TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 3 novembre 2018

Verso il '68. La Cina è vicina


    Fotogramma dal film di Marco Bellocchio "La Cina è vicina" (1967)

Gli anni Sessanta sono anche gli anni in cui la Cina sembra vicina. Si moltiplicano i gruppi filocinesi e si diffonde il mito di Mao e delle Guardie Rosse.

Giorgio Amico

La Cina è vicina: il filone maoista

Oltre all'operaismo e alla riviste d'area, un altro grande filone del dissenso degli anni Sessanta è quello dei marxisti-leninisti, i “filocinesi” come vengono sbrigativamente definiti dalla stampa, conseguenza diretta della rottura avvenuta fra il 1959 e il 1960 fra il Partito comunista cinese e quello sovietico. La polemica accesissima provoca profonde fratture all'interno dei partiti comunisti. Anche in Italia una parte minoritaria dei quadri del PCI, messa al margine del partito dopo il 1956 e la destalizzazione, guarda ora con interesse alle posizioni cinesi in cui ritiene di trovare un ritorno al comunismo “duro e puro” degli anni Quaranta. 

Fedeli al mito di Stalin, spesso ex partigiani o avanguardie di fabbrica del periodo più duro dello repressione antioperaia dei primi anni '50, questi militanti diffidano delle nuove posizioni del partito e della politica di coesistenza pacifica dell'URSS che leggono come cedimenti pericolosi alla borghesia e all'imperialismo. Da sempre vicini alle posizioni più radicali di Pietro Secchia, numero due del partito fino al 1954 e poi emarginato dal gruppo dirigente, questi quadri dopo una lunga fronda interna iniziano all'inizio degli anni '60 a uscire dal PCI per dar vita a gruppi che si pongono il compito di rifondare il vero partito comunista, quello autenticamente marxista-leninista.

   Il documento di rottura fra PCC e PCI

Nel 1962 nasce a Padova il primo gruppo maoista, Viva il Leninismo, formato da esponenti della locale federazione comunista espulsi per frazionismo. Sarà poi la volta di Stella Rossa, de Il Comunista, della Federazione m-l e di una galassia di piccoli gruppi spesso locali. La svolta avviene nel 1964 quando attorno al mensile Nuova unità, riconosciuto e finanziato dalla Cina, il movimento m-l acquista dimensioni nazionali per trasformarsi poi nell'ottobre 1966 nel Partito comunista d'Italia marxista-leninista. 

Grazie alla visibilità garantita da una stampa che guarda con curiosità al nuovo fenomeno e a un forte attivismo il Pcd'I (m-l) vive tra il '67 e gli inizi del '68 un accelerato sviluppo. Ma la rigidità burocratica dell'organizzazione e lo scarso appeal della proposta politica non ne permetterà l'espansione in un movimento studentesco formato in larga parte da ex militanti della FGCI in fuga proprio dal grigiore delle vecchie sezioni del PCI. Dopo una lunga serie di scissioni, iniziate non a caso nel '68, quello che resta del Pcd'I confluirà nel 1991 in Rifondazione comunista.

   Livorno 1966 Congresso di fondazione del PCd'I (m-l)

Nonostante gli aspetti caricaturali di molte organizzazioni m-l, l'esperienza cinese e in particolare la rivoluzione culturale e il fenomeno delle Guardie Rosse influenzano fortemente il dibattito in corso in Italia. Molti intellettuali guardano al maoismo come ad una nuova forma di comunismo, libertaria e democratica, capace di ridare vita e slancio ad un marxismo diventato in Occidente puro esercizio accademico o ideologia burocratica. É un'illusione, come ammetteranno negli anni Ottanta gli stessi dirigenti cinesi la rivoluzione culturale in realtà rappresenta uno scontro feroce fra frazioni del gruppo dirigente che devasta il paese con perdite elevatissime di vite e di risorse materiali.


Salvo poche eccezioni, il mito della Rivoluzione culturale maoista conquista un'intera generazione. Gli studenti del '68 si identificano profondamente nelle Guardie Rosse, per loro la Cina è davvero vicina. Basta sfogliare le prime annate di Lavoro politico, rivista teorica m-l nata a Verona nel 1967 e a cui partecipa parte del gruppo dirigente del movimento studentesco di Trento (Renato Curcio, Mara Cagol, Duccio Berio) per verificare come l'esperienza cinese venga assunta come chiave interpretativa anche di realtà profondamente diverse come quella occidentale e italiana in particolare. Un'operazione non priva di conseguenze anche tragiche come dimostrerà l'esperienza successiva di Sinistra proletaria e poi delle BR.

(Giorgio Amico, Le culture del Sessantotto, 8)