In un film che amiamo Yves Montand, vecchio e disincantato militante comunista, ricorda a dei giovani travestiti da guardie rosse (siamo nel 1966), che la pazienza e l'ironia sono le armi del rivoluzionario. E' il senso profondo dell'ultimo libro di Roberto Massari.
Giorgio Amico
Dal piombo allo stagno. A proposito dell'ultimo
libro di Roberto Massari
E' da poco in libreria
“Dal piombo allo stagno” di Roberto Massari, ultimo di cinque
volumi che documentano quello che l'autore definisce una lunga
traversata fra resistenza etica e impegno culturale e politico.*
Una testimonianza di
primo mano su cinquant'anni di riflessione critica e intervento
militante di una delle poche figure cardine del 1968 (Massari fu
centrale nell'esperienza romana tanto da dover forzatamente
espatriare e vivere sei mesi a Cuba come ospite di quel governo allora rivoluzionario) non
rifluita nel privato o peggio ancora “accomodatasi” all'interno
del sistema. Quei “Forchettoncini rossi”, come li chiama lui, che
della militanza giovanile hanno fatto fonte di guadagno e di carriera
all'interno delle istituzioni e della società.
Il libro, che tratta di
un trentennio (1980-2011) di eventi italiani e internazionali,
documentando puntigliosamente attraverso articoli, interventi, saggi
una lunga e coerente battaglia politica, però va oltre il mero dato
personale e generazionale, per diventare un'indispensabile guida alla
comprensione di un presente che altrimenti rischia di apparire solo
come una gigantesca massa di rovine. A partire dalla crisi profonda
della sinistra rivoluzionaria (praticamente scomparsa dalla scena
politica) e dal fallimento dei movimenti che per un certo periodo
hanno preteso di sostituirla (pensiamo alla mobilitazione anti G8 del
2001 e alla teorizzazione bertinottiana del “movimento dei
movimenti”) nella sua funzione antisistema.
Un libro che aiuta
a orientarsi in una realtà divenuta “liquida”, tanto per usare
un termine oggi di moda, e che vuole essere prima di tutto stimolo ad
una rilettura critica di un intero periodo storico, rifiutando ( e
qui Massari è profondamente debitore all'esperienza di Guy Debord e
dell'Internazionale Situazionista) ogni forma di nostalgia per ciò
che è stato, o peggio ancora di rimpianto per ciò che avrebbe
potuto essere.
Niente reducismo, dunque,
né contributo alla costruzione (in positivo o in negativo poco
importa) del mito di un periodo, quello della radicalizzazione degli
anni Sessanta, in cui tutto sarebbe stato possibile e a portata di
mano. Ma una lucida e coerente riflessione che proprio dalla
decostruzione del mito di un'epoca insurrezionale in realtà mai
esistita parte per puntare “alla ripresa di speranza in un progetto
collettivo, per una ricerca di valori comuni, alternativi alle
logiche mercantili e spettacolari del sistema”.
Perché, come scrisse
Teocrito, in un'epoca di grandi mutamenti e dunque di profondo
sconcerto, “i vivi hanno speranza, senza speranza sono i morti”.
E qui si aprirebbe un
lungo discorso sulla lezione di Ernst Bloch, che del principio
speranza fece il centro del suo pensiero, ma di questo parleremo
semmai in altra occasione.
Roberto Massari
Dal piombo allo stagno
Massari editore, 2014
20 euro