TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 14 marzo 2016

Marino Magliani, Ricordo di Giancarlo Biamonti



E' morto Giancarlo Biamonti, il fratello di Francesco. Riprendiamo una riflessione in merito dello scrittore Marino Magliani.

Marino Magliani

Ricordo di Giancarlo Biamonti

Oggi Claudio Panella mi citava Francesco Biamonti. Sono rimasto a lungo con quelle parole, e ho ragionato su altre cose.

L'Edoardo di Attesa sul mare, e tutta la sapienza marina che traspare dalle pagine di Francesco Biamonti... Un giorno a Giancarlo glielo chiesi. Sai, io non riesco a credere che un uomo di mare possa sentire tanto il salso solo perché l'ha respirato così a lungo. Giancarlo sorrise e mi guardò. Infatti, mi rispose. Guarda che è una leggenda che siano tutte cose mie. E in effetti doveva essere così, e l'ho sempre continuato a pensare: lo scrittore s'è imbevuto del mare di Giancarlo, la prateria dei diamanti e i venti improvvisi che soffiano da ogni angolo, i venti larghi, ma come attraverso il silenzio di quel fratello che tornava, a ondate...

A volte, direbbe Gabriel Miró, è proprio vero che tutto tace tranne il silenzio. Eppure, c'è qualcosa, ad esempio c'è che non sono mica del tutto sicuro che sia solo questo... Che ci sia stato solo, insomma, un fratello-scrittore-lettore, col suo immenso mare letterario fatto di studi sulla luce e sui venti e sulle onde delle parole, che ha popolato i suoi stessi capolavori, e un fratello imbarcato e ufficiale di coperta (di coperta?) che per lungo tempo ha portato al di qua della rupe di San Biagio, tra fruscii di ginestre e mimose, la sola, liquida, coscienza di un mare reale. No, il Giancarlo che hanno conosciuto in molti è stato anche lui avidissimo lettore, custode di un giacimento. In una mail molto toccante, Giorgio Loreti me lo conferma: «... gli stessi libri che Giancarlo aveva utilizzato per il suo lavoro erano stati letti e 'studiati' anche da Francesco (il Portolano, ad esempio, vedi Attesa sul mare...»

Che bello, sarebbe, saperne di più su quelle letture.

Quanto a me, ora che Giancarlo se n'é andato mi accorgo di non sapere neppure se era capitano di coperta o di macchine.

E ora che se n'è andato, solo ora mi sembra di poter dire che ora resterà. Il Giancarlo-Edoardo, il Giancarlo-Gregorio, e poi semplicemente il Giancarlo Biamonti, quello che sorrideva guardando i suoi talenti sudare nello sferisterio, e che con una grazia immensa ti versava la misura giusta del vino che non sia mai tanto, che niente sia tanto perché la vita è solo quel poco; il Giancarlo che vivrà sempre in quella luce che rotola nel solco della valle...

Lo farà, in fondo, senza neanche troppo assomigliare agli uomini di mare che leggiamo nei romanzi di Francesco. O forse sì, il senso di colpa che non ti togli di dosso per non essere tornato in tempo... Forse quello sì, è ben inciso nelle pareti di una cabina contaminata dal mal di ferro, e nella biografia di un figlio la cui vita lo vedeva in Giappone quando per sua sua madre era giunta l'ora. Ma la nullità del mare e quella della terra delle radici di Romanzo di Gregorio, no, quella che lui, Gregorio, non riuscirà mai a elaborare come si elabora davvero un lutto, no, Giancarlo, per quanto ne possa sapere io, dalla terra aveva avuto tanto, o quello che bastava per sorriderle: l'aveva saputa coltivare e amare e ascoltare.

Aveva sempre avuto un bel rapporto con la vegetazione e la mineralità delle sue fasce. Una consolazione. O forse mi sbaglio di nuovo, e del resto, sì, sto scoprendo di scrivere queste parole col rischio di essere ripetutamente smentito. Lo ricordo bene però quando mi portò a vedere gli uliveti, una delle poche volte in cui siamo stati davvero da soli, perché altrimenti lo trovavo sempre in quel salone delle parole, lui uomo di mezzi silenzi e di sguardi azzurri, in mezzo ai lettori, che forse non c'era mai tempo per dirsi qualcosa, ma solo per ascoltare.

Capitan Audouard, la mar au-jour-d'uei es pleno de graci. Nous navegan vers uno terro souleianto e graciouso.