TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 8 dicembre 2020

Il Medioevo: un mondo a colori

 


Giorgio Amico

Il Medioevo: un mondo a colori


La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiars.

Comme de long échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

(La Natura è un tempio dove incerte parole/mormorano pilastri che sono vivi,/una foresta di simboli che l’uomo/attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari./Come echi che a lungo e da lontano/tendono a un’unità profonda e buia/grande come le tenebre o la luce/i suoni rispondono ai colori, i colori ai profumi.)

Cantava così Baudelaire, cogliendo il senso profondo e autentico di ciò che noi moderni chiamiamo natura e collochiamo al di fuori di noi, ma che per gli antichi era "Kosmos", cioè l'ordine armonico di tutto ciò che esiste a partire dai quattro elementi fondamentali: l'acqua, la terra, il fuoco, l'aria. Un ordine circolare, dove inizio e fine si sovrappongono in un eterno fluire e il tempo storico perde di significato. Un universo in cui innumerevoli fili collegano tutti le manifestazioni dell'esistere in un ordine perfetto e regolare, in cui tutto si lega e ogni cosa rimanda ad un'altra, come nella Tavola smeraldina di Ermete Trismegisto:

Verum sine mendacio, certum et verissimum. Quod est inferius est sicut quod est superius, et quod est superius est sicut quod est inferius ad perpetranda miracola Rei Unius. Et sicut omnes res fuerunt Uno, meditatione Unius: sic omnes res natae fuerunt ab hac Una re adaptatione. Pater eius est Sol, mater eius Luna. Portavit illud ventus in ventre suo. Nutrix eius terra est. Pater omnis telesmi totius mundi est hic. Vis eius integra est, si versa fuerit in terram. Separabis terram ab igne, subtile a spisso, suaviter cum magno ingenio. Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum. Sic habes gloriam totius mundi. Ideo fugiet a te omnis obscuritas. Hic est totius fortitudinis fortitudo fortis, quia vincet omnem rem subtilem; omnemque solidam penetrabit: SIC MUNDUS CREATUS EST. Hinc erunt adaptationes mirabiles, quarum modus hic est. Itaque vocatus sum Hermes Trismegistus, habens tres partes philosophiae totius mundi. Completum est quod dixi de operatione solis”.

(È vero senza errore e menzogna, è certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso, per compiere i miracoli della Cosa-Una (di una cosa sola). Come tutte le cose sono sempre state e venute dall'Uno, per mediazione dell’Uno, così tutte le cose nacquero da questa Cosa Unica per adattamento. Il Sole ne è il padre, la Luna ne è la madre, il Vento l’ha portata nel suo ventre, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il Telesma di tutto il mondo è qui. La sua potenza è illimitata se viene convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il Sottile dal Denso, delicatamente, con grande cura. Ascende dalla terra al cielo e ridiscende in terra raccogliendo le forze delle cose superiori ed inferiori. Tu avrai così la gloria di tutto il mondo e fuggirà da te ogni oscurità. Qui consiste la Forza forte di ogni Forza, perché vincerà tutto quel che è sottile e penetrerà tutto quello che è solido. Così fu creato il mondo. Da ciò deriveranno innumerevoli adattamenti mirabili il cui segreto sta tutto qui. Pertanto io fui chiamato Ermete Trismegisto, possessore delle tre parti della Filosofia di tutto il mondo. Ciò che dissi sull’opera del Sole è perfetto e completo).

Se si volesse dare una definizione di cosa sia stato veramente il Medioevo, la risposta più calzante sarebbe allora che il Medioevo è stato il trionfo del simbolico. Il simbolo è onnipresente. Ogni cosa, ogni aspetto della vita, ogni manifestazione del cosmo può essere rappresentata in forma simbolica. E gli uomini del Medioevo lo fanno nelle decorazioni delle chiese, nei portali e nelle vetrate, nelle statue che ornano gli edifici sacri, nei mosaici e negli affreschi, nell'abbigliamento, oltre che ovviamente nella poesia. Un simbolismo di cui oggi in larga parte ci sfugge il significato, tanto che ancora si discute del simbolismo di Dante con interpretazioni diversissime fra di loro.

Volendosi addentrare nel simbolismo medievale, due concetti vanno sempre tenuti presenti. Per l'uomo medievale esiste una corrispondenza stretta tra nome e cosa. Insomma vale il detto latino « Nomen Omen». Per cui il noce e il melo sono alberi potenzialmente malefici perché il nome del primo, «Nux» rimanda al verbo «Nucere» (nuocere) e il secondo rimanda a «Malus». Di conseguenza uno diventa l'albero attorno al quale si radunano le streghe e il secondo diventa l'albero del frutto proibito.

Il pensiero medievale è un pensiero analogico: ogni cosa presente rimanda ad un'altra celata. Dunque Giuda Iscariota (in aramaico l'uomo di Chariot) diventa in Germania «ist gar rot» (colui che è rosso). Giuda diventa l'uomo rosso, simile al demonio e dunque un simbolo dell'inferno.

L'idea tradizionale è che il Medioevo sia un mondo in bianco e nero, idea in gran parte dovuta alle pareti spoglie delle chiese romaniche. In realtà era un mondo coloratissimo, dove esisteva un vero e proprio horror vacui. In quelle chiese che oggi ci appaiono nude non c'era metro che non fosse ricoperto di affreschi dai colori vivacissimi che il tempo e soprattutto l'uomo ha cancellato.

Ne sa qualcosa il nostro ponente savonese dove nel 1585-1586 Niccolò Mascardi Visitatore apostolico per conto del Pontefice fa ricoprire di calce gli affreschi delle chiese dell'Albenganese. Affreschi bellissimi, come quelli di Guido da Ranzo, ma ritenuti osceni per le nudità esibite soprattutto nelle rappresentazioni delle pene dell'inferno.

Negli affreschi il rosso è colore dei demoni, delle fiamme dell'inferno, della volpe (animale ingannatore), dell'ipocrisia, della menzogna, del tradimento. È il colore di Giuda, ma anche di Gano di Magonza il cui tradimento causa la disfatta di Roncisvalle e la morte di Orlando.

Il cattivo è sempre il diverso. L'handicappato, il deforme, l'appestato, l'ebreo, il musulmano, il mendicante. I cattivi sono caratterizzati da deformità, da volti con nasi adunchi o fuori misura, menti sporgenti, dentatura irregolare, pelle scura. Spesso sono mancini. Nelle rappresentazioni dell'inferno appaiono gli attrezzi di tre mestieri considerati pericolosi: i fabbri, che trasformando la materia con il fuoco sono assimilati a stregoni; i mugnai ladri perché derubano sul peso i contadini che portano il grano a macinare; i macellai crudeli perché uccidono animali innocenti.

E comunque la chiesa, anche la più umile cappella di campagna, era una struttura policroma. Le pareti, anche se non affrescate, erano interamente colorate. Così le colonne, i capitelli, le statue, gli arredi.

L'idea di un Medioevo in bianco e nero si deve a molti fattori. Incide la visione tradizionale del Medioevo come un periodo buio e già la definizione di "medio" indica un periodo di trapasso tra la grande epoca classica e la altrettanto grande modernità. Il Medioevo dunque, proprio in quanto epoca di trapasso, è in sé poco significativo.

C'è poi la Controriforma e il trionfo dell'arte barocca che trasforma radicalmente la concezione architettonica dei luoghi sacri. Gli interni delle chiese si trasformano, stucchi e ori prendono il posto degli antichi affreschi ora considerati barbarici. Tutto si incentra sull'altare considerato in luogo di una rappresentazione, concepita addirittura in modo teatrale con tanto di quinte mobili, da cui i fedeli, ridotti al ruolo di spettatori passivi, devono solo assistere. Ne abbiamo un esempio bellissimo nella chiesa, da poco restaurata, dei Gesuiti a Mondovì Piazza.

Ma prima di parlare di un medioevo a colori, occorre chiarire che, come sostiene Michel Pastoreau, il massimo studioso della simbologia medievale del colore, il colore è una“costruzione culturale complessa” e non un semplice dato esterno che lo sguardo rispecchia senza mediazioni.

La conseguenza è immediata: se il colore è un dato culturale, allora il significato del colore nell'immaginario collettivo cambia con i tempi e le culture. Così il blu scuro, un colore freddo per noi, tanto da essere usato negli abiti da cerimonia dove è richiesta la massima serietà e compostezza, era invece considerato caldissimo dagli uomini medievali.

Altrettanto vale per il contrasto fra i colori. Accostare il rosso e il verde in un abito è per noi un vero e proprio pugno negli occhi. Pensiamo a una giacca a righe rosse e verdi. Eppure rappresenta uno degli accostamenti più diffusi negli abiti medievali. Il giallo e verde, per noi un contrasto poco marcato, è invece quasi inaccettabile nel Medioevo al punto che diventano i colori degli abiti dei folli a segnarne l'alterità.

Dal XII secolo il giallo diventa il colore della menzogna e del tradimento. Giallo è l'abito di Giuda., ma anche il colore degli ebrei, gialle sono le stelle di David o gli altri simboli ebraici cuciti sul vestito perché l'ebreo sia immediatamente riconoscibile. Il Medioevo ha poi orrore del chiazzato. Gli animali chiazzati, sia veri come il leopardo o immaginari come il drago, diventano simboli del peccato e del diabolico, contrapposti al leone simbolo di regalità e di purezza.

“E' la società a fare il colore, a dare i significati” commenta Pastoreau.

Il grande dibattito medievale è se il colore sia luce o materia. Nel primo caso la valenza è positiva perché rimanda allo spirito, nel secondo negativa perché richiama il peccato che della materialità è conseguenza. Ne deriva che l'uso del colore in una chiesa può dipendere anche, se non addirittura soprattutto, dal punto di vista sul colore del fondatore dell'Ordine o del santo a cui l'edificio viene dedicato. Ne è un esempio l' Ordine cistercense che edifica chiese bellissime, ma prive di colori. San Bernardo vedeva il colore come materia e dunque come un elemento disprezzabile. Il colore distrae i monaci e i fedeli. È un ostacolo alla meditazione, oltre che un cedimento ai lussi mondani che sono pura apparenza.

Nel mondo medievale il colore gioca un ruolo fondamentale anche nella vita quotidiana. Gli abiti sono coloratissimi, così le case sia negli interni che negli esterni. Sono considerati colori veri solo quelli brillanti. Il colore evidenzia anche le differenze sociali. Le differenza fra il popolo comune e la minoranza agiata sta certo nella qualità delle stoffe usate per confezionare gli abiti, ma soprattutto nei colori: per i ricchi vivacissimi, per i poveri stinti. Conseguenza diretta della diversa qualità dei materiali, delle tinture e delle tecniche usate, ma soprattutto del fatto che i poveri hanno un corredo ridottissimo e usano gli abiti fino a consumarli, mentre i ricchi possono rinnovare il loro guardaroba garantendo così la vivezza dei colori.

Ritornando agli edifici religiosi, il problema del colore è più complesso di quanto a prima vista si immagini. Quando sono restaurati i colori delle chiese medievali sono uguali alla loro condizione originaria? La risposta è negativa . Va considerato il problema della luce, tanto che oggi particolare cura è posta proprio nell'illuminazione più idonea a rendere al meglio ogni particolare di una parete affrescata. Ma quando quegli affreschi furono dipinti, furono pensati per essere visti in ambienti scuri, illuminati dalle candele, cioè da luci fioche e in continuo movimento. Cambiamenti di luce che creavano l'impressione del movimento delle figure e il cambiamento dell'espressione dei volti. Erano, come le pitture nelle caverne del paleolitico, pensati per dare l'idea della vita e del movimento. Alla luce delle torce i tori di Lascaux sembravano balzare fuori dalle pareti della caverna, così i diavoli delle chiese medievali. Lo sottolinea Pastoreau: “I colori nella chiesa vivono e si animano secondo il corso del sole, secondo la stagione e l'ora del giorno, secondo le condizioni metereologiche”.

Anche il colore delle statue muta con i tempi. Le statue vengono ridipinte secondo le mode: abbiamo Madonne prima nere (intorno al Mille) poi vestite di rosso (XII secolo), di azzurro (XIII-XIV sec.), dorate in epoca barocca, e infine bianche nel XIX secolo con il dogma dell'Immacolata concezione.

Le statue erano tutte dipinte, non solo quelle lignee o di terracotta, ma anche quelle fabbricate in pietra. La qualità della pittura di una statua stava nella considerazione popolare alla pari con la qualità della fattura, tanto che nei laboratori medievali i pittori delle statue venivano pagati quanto gli scultori. Il colore, come si è visto, non era un semplice ornamento, ma doveva dare il senso autentico dell'opera. Come nel mondo romano il color oro, spesso mediante l'uso di oro purissimo, viene usato per simboleggiare il potere già a partire dal IX secolo e dunque le aureole di Cristo e dei principali santi sono di un oro rilucente.

Il grande cambiamento inizia nel XV secolo. La Corte di Spagna adotta abiti scuri, tendenti al nero, come simbolo di austerità. Una tendenza ripresa e rafforzata dalla riforma protestante soprattutto nelle espressioni più puritane. La controriforma riprende questo aspetto. I preti e religiosi sono vestiti di nero. L'abito scuro diventa simbolo di distinzione e serietà. Uso che è rimasto fino ai nostri giorni per le cerimonie di una certa importanza.

Insomma, volendo tirare una conclusione, la modernità segna il trionfo dei toni scuri e ci vorranno gli anni Sessanta del secolo scorso e la grande rivoluzione dei costumi del '68 per riportare i colori in primo piano e far tornare il mondo colorato.


(Testo di una lezione tenuta a Spotorno il 19 gennaio 2016)