TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 15 gennaio 2013

Alla ricerca degli ebrei scomparsi di Mondovì




Giorgio Amico

Alla ricerca degli ebrei scomparsi di Mondovì

Domenica 13 gennaio 2013. Sera

Una mostra bellissima, quella dedicata dal Museo della Ceramica di Mondovì alle lampade rituali della tradizione ebraica. “Forme di luce” che rompono il buio e illuminano l'anima. Un omaggio a una presenza plurisecolare che ha contribuito a modellare il carattere di questa città affascinante eppure misteriosa e sfuggente.



Ma non ci sono più ebrei a Mondovì. L'ultimo, Marco Levi, sfuggito miracolosamente alla deportazione, è scomparso nel 2001.


Eppure non erano pochi. Novantotto fra uomini e donne, suddivisi in poco più di una ventina di famiglie, al momento dell'Unità d'Italia nel 1861. Duecento prima della guerra, della persecuzione e dello sterminio.

Nonostante le leggende che ancora si sentono ripetere sulla loro ricchezza, “quasi tutti miserabili” come si legge in una cronaca d'epoca "sebbene eserciscano la mercatura delle pannine, ed alcuni quello di strazzaruoli".


Povera gente, uomini e donne per lo più di umili condizioni, ma legati alla loro fede e alla loro cultura con tale forza da lasciare tracce ancora oggi visibili di una costante lotta in difesa della propria dignità. Questo fu dal 1749 il Collegio, l’Università Israelitica del Montis Regalis, frequentato da ragazzi e ragazze e rinomato per la serietà degli studi.


Di quella storia resta oggi una piccola, bellissima, Sinagoga di fine Settecento, qualche lapide smangiata dal muschio nel cimitero comunale e il ricordo di una comunità che dal Cinquecento, per cinque secoli ha abitato “in fine della contrada di Vico a parte sinistra uscendo dalla città…”.


Ma più forti dell'odio e del pregiudizio, restano nei vicoli della città alta le loro voci che il vento ripete, mentre una nebbia lieve avvolge piazze e palazzi e le luci gialle dei fanali ricordano le chanukkiot accese nei giorni santi della festa delle luci.