TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 27 settembre 2019

Stalinismo e nazismo




Giorgio Amico

Stalinismo e nazismo

In questi giorni si è letto di tutto. C'è stato perfino chi sul Manifesto di ieri, con assoluta mancanza del senso del ridicolo, ha ripreso una frase di Alcide De Gasperi del 23 luglio 1944 in cui il politico democristiano affermava che "il comunismo quale si viene attuando in URSS è agli antipodi del nazismo: il comunismo è impregnato di fratellanza cristiana". L'affermazione in sè potrebbe avere anche un senso (a prescindere dal fatto che nel 1947 si sarebbe visto cosa realmente De Gasperi pensava dell'URSS e di Stalin). Per i vecchi socialisti e perfino qualche anarchico Gesù era stato "il primo socialista". Ma la prima parte della frase chiarisce senza ombra di dubbio che non degli ideali comunisti in generale si sta parlando, ma della concreta realtà sovietica degli anni Quaranta. Quelli per intenderci in cui nel Gulag erano rinchiusi come lavoratori schiavi milioni di deportati.
L'articolo si chiudeva con il solito appello a lasciare la storia agli storici e non a politici non degni di trattare una materia così alta.

Peccato che gli storici non abbiano atteso le dichiarazioni del parlamento europeo per farlo. E da tempo. Ci limitiamo qui a ricordare due libri importanti, usciti quasi in contemporanea all'inizio del nostro secolo per due case editrici autorevoli non tacciabili di revisionismo storico o di simpatie per la destra come Bollati Boringhieri e Editori Riuniti.

Il primo (Bollati Boringhieri 2001), intitolato "Stalinismo e nazismo. Storia e memoria comparate",  a cura di Henry Rousso (allora direttore di ricerca presso il Centre nationale de recherche scientifique e direttore dell'Institut d'histoire du temp présent, entrambi a Parigi) raccoglie contributi di una decina di ricercatori prevalentemente francesi su due temi principali: la comparazione storica dei due regimi totalitari e "la memoria nell'ex-Europa comunista".


Il secondo (Editori Riuniti 2002), intitolato "Stalinismo e nazismo. Dittature a confronto", a cura di Ian Kershaw e Moshe Lewin (forse il più importante sovietologo del secolo scorso), raccoglie gli atti di un convegno tenutosi a Filadelfia nel 1991 al quale hanno preso parte studiosi di cinque paesi: Francia, Germania, Russia, Inghilterra e Stati Uniti.

Noi, allora, li trovammo molto utili a capire differenze e similarità dei due regimi e ci confermammo nell'idea che le seconde fossero di molto maggiori delle prime e che stalinismo e nazismo fossero realtà non assimilabili, frutto di storie e culture diverse, ma con profonde similarità a partire dalle modalità di gestione dell'universo concentrazionario e dunque da accomunare in una identica condanna morale e politica.

Li consigliamo a chi vuole farsi un'idea più precisa in materia, al di là delle enunciazioni di principio e dei luoghi comuni.

Buona lettura per chi avrà voglia e coraggio di farlo.