Sandro Ricaldone
Jorn: un vichingo ad Albisola
"Il vichingo arrivò a Milano il 28 marzo 1954 a mezzogiorno... con armi e bagagli, con zaino, tenda da campo ed un violino. Il violino lo dimenticò in treno, per cui, accortosene, si dovette tornare all'Ufficio Oggetti Smarriti, ove fortunatamente fu ritrovato, il che lo dispose favorevolmente verso di me e l'Italia".
Così Enrico Baj ricorda la calata di Asger Jorn verso il Mediterraneo, verso Albisola, dove questo nordico "perpetuamente nomade per l'Europa" metterà su casa e che oggi lo ricorda con una mostra allestita nel Museo della Ceramica, a cura di Franco Tiglio.
Jorn aveva allora poco più di quarant'anni ed alle spalle le esperienze del gruppo danese astratto-surrealista "Host" e quella fondamentale di CoBrA, il primo grande movimento artistico europeo del dopoguerra - in cui la rivendicazione del carattere sperimentale dell'arte conviveva con una ricerca espressiva orientata verso il primitivismo - di cui con Dotremont e Constant era stato il principale animatore.
L'anno precedente Jorn aveva dato vita al Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista, in polemica con l'"industrial design" propugnato da Max Bill (all'epoca direttore della Höchschule fur Gestaltung di Ulm) "come unica direzione della funzione dell'artista nella società" ed alla concezione statica della forma che vi si riflette.
Ed è proprio ad Albisola che, nell'estate del 1954, viene organizzata la "prima esperienza della Bauhaus Immaginista" con gli Incontri Internazionali della Ceramica cui prendono parte Fontana, Baj, Dangelo, Scanavino, Appel, Corneille, Matta, Jorn. Koenig, Giguere e Jaguer.
L'estate successiva, al Bar Testa, l'incontro con Pinot Gallizio e Piero Simondo, venuti ad Albisola per un'esposizione delle loro ceramiche: "lo ha visto lì una sera - ricorda Piergiorgio Gallizio - e mio padre che era un tipo piuttosto aggressivo è andato a sederglisi di fianco: Jorn intanto continuava a suonare il violino e allora mio padre ha avuto l'idea di prenderlo sull'archeologia, hanno cominciato a discorrere, si sono sciolti... Dopo tre giorni Jorn lo ha invitato in studio, dopo una settimana era già su ad Alba".
Nasce allora il progetto del "Laboratorio Sperimentale di Alba", l'idea del "Primo Congresso Mondiale degli Artisti Liberi" svoltosi nel 1956 nella città piemontese, da cui prenderà le mosse il processo che porterà alla confluenza del M.I.B.I., dell'Internationale Lettriste di Guy-Ernest Debord e del Comitato Psicogeografico di Londra nell'Internationale Situationniste, fondata a Cosio d'Arroscia, in casa di Simondo, nell'estate 1957 e nota soprattutto per aver fornito - con le sue analisi della "società dello spettacolo" - un importante supporto teorico al movimento degli studenti francesi nel Maggio '68.
Nell'ottica situazionista si collocano le "Vingt peintures modifiées" (quadri kitsch modificati da rapidi interventi pittorici quali colature o macchie in cui viene perseguita, come ha osservato Mirella Bandini, "una finalità di destrutturazione dell'opera d'arte attraverso la banalizzazione del suo valore d'uso") esposte alla Galerie Rive Gauche di Parigi nel 1959.
Sempre del '59 è la realizazione, avvenuta anch'essa nei forni albisolesi, della più grande ceramica moderna (33 metri per 3) destinata al Liceo di Aarhus. Ma il lavoro forse più importante degli anni dal 1956 in avanti (l'ultimo intervento è di pochi mesi anteriore alla scomparsa di Jorn, avvenuta nel 1973) è "Stalingrado" un quadro ispiratogli dal racconto della ritirata di Russia fattogli da Umberto Gambetta, più volte cancellato e ridipinto, "l'unica opera di Jorn, probabilmente" - nota Troels Andersen, che dirige a Silkeborg il Museo ove è ospitata la collezione donata dall'artista danese alla sua città natale - "ad essere segnata dal pathos".
La mostra (cui si affianca un catalogo con scritti del curatore e di Theodore Koenig, fondatore - con Havrenne e Noiret - di "Phantomas" la rivista belga nata dopo la dissoluzione di CoBrA) nel documentare l'opera di Jorn rimasta in zona viene a costituire un prezioso pendant di quell'esposizione permanente che l'artista stesso ha allestito sulla collina: quel "Jardin d'Albisola" dove "ciò che è dipinto e ciò che è scolpito, le scale mai eguali fra i dislivelli del terreno, gli alberi, gli elementi aggiunti, una cisterna, la vigna, frantumi d'ogni sorta, sempre bene accetti, disposti nel piu' perfetto disordine, compongono uno dei paesaggi piu' complessi che si possano percorrere in una frazione d'ettaro" (Debord) a dimostrazione di come ciascuno possa appropriarsi concretamente dello spazio, "ricostruendo attorno a sé la terra".
(1989)
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