TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 9 marzo 2011

Ricomporre Ipazia



Ipazia di Alessandria continua a interrogarci e non solo sul piano delle idee, ma anche e soprattutto per le sue scelte di vita che forse furono davvero la principale causa del suo martirio. Non è un caso che in un altro periodo di grande crisi e trasformazione come l'attuale il corpo delle donne diventi l'obiettivo privilegiato della violenza di un potere, che è prima che politico ed economico potere di genere, potere maschile, che si sente ormai del tutto impotente a controllare le dinamiche complesse del presente.


Betti Briano

Ricomporre Ipazia



Ipazia fu smembrata, letteralmente fatta a pezzi. I pezzi furono bruciati, le ceneri presumibilmente disperse, affinchè nessuna o nessun Antigone potesse celebrare il funerale e allestire la tomba della donna che ‘massimamente eccelse nelle virtù pratiche’, nelle discipline scientifiche e nella filosofia. Darle sepoltura avrebbe significato consegnare il suo esempio e il ricordo ai posteri, alla storia. Non intendiamo performare il funerale mancato, poiché solo un contemporaneo – e gli assassini lo sapevano benissimo- può ufficializzare il passaggio dell’estinto dal corpo alla memoria. Intendiamo invece ‘sconfiggere’ gli assassini avviando un percorso metaforico di ricomposizione del corpo di Ipazia, immaginando le sue membra dilaniate come pezzi del corpo del pensiero e dell’opera di una donna alla quale riconosciamo di aver anticipato e testimoniato molti degli interrogativi ma anche dei guadagni e della ricchezza di cui solo oggi siamo consapevoli.

Troviamo in lei un altissimo esempio della sapienza materna/magistrale di cui le donne sono depositarie da sempre(1). Dalle testimonianze, pur maschili, rinveniamo tracce eloquenti di una pratica pedagogica che si fa ‘levatrice’ del vero e del giusto, promotrice di virtù , generatrice di civiltà. Tracce che solo da pochi decenni sappiamo interpretare, da quando abbiamo imparato a fare riferimento a misure femminili di valore e scoperto il fondamento di verità insito nella lingua materna(2) e l’opera civilizzatrice della parola femminile, in cui rivive e si rinnova la costitutiva relazione con la madre. Le sue biografie tramandano una figura di filosofa, nella quale appaiono incarnati tratti essenziali del pensiero femminile del Novecento. La centralità dell’esperienza dell’essere umano in carne ed ossa , e quindi sessuato, nella relazione col mondo e anche col divino. Un modello di impegno intellettuale che pare anticipare la grande scoperta del ‘partire da sé’(3), principio di filosofia pratica e categoria conoscitiva insieme, che è avvenuta grazie alle politica delle donne ed è stata riconosciuta e messa in parola grazie al pensiero della differenza sessuale(4): assumere la propria soggettività e non principi esterni come luogo da cui muovere tanto nell’ambito sociale e politico quanto nel fare scienza, arte, filosofia, cultura.

In Ipazia riconosciamo anche le caratteristiche dell’agire politico femminile. La cura delle relazioni, infatti, come anche la capacità di mediare e armonizzare anche in contesti di violenza e lacerazione, di creare civiltà nella barbarie e la coerenza tra pensiero ed azione sono i tratti dell’eccellenza femminile ai giorni nostri come nella storia. Non solo. La sua figura testimonia come le donne siano da sempre in grado di ‘occuparsi del mondo’ a prescindere da posizioni di potere e titolarità di diritti e di essere protagoniste degli avvenimenti del loro tempo anche senza ricoprire cariche nei luoghi ufficiali della politica. Quelle di noi che, dopo un lungo e faticoso percorso, hanno individuato nelle relazioni femminili di autorità riferimento e forza per dare corso sociale al proprio desiderio(5), vedono in lei un fulgido esempio di autorità femminile, magistrale, politica, scientifica, riconosciuta da donne e uomini, contemporanei e posteri. L’avvenimento della libertà femminile(6) è stato registrato, in parte per la crisi del patriarcato, ma soprattutto grazie all’essere state in grado di riconoscerla nelle donne venute prima di noi e averne fatto la principale categoria interpretativa dell’opera delle donne nel passato. La grande libertà d’Ipazia, non vi è dubbio, ha sfidato i secoli e le maglie della storia raccontata dagli uomini.



Ipazia ci pone anche interrogativi politici molto attuali circa il rapporto con il sesso maschile. La sua scelta di verginità la ritroviamo in molte donne illustri del passato, nella duplice valenza di percorso di santità ma anche di posizione privilegiata per dar corso al proprio desiderio e costituire la propria autorità verso donne e uomini. La questione maschile oggi è più che mai aperta(7), ma grazie anche ad esempi come quello di Ipazia siamo consapevoli che i rapporti tra i sessi non sono regolabili semplicemente in termini di coabitazione del mondo, ma che noi, proprio in quanto donne/madri, siamo latrici di un disegno etico che vale per ambo i sessi(8). Basta, poi, una rapida ricerca nella rete per scoprire vari esempi di comunità scientifiche promosse e formate da donne, che si sono ispirate alla scienziata alessandrina, assumendola come simbolo di libertà di pensiero e di soggettività femminile nella ricerca scientifica(9). D’altronde le testimonianze sono concordi nel tramandare un’immagine di donna che nel fare scienza mette in gioco tutto il di più di sensibilità e intelligenza che le era dato dalla sua realtà umana femminile.

In Ipazia, infine, non si può omettere di evidenziare un ultimo tentativo di affermazione del ‘divino femminile’, prima della definitiva codificazione della inferiorità femminile nelle gerarchie umane e della definitiva espulsione in quella celeste, venute a compimento con la diffusione del cristianesimo e col consolidamento del potere della chiesa cattolica. In lei i contemporanei avevano, infatti, riconosciuto la ‘Vergine giusta’, che avrebbe riportato ‘l’età dell’oro’, cioè equilibrio ed armonia, dopo ‘l’età del ferro’, i contrasti e le violenze che avevano imperversato ad Alessandria. Comprensibile, quindi, che per la teologia femminista(10) Ipazia assurga ad icona delle resistenza femminile all’affermazione della religione del Dio padre e a simbolo della guerra dei sessi, già in corso da secoli, che ha portato alla cancellazione delle divinità femminili (11). Sono i pezzi del ‘corpo’ di Ipazia che in quest’occasione vogliamo mettere insieme e corrispondono agli aspetti che hanno guidato e soprattutto motivato la nostra ricerca.


Note

1) Muraro Luisa. L’ordine simbolico della madre.Ed. Riuniti Roma 1991
2) Muraro Luisa. Lingua e Verità. Quaderni di Via Dogana, Milano 1995
3) Diotima. La sapienza di partire da sé. Liguori Napoli 2005
4) Diotima. Il pensiero della differenza sessuale. La Tartaruga Milano 1987
5) Cigarini Lia. La politica del desiderio. Nuove Pratiche Parma 1995
6) Libreria delle Donne di Milano. Un filo di felicità. Sottosopra Gennaio 1989 ( detto Sottosopra Oro)
7) Cigarini Lia. Due sessi un mondo. Via Dogana n. 56/57 Settembre 2001
8) Luce Irigaray. Etica della differenza sessuale. Feltrinelli Milano 1985
9) Ipazia. Autorità scientifica autorità femminile. Ed. Riuniti Roma 1992
10) Daly Mary. Al di là di Dio padre. Ed. Riuniti Roma 1990
11) Irigaray Luce. Sessi e genealogie. La Tartaruga Milano 1989


(Da: Ricomporre Ipazia, a cura di Eredibiblioteca delle donne, Tribaleglobale 2010)