“Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo almeno a vivere il tempo della rivolta”. Lo scrisse Camus agli inizi degli anni '50 e il concetto ha mantenuto nel tempo intera la sua validità. Ma cosa vuol dire oggi rivolta? Ce lo spiega uno studio accurato e affascinante di Donatella Di Cesare di cui presentiamo l'incipit.
Donatella Di Cesare
Il tempo della rivolta
“La rivolta irrompe ovunque nel mondo. Si accende, si spegne; torna a propagarsi. Varca i confini, scuote le nazioni, agita i continenti. Uno sguardo alla mappa delle sue esplosioni repentine, dei suoi moti imponderabili, ne attesta l’intermittenza nel frastagliato paesaggio politico del nuovo secolo. All’estensione si accompagna l’intensità. La topografia delinea uno scenario dove il confronto si fa contrasto, dissidio, lotta aperta. Le proteste dilagano, gli atti di disobbedienza si moltiplicano, gli scontri si intensificano. È il tempo della rivolta.
Sebbene il fuoco sembri labile, e l’evento fugace, la rivolta non può essere considerata una congiuntura effimera. Nelle sue alternanze è un fenomeno globale che promette di essere duraturo. Neppure la pandemia ha potuto fermarla. Mentre molti si interrogavano già sulla pólis sparita, sullo spazio pubblico perduto, la rivolta è riemersa, travolgente e incontenibile, da Buenos Aires a Hong Kong, da Rio de Janeiro a Beirut, da Londra a Bangkok. La miccia di una nuova deflagrazione si è accesa a Minneapolis. I can’t breathe, le ultime parole di George Floyd, pronunciate mentre il suo carnefice continuava a soffocarlo, hanno assunto un valore emblematico per via di una coincidenza non casuale, rivelata dal segreto sincronismo della storia. Quella morte terribile non è stata effetto del biovirus che toglie il respiro, ma opera di un sopruso razzista perpetrato con tecnica poliziesca.
D’un tratto il respiro è apparso in tutto il suo significato esistenziale e politico. I can’t breathe è assurto a inno delle rivolte, insieme atto d’accusa contro la prevaricazione e denuncia di quel sistema d’asfissia che ruba il fiato. Nel vortice compulsivo del capitale, quella spirale catastrofica che ha reso il respiro un privilegio per pochi, è l’affanno degli sfruttati che viene in primo piano, di quanti devono piegarsi al ritmo accelerato senza pausa, dei più vulnerabili confinati all’angustia opprimente. I can’t breathe è divenuto così lo slogan che rivendica il diritto di respirare, cioè il diritto politico di esistere”.
Donatella Di Cesare
insegna Filosofia teoretica alla Sapienza Università di Roma. È tra
le voci filosofiche più presenti nel dibattito pubblico sia
accademico sia mediatico. Tra le sue pubblicazioni recenti ricordiamo
Terrore e modernità (2017) e Marrani. L’altro dell’altro (2018).
Per Bollati Boringhieri ha recentemente pubblicato Heidegger e
gli ebrei. I «Quaderni neri» (2014 e 2016), Heidegger & Sons.
Eredità e futuro di un filosofo (2015), Tortura (2016), Stranieri
residenti. Una filosofia della migrazione (2017; Premio Pozzale per
la saggistica 2018; Premio Sila per economia e società 2018) e Sulla
vocazione politica della filosofia (2018; Premio Mimesis Filosofia
2019) e Virus sovrano? L’asfissia capitalistica (2020
Il tempo della rivolta
Bollati Boringhieri, 2020