TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 27 marzo 2016

Mauro Baracco, Ricordo di Franco Balestrini



Un ricordo di Franco Balestrini, uomo di cultura e di impegno

Mauro Baracco

...ricordiamo Napoleone.

Se c'è una cosa che poco gradisco, è dover esprimere pensieri in ricordo di qualche personaggio col quale  ho avuto l'avventura umana di fare conoscenza: un po' perché considero che anche un pezzetto della mia umanità scompare con loro, molto in quanto conscio che sempre in agguato è  l'antipatico rischio della rettorica, “du magun”.

Più lieve, quando ciò corrisponde all'essenza di uomini che so, fino all'ultimo, essere stati ben vivi e vitali e la cui presenza continua in qualche modo ad aleggiare, in virtù di ciò che in vita  seppero costruire.

Quando poi a ciò si aggiunge la consapevolezza di parlare di Amici che sono stati ben distanti dalle mie sensibilità ideologiche, il tutto si fa più facile, considerato che una delle “fissazioni” del mio modesto pensare sia, da sempre, la necessità di far comprendere, specie alle nuove generazioni, che la Resistenza fu scelta e sacrificio di uomini “diversi” ed in quanto tale debba essere considerata patrimonio comune della coscienza democratica collettiva.

Oggi ho la pena ed il piacere di scrivere qualche parola su Balestrini, il trentennale Amico Franco che ad ogni mia visita nella sua prestigiosa Galleria d'Arte di Albissola Marina, mi tartassava implacabilmente: “..voi comunisti...per colpa di voi comunisti..”...refrain che sarebbe durato felicemente per almeno un decennio...(..poi l'amicizia prese il sopravvento ed i comunisti...).

Giovane discretamente fazioso, sopportavo stoicamente: un po' perché riuscivo comunque in qualche modo ad afferrare che di provocazioni “amabili” pur si trattava, molto per la scanzonata simpatia della quale quell'uomo era debitamente dotato e più in generale per  il rispetto che comprendevo a lui era in ogni caso dovuto, per  l'impegno assolutamente rigoroso che metteva nel suo operato artistico: in quel  prezioso spazio di via Isola, nel paese dei vasai, si andava con la certezza che si sarebbero ammirate, sempre, esposizioni “da levarsi tanto di cappello”; curate da solo o negli ultimi anni con la preziosa collaborazione dell'Amico Riccardo Zelatore; stiamo parlando di qualcosa come oltre 200 mostre (..se ne ricordi la cara Albissola..).

Era, il suo, un percorso iniziato nel 1979 con una mostra di Carlos Carlè; un lavoro coscienzioso che avrebbe portato in quelle belle stanze del vecchio caruggio albissolese, artisti della levatura di Lam, Reggiani, Rotella, Schifano e poi, via via, tra i migliori emergenti del panorama artistico, nazionale ed anche internazionale.

Di lui apprezzavo ancora l'amore discreto per le rime amorose e la sua disponibilità umana per quegli amici artisti che di essa potevano aver auisilio.

Poi...metà degli anni 2000, consultando una pubblicazione  dell'ANPI Savonese curata dal Prof. Guido Malandra e dedicata a “Le Squadre di Azione Patriottica Savonesi”, mi imbattei in:

Franco Balestrini (Napoleone)
Brigata SAP “Falco” - Divisione “Antonio Gramsci”
ferito in combattimento il 24 aprile 1945 nelle battaglie per la Liberazione
della Città di Savona



Incontro casuale per Corso Italia in Savona: ”...scusa ma...sei tu Napoleone?!..”...”...sono sessant'anni che nessuno mi chiama più così..”..

Il resto è storia dell'oggi: contatti con l'Amico Umberto Scardaoni, la raccolta della sua testimonianza (n.19 aprile 2010) su un numero dei Quaderni Savonesi edito dall'ISREC di Savona.
Leggevo e...ecco svelarsi le ragioni di quella simpatia “a prescindere” che provavo per lui: papà suo e papà mio accomunati nell'impegno sindacale all'ILVA di Savona; entrambi furesti di città (lui di Villapiana ed io di Via Untoria) che si erano ritrovati ad operare nella promozione artistica in Albissola Marina; amicizia “storica” con uomini come Carlos Carlè; quei valori democratici comuni che ci rendevano assai più  vicini di quel che avevo ritenuto un tempo.

C'è un aspetto che vorrei sottolineare, perché sintomatico della personalità di Franco Balestrini: nello scrivere le sue brevi memorie su quella pubblicazione dell'ISREC, iniziava e terminava lanciando un appello affinché Savona continuasse a ricordare nella maniera dovuta la figura di Agenore Fabbri, il cantore monumentale della Resistenza, quell'Amico che aveva incontrato nel 1989 e dal quale non si era più separato.

Sì, lo so, poco ho narrato del Franco Balestrini partigiano, del perché delle sue scelte di quel tempo: un po' in quanto credo che ben difficile resti,  per chi di quei periodi non sia stato autenticamente protagonista, interpretarne l'essenza, gli stati d'animo; molto per cercare di rifuggire da quell'agiografia alla quale facevo riferimento all'inizio di questo mio breve testo.

Poco ho  parlato di quel ragazzo di quattordici anni che a suo tempo seppe operare una scelta di vita rischiosa e consapevole, che da anziano ci narrava l'odore delle spighe di grano falciate dalle mitragliatrici nazifasciste su per quei viottoli della sua Villapiana; ricordava il suo compagno di lotta Mirko Bottero (altro prezioso savonese che abbiamo un po' troppo a lungo dimenticato) che lo aiutava a mettersi in salvo; dei suoi pianti di dolore che lo accompagnavano per tutto il giorno nel camerone del Santa Corona:

Ho privilegiato la narrazione senz'altro carente ma assolutamente affettuosa  di un uomo di Cultura (..sì: con la “C” maiuscola..) che ha saputo bene operare; di un caro Amico, di un Uomo che se ne è andato nella notte tra il 15 ed il 16 gennaio di quest'anno, lasciandoci un tantino più soli e  più umanamente poveri.