TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 8 marzo 2016

Per un 8 Marzo di speranza. "Donne in corriera" di Guido Seborga



1946 dopo gli anni della dittatura e le tragedie della guerra lentamente riprende la vita. Per Guido Seborga la speranza sta nelle immagini di donne colte nella corriera che ogni mattina da Bordighera sale verso i paesi dell'entroterra.

Guido Seborga

Donne in corriera



E' una vecchia automobile, che parte ogni mattina dalla Piazza del Mercato di Bordighera, e sale verso il Sasso e Seborga, percorrendo tutta la valle piena d'aria e sonora. La corriera è piena di donne che nell'alba sono scese al mercato dai paeselli della collina, portando sulla testa e sulle carrette grosse ceste di frutta, verdura e fiori. Ora verso mezzogiorno, servendosi di quella macchina, esse ritornano a casa; vi hanno caricato sopra le loro ceste vuote; altri che abitano quei paesi ma non hanno terra si portano cassette di cibi, e hanno anche caricato una grossa damigiana di vino, su cui sta scritto "bianco soave". 

Prima il traffico al mercato è stato intenso, sotto le arcate molta frutta e verdura è stata venduta; e provenienti da Arziglia, il paesello dei pescatori, c'erano pure dei cestoni di pesce, che quest'anno però non si lascia prendere molto facilmente perché, spaventato dalle mine, è diventato ancora più circospetto.

Questa vita, a contemplarla, mi dà al cuore un senso di pace e di invidiabile serenità; mi sembrano tanto inutili i litigi e le divergenze degli uomini; pare che tutti potrebbero placarsi, dividere la terra, creare cooperative... Se avessimo tant'acqua quanta è necessaria nella stagione estiva, e la terra diventa arida e rossiccia sotto il sole caldissimo; se avessimo tanti fichi, tanta uva e tante olive, tanti garofani e rose, e potessimo vendere tutto ad un prezzo ragionevole, forse non ci sarebbero più poveri...

Ora la vecchia corriera dopo aver dato qualche scossone si mette in moto con il suo carico di donne; ci sono anche due uomini; ma le donne brune e grasse tengono un posto immenso, chiacchierano, non stanno mai zitte. Mi squadrano forse perchè non capiscono cosa sono venuto a fare, occupando un posto inutilmente, perché non ho nulla da vendere o da acquistare.



Ecco: sono venuto per godermi, dopo mesi di forzata assenza, l'aria della valle, per rivedere la vita di questi posti incantevoli, per ammirare le fasce della collina, le cisterne d'acqua, i ritorti ulivi, i pini che si elevano dritti e silenziosi nello spazio immenso della valle, per vedere quest'ampia natura abbracciata da un cielo terso, dolcemente sereno, per contemplare i paeselli dai muri di pietra, levigati e lucidi di vento, sospesi sulla verde collina; sono venuto per ritrovarmi nella mia vita di giovane. Poi la guerra, la lotta partigiana e clandestina, hanno lasciato una traccia nel mio animo; certo non sono di quelli che vorrebbero che le cose si mettessero a posto (dicono) come prima. Anzi, in quali mutamenti profondi abbiamo sperato!

Qui tutto è uguale, senza monotonia. La valle è tanto ricca e sonora e salendo in macchina verso la montagna, cominci a distinguere anche le valli vicine di Borghetto e di Valle Bona, sino al colle più alto di Perinaldo. E le colline hanno tagli fantastici e improvvisi che sembrano forme umane inventate da chissà quale gigantesco architetto e scultore; nascono case solitarie, fuori dai paeselli, in posizioni impensate tra alberi e pietre, vive d'aria e di luce; vive come il nostro cuore alla gioia dello spazio, all'ebrezza dell'immenso. 

Ma la corriera salendo per la strada ricca di curve a sobbalzi e scossoni; le donne ciarlano e gridano, grasse e contente fingono di litigare, scherzano, dicendo di voler bere alla damigiana.

La corriera non ferma soltanto ai paesi; vicino alle case isolate, l'autista scende, chiama un nome, allora una persiana si apre, oppure un uomo esce fuori dalla sua vigna; c'è un pacco per lui che deve venirsi a prendere. Così anche la damigiana viene abbandonata sulla strada provinciale; c'è una casetta tra gli alberi a cento metri dalla strada, il proprietario avvertito dalla trombetta dell'autista verrà a ritirare il suo vino. 



Tutto si svolge con calma e gioia e le donne continuano a ridere e a litigare scherzando. Hanno in testa ruvidi fazzolettoni colorati, oppure li tengono in mano e con essi si asciugano il sudore. I due uomini invece sono sempre rimasti in silenzio. Uno adesso mi guarda e capisco che vorrebbe parlarmi. Le coltivazioni intorno sono molto curate; vedo i campi di garofani, ogni piantina è legata ad un rametto con una cordicella, ed ognuna viene innaffiata con amore; ma l'acqua manca. Immagino che quell'uomo vorrebbe dirmi che le cisterne sono semivuote, le riserve quasi finite. Ma il cielo ampio e sereno ci avvolge e le donne chiacchierano e ridono, tonde e brune, con i ventri e i seni grossi, con le gambe grosse e corte.

Intorno tra gli alberi si vedono case diroccate, che non sai se sono state colpite dal tempo o dalla guerra; ma poi vedi muri sventrati e anneriti dal fuoco. "Qui vivevano i partigiani" - mi dice l'uomo che aveva voglia di parlare. 

Siamo alle prime case di Seborga, il paese più alto al limite della collina e del cielo, il paese d'aria e di muri di pietra levigati e lucidi, ove senti i rumori più lievi e lontani, e tutto sembra rivivere nel cuore.

"Qui vivevano i partigiani; allora i tedeschi hanno disposto le batterie là sotto a fianco di quelle case (e indica una zona a circa cinque chilometri più in basso) e hanno sparato a tiro diretto, colpendo parecchie case, molti colpi si sono schiacciati contro la collina; il bombardamento non era ancora finito, che altri erano già giunti per rastrellare, hanno impiccato quattro partigiani che si sono lasciati sorprendere e hanno bruciato due case". Racconta queste grandi cose con molta semplicità quest'uomo; ma le sue parole hanno colpito le donne in ricordi tristi; all'improvviso zittiscono e non le sento più ridere né chiacchierare. 



La corriera ha sobbalzi e scosse brusche; ore con il suo motore vecchio e rabbioso attacca l'ultima salita e ci sono curve strette su di un burrone verde d'alberi; giunge così sulla piazzetta del paese, c'è una lapide che ricorda i caduti di molte guerre ed un grosso albero, un pino gigantesco dai mille rami che ha intorno una panchina, dove verso sera i vecchi del paese vengono a discutere e a dirsi cose molto sagge; mentre i bambini distratti giocano ancora tra i sassi e la poca acqua del torrentello.

La corriera si scuote, le donne sono sparite tra le viuzze e nelle case dagli archi di pietra, così strette le une alle altre, da formare un solo blocco di pietra.

La corriera riposa in un angolo della piazza ove aspetta l'indomani per scendere a Bordighera; è abbondonata e pare che debba sfasciarsi. Da questo alto paese di pietra, ammiro lo spazio, e il mare che appare bollente e azzurro in fondo alla grande valle. Avvolto dall'aria nel sole caldo mi sento finalmente felice.


Il Lavoro Nuovo - 11 Novembre 1946