiore, ma non sono annientati. Essi sono battuti, ma i loro nemici sono vinti. L'effimero trionfo della forza bruta ha dissipato tutte le illusioni della rivoluzione di febbraio, ha dimostrato la disgregazione di tutto il vecchio partito repubblicano e la divisione della nazione francese in due parti: quella dei proprietari e quella degli operai".

La sconfitta degli operai parigini rappresentò il primo colpo inferto alla rivoluzione in Europa. Forti di quanto accaduto in Francia le forze reazionarie additarono alla borghesia il proletariato come vero nemico da combattere. La rivoluzione democratica, se portata all'estremo, avrebbe minato i pilastri dell'ordine sociale e messo in serio pericolo i ceti possidenti. In tutta Europa i liberali abbassarono il tono delle loro rivendicazioni e iniziarono a cercare un più prudente modus vivendi con l'oligarchia. Nel caso della Germania questo cedimento fu totale, coinvolgendo anche la parte più radicale della borghesia. Marx dovette riconoscere che l'ipotesi formulata nel "Manifesto" sul ruolo progressista della borghesia non si era concretizzata. Marx aveva sperato in tempi lunghi della fase democratico-borghese in modo da poter attrezzare il proletariato a reggere allo scontro decisivo con la borghesia. Per questo si era risolutamente opposto ad ogni accelerazione volontaristica dei tempi.

Di fronte alla brusca accelerazione della lotta di classe e al precipitare della situazione, in pieno accordo con Engels decise una radicale modifica della tattica. A partire dall'autunno la Nuova Gazzetta Renana diventò apertamente il giornale della classe operaia. Questa svolta determinò la perdita di ogni appoggio da parte della borghesia radicale e la rottura con le organizzazioni democratiche. All'inizio del 1849 Marx e Schapper pubblicarono un appello per la organizzazione di un congresso operaio pantedesco da tenersi a Lipsia. Ma era troppo tardi. La reazione stava trionfando ovunque e nel mese di maggio le truppe prussiane ripresero ovunque il controllo della situazione. La Nuova Gazzetta Renana venne soppressa, i comunisti rientrarono nell'illegalità. Marx lasciò definitivamente la Germania per l'esilio, mentre Engels raggiunse i gruppi armati che ancora per alcuni mesi tentarono una disperata resistenza nella parte meridionale del paese.


La questione dei tempi della rivoluzione

All'inizio del 1850 l'intero gruppo dirigente della Lega si ritrova a Londra: Marx ed Engels non sono ancora convinti che la partita sia persa: essi sperano ancora in una sollevazione del proletariato francese. La Lega viene riorganizzata e si riallacciano i rapporti con la Germania. In due circolari Marx ed Engels stabiliscono i nuovi compiti del partito comunista: critica radicale del liberalismo borghese e della democrazia, costruzione dell'organizzazione autonoma operaia e suo radicamento fra i lavoratori su scala internazionale, rivoluzione in permanenza. La realtà tuttavia si muove in un'altra direzione. In Francia il suffragio universale viene abolito senza che la classe operaia si rivolti; in Germania la borghesia scende a patti con la reazione. Marx è costretto ad abbandonare ogni ottimismo per una più attenta considerazione della fase e dei tempi. Analizzando la situazione dell'economia capitalistica su scala mondiale, egli giunge alla conclusione che la situazione non è più favorevole ad una nuova esplosione rivoluzionaria generalizzata. Il capitalismo ha saputo superare la sua prima grande crisi e ha ripreso con slancio il suo processo di accumulazione anche grazie a fattori nuovi quali la scoperta dell'oro in California. A questo proposito Marx dimostra una straordinaria capacità di analisi, individuando con assoluta precisione tendenze destinate a giungere a piena maturazione solo ai nostri giorni:

"L'oro californiano si riversa a torrenti sull'America e sulla costa asiatica dell'Oceano Pacifico e trascina i riluttanti barbari nel traffico mondiale, nella civiltà. Per la seconda volta il traffico mondiale prende una nuova direzione.... Grazie all'oro californiano e all'instancabile energia degli yankees, tutte e due le coste dell'Oceano Pacifico saranno presto altrettanto popolate, altrettanto aperte al commercio, altrettanto industrializzate come lo è ora la costa da Boston a New Orleans. Allora l'Oceano Pacifico avrà la stessa funzione che ha ora l'Atlantico e che il Mediterraneo ha avuto nell'antichità, quella della grande via marittima del commercio mondiale, e l'Oceano Atlantico decadrà alla funzione di un mare interno, quale è oggi il Mediterraneo...".

I tempi della rivoluzione si allontanano, il volontarismo non può supplire alla mancanza delle condizioni oggettive. La sconfitta del movimento rivoluzionario non può essere spiegata solo con gli errori dei rivoluzionari. Occorre aggiornare l'analisi e la strategia. Marx rompe decisamente con chi nella Lega sogna ancora la ripresa a breve termine del movimento rivoluzionario e in particolare con Schapper e Willich che si erano gettati a capofitto nell'attività cospirativa. La Lega si spacca, sei membri del comitato centrale sono schierati con Marx, quattro con Schapper. Nella seduta decisiva Marx con la consueta chiarezza definì i termini del contrasto:

"Al posto della considerazione critica, la minoranza ne mette una dogmatica, al posto di una materialistica, ne mette una idealistica. Per essa invece delle condizioni effettive diventa ruota motrice della rivoluzione la nuda volontà. Mentre noi diciamo agli operai: Voi dovete attraversare 15, 20, 50 anni di guerre civili e di lotte popolari non soltanto per cambiare la situazione ma anche per cambiare voi stessi e per rendervi capaci del dominio politico, voi dite invece: Noi dobbiamo giungere subito al potere, oppure possiamo andare a dormire! Mentre noi richiamiamo in particolare gli operai tedeschi sul fatto che il proletariato tedesco non è ancora sviluppato, voi adulate nel modo più goffo il sentimento nazionale e i pregiudizi di casta dell'artigiano tedesco, cosa che comunque dà più popolarità. Come i democratici hanno fatto della parola popolo un qualcosa di sacro, così voi avete fatto della parola proletariato".

In un articolo apparso sul numero di settembre della "Nuova Rivista Renana", il nuovo organo della Lega, Marx ed Engels chiarivano con grande precisione la questione delle condizioni e dei tempi di una nuova ripresa rivoluzionaria:

"Data questa prosperità universale, in cui le forze produttive della società borghese si sviluppano con quella sovrabbondanza che è, in generale, possibile nelle condizioni borghesi, non si può parlare di una vera rivoluzione. Una rivoluzione siffatta è possibile solamente in periodi in cui entrambi questi fattori, le forze moderne di produzione e le forme borghesi di produzione entrano in conflitto tra di loro. Le diverse beghe, a cui attualmente si abbandonano i rappresentanti delle diverse frazioni del partito continentale dell'ordine, e in cui si compromettono a vicenda, ben lungi dal fornire l'occasione di nuove rivoluzioni, sono al contrario possibili soltanto perché la base dei rapporti è momentaneamente così sicura e, ciò che la reazione ignora, così borghese. Contro di essa si spezzeranno tutti i tentativi reazionari di arrestare l'evoluzione borghese, come tutta l'indignazione morale e tutti i proclami ispirati dai democratici. Una nuova rivoluzione non è possibile se non in seguito a una nuova crisi. L'una però è altrettanto sicura quanto l'altra".

III. 1996