TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 16 novembre 2021

La tratta degli schiavi e il razzismo come pilastri della modernità dell'Occidente

 


Postiamo la prima parte di una ricerca, svolta nel 1976-77 nell'ambito delle attività della sezione genovese dell'Istituto Italo-africano. Con una premessa doverosa: nel corso della trattazione viene quasi costantemente usata dagli autori citati il termine “negro/negri”. Ovviamente non esiste alcun intento denigratorio nell'uso del termine che rispecchia il momento culturale in cui quelle opere furono redatte o tradotte in italiano. Trattandosi di citazioni, abbiamo ritenuto corretto mantenere il termine originario e non procedere a censure postume in nome di quello che oggi si considera un linguaggio politicamente corretto.

Giorgio Amico

La tratta degli schiavi e il razzismo come pilastri della modernità dell'Occidente


La prima notizia che si ha sulla tratta degli schiavi risale al 1441, ossia alla spedizione del portoghese Gonçalvez sul Rio de Oro. Gli avventurieri portoghesi cercavano oro, argento e spezie, e l'aver riportato in Europa anche alcuni schiavi (i primi) fu un fatto puramente casuale. Nel 1443 parte la prima incursione organizzata e negli anni che seguono la. tratta diventa un commercio regolare. Dapprincipio la tratta era essenzialmente un commercio regio, sotto la spinta della corte di Lisbona lo schiavismo si estese lungo la costa meridionale africana, ma, pur espandendosi rapidamente, la tratta si mantenne tuttavia nell'ambito di un sistema commerciale in cui altre merci avevano valore e spesso erano più importanti. La tratta degli schiavi costituiva solo una parte dei commerci con l'Africa, e i Portoghesi si mostravano ben più interessati all'oro che consideravano il principale obiettivo delle loro imprese. La domanda portoghese e spagnola di schiavi era limitata e in Francia e in Inghilterra non esisteva per nulla. I commerci con l'Africa rendevano molto, ma si basavano soprattutto sui metalli pregiati, l'avorio e il pepe.

La scoperta delle Americhe cambiò la storia. La richiesta di manodopera nelle piantagioni delle Indie Occidentali e nelle miniere dell'America centrale aumentò con ritmi frenetici. I conquistadores tentarono dapprima di utilizzare le popolazioni indigene, ma gli indios si dimostrarono inefficienti e poco adatti ad uno sforzo prolungato .Allora ci si rivolse verso l'Europa e si cercò di risolvere il problema della manodopera. con l'utilizzo di bianchi poveri legati da contratti o deportati.

In un documento ufficiale, consegnato a Giacomo I nel 1606, Bacone affermava. che con l'emigrazione l' Inghilterra avrebbe ottenuto " un doppio vantaggio, riducendo la popolazione in patria e utilizzandola altrove” . Secondo Eric Williams, al quale dobbiamo l' opera più approfondita sulle origini economiche della schiavitù, "il fattore decisivo ( della. sostituzione dei servi bianchi con gli schiavi neri) fu che lo schiavo costava meno. La. somma necessaria ad acquistare il lavoro di dieci anni del un servo bianco bastava a comperare un negro per tutta la vita”. ( 1)

Nel 1501 - nove anni appena dopo il primo viaggio di Colombo – la Spagna emana le prime leggi relative all' esportazione di schiavi in America. Nel 1515 arriva. in Europa il primo carico spagnolo di zucchero coltivato da schiavi nelle Indie Occidentali. Nel 1518 per la prima volta un carico di schiavi viene trasportato direttamente dalle coste dell' Africa alle Indie Occidentali. Dopo il 1518 la

tratta diventa sempre più un'istituzione, una parte integrante dell' economia spagnola, un aspetto essenziale dell' impero ispano-americano. Il commercio degli schiavi è, come si è già detto, un monopolio regio, dato in appaltoa ricchi mercanti; questo complesso sistema. giuridico era l'assiento, ossia. un permesso regale che comportava il rispetto di ben determinate norme .Per quanto riguarda gli schiavi, l' assiento concerneva solo gli schiavi della Guinea, in quanto la Chiesa proibiva la vendita di schiavi cristiani e scoraggiava l' uso di schiavi nord-africani, perché musulmani.

Ne1 1592 l'appalto diventa di massa, la nuova licenza vale per il trasporto di 38.250 neri in nove anni. Il commercio degli schiavi à ormai un grosso affare: nel 1562 con la spedizione di John Hawkins vi erano entrati anche gli Inglesi. Ad essi si unirono i Francesi, gli Olandesi, i Danesi e gli Svedesi. Gli Olandesi furono ben presto in vantaggio sui loro rivali, erano più abili commercianti e non erano ostacolati da prerogative regie; poco a poco gli Spagnoli e i Portoghesi vennero a perdere le posizioni di predominio, fino ad allora tenute, sulla costa dell' Africa Occidentale e nelle isole caraibiche. Nel 1609 gli Inglesi occupano le isole Bermude, nel 1623 San Cristoforo, nel 1625 Barbados e le Isole Sottovento. I Francesi non furono da meno e nel 1626 occuparono la Guadalupa e nove anni dopo la Martinica. Quanto agli Olandesi, si erano,verso il 1630, insediati nelle isole di Trinidad, Tobago e Curaçao. Da questa espansione coloniale europea al di là dell' Atlantico, venne un nuovo e potente impulso all' esportazione di schiavi dalla Guinea e allo svilupparsi di una economia di piantagione basata sullo zucchero e sul tabacco. Infatti né lo zucchero, né i1 tabacco potevano essere coltivati senza un'abbondante manodopera agricola. I piantatori dipendevano dunque direttamente dal commercio degli schiavi africani, sfruttati in modo tanto intenso da dover periodicamente a causa dell'altissimo tasso di mortalità rinnovare la popolazione di intere piantagioni. Riferisce Davidson che la mortalità nelle piantagioni era cosi elevata che, al1a fine del diciottesimo secolo nella colonia di Suriname, "l'intero gruppo di schiavi sani, composto da cinquantamila persone, si estingue completamente ogni vent'anni"(2).

All'inizio del XVIII secolo gli Olandesi cominciarono a battere il passo, mentre assumevano via via sempre più importanza gli apparati commerciali inglesi e francesi. Nel 1702 la Compagnia francese della Guinea ottenne l' assiento spagnolo e cambiò il proprio nome in Compagnia dell'assiento. L'Inghilterra ottenne a sua volta l'assiento nel 1713, e dal quel momento il commercio di schiavi verso le colonie spagnole diventò ufficialmente britannico. Nonostante i mercanti dovessero versare un quarto dei loro guadagni direttamente alla Regia Tesoreria Spagnola e un altro quarto a quella inglese, i guadagni restavano elevatissimi. La tratta ne ebbe un fortissimo impulso, basti pensare che ancora alla fine del secolo, nel periodo 1795-1804, proprio quando più forte era 1a campagna abolizionista, dai soli porti di Liverpool, Londra e Bristol partirono ben 400.000 schiavi.

Questa rapida espansione economica creò le basi per la rivoluzione industriale in Inghilterra, non soltanto perché i capitali investiti in questo commercio procuravano grossi guadagni e dunque la base economica necessaria ad una prima accumulazione di capitali, ma, cosa più importante, il commercio stesso degli schiavi creava una domanda sempre crescente di manufatti a buon mercato e dunque contribuì a implementare la nascita di nuove industrie.

Modalità e dimensioni della tratta

Nella prima fase della tratta le coste africane furono esposte a molteplici razzie da parte di piccole spedizioni europee. Ma alla fase piratesca seguì ben presto una fase di alleanze con i capi delle tribù costiere. Gli Europei infatti offrivano merci molto ambite dai capi af'ricani, come cavalli, armi liquori, e in cambio ricevevano spezie e merci pregiate .L'alleanza militare si trasformò ben presto

in un regolare commercio con le tribù della costa. Davidson, nel suo libro Madre Nera, dedicato al rapporto tra l'Africa nera e il commercio degli schiavi, spiega in questo modo lo sviluppo di questi rapporti commerciali

«Ovunque il commercio incontrò capi e sovrani forti, prosperò quasi dal primo momento, dove non riusci a trovarne li creò. Con l'accumulazione delle ricchezze per mezzo di doni, regali e guadagni commerciali; con l'autorità politica che lo schiavismo conferiva a quelli che l'organizzavano; o con la superiorità militare che derivava dalle armi da fuoco, lo schiavismo codificava i1 potere di un capo dove non esisteva prima, oppure lo trasformava dove già esisteva da un potere genericamente rappresentativo in uno autocratico (3).

Via via che la tratta degli schiavi si sviluppava i sovrani africani diventavano sempre più abili a trarne profitto. La storia di quasi tutta la costa africana atlantica, durante questo periodo, è la storia di come le tribù costiere riuscirono a sviluppare e a imporre ai negrieri un ben delineato sistema di tasse e tributi.

«A Grande Ardra (...) è consuetudine che gli Europei diano al re l'equivalente di cinquanta schiavi in merci per avere il permesso di commerciare, e gli paghino diritti doganali per ogni nave; e al figlio del re l'equivalente di due schiavi per il privilegio di far rifornimento d'acqua, e di quattro schiavi per rifornirsi di legna» (4).

In seguito a questo sviluppo del commercio si crearono delle unità di misura e si cominciò a fare ampio uso di un sistema di credito.

La maggior parte degli schiavi proveniva dall'Africa Occidentale, dove venivano acquistati in una ventina di mercati principali, stanziati lungo il tratto di litorale che va dal Senegal all'Angola. Un piccolo numero di schiavi veniva acquistato nell'Africa Orientale, la cui costa dal Mozambico a Zanzibar era battuta prevalentemente dai trafficanti arabi. Le tribù costiere solo in casi rarissimi vendevano ai mercanti schiavi appartenenti alla loro regione. In genere si usava comprare gli schiavi presso le popolazioni che si trovavano all'interno, generando un vero e proprio processo a catena che si estendeva all'interno per varie centinaia di chilometri. Un' altra ricca fonte di schiavi era la Costa d'Oro, dove le popolazioni della costa compravano prigionieri dagli Ashanti per rivenderli agli Europei. Per concludere citiamo un estratto da Davidson:

«Per quanto riguarda l'Africa Occidentale, si può dire che le forti popolazioni costiere e i loro immediati confinanti dell'interno razziavano e compravano a settentrione, senza però spingersi molto lontano. Si rifornivano normalmente presso le popolazioni, relativamente numerose, della cintura delle foreste, e , in proporzioni minori, presso quelle meno dense delle praterie ohe si estendevano di là dalle foreste». (5)

Stabilire il numero esatto degli Africani trasportati nelle Americhe è praticamente impossibile. Non esistono cifre attendibili ed ogni storico ha operato sulla base di stime approssimative. Davidson, ad esempio, non cerca neppure di stabilire una una cifra e si limita a citare alcuni autori:

«Si dice, per esempio, che tra il 1580 e il 1680 i Portoghesi abbiano trasportato in Brasile complessivamente non meno di un milione di Ashanti. Nei cento anni successivi pare che le colonie britanniche del Nord America e i Caraibi abbiano accolto ben più di due milioni di africani. Un eminente studioso di statistica della popolazione, Kuczynski, nel calcolare il totale di schiavi sbarcato vivo sulle terre al di là dell'Atlantico giunse alla conclusione che quindici milioni potesse essere una cifra abbastanza prudente. Alcuni autori hanno accettato questa cifra, sia pure come minimo; alcuni hanno ritenuto che il totale probabile fosse di di circa cinquanta milioni, e altri infine sono stati del parere ohe fosse molto superiore». (6)

Secondo invece il testo di Carles e Comolli sui rapporti tra musica nera e movimento politico degli afro -americani gli schiavi trasportati in America sarebbero stati oltre duecento milioni.(7) Pur tenendo conto che si tratta di un fenomeno spalmato su più secoli, la cifra appare del tutto inverosimile, se solo consideriamo la popolazione di un continente per motivi geografici molto più abitato come l'Europa. È sicuramente più interessante seguire i1 dibattito tra gli studiosi sulle condizioni e il trattamento degli schiavi durante il viaggio.

Secondo Williams «gli orrori della traversata oceanica sono stati esagerati soprattutto ad opera. degli abolizionisti inglesi». (8) Più avanti egli afferma che sostanzialmente lo sfruttamento degli schiavi nelle piantagioni non differisse di molto da quello dei contadini feudali o dalle condizioni di vita dei poveri nelle città inglesi del Settecento. Ora, nonostante l'indubbio merito di cercare di sfrondare la storia della tratta dagli elementi romanzeschi, tuttavia non crediamo si possa, come appunto fa Williams, attribuire l'elevato numero dei decessi durante la traversata alle epidemie, «conseguenze inevitabili dei lunghi viaggi», (9) quando solo poco più avanti si ammette che «era come se si trasportasse bestiame nero». (10) Come non basta per demolire le denunce degli abolizionisti sostenere che «scopo del mercante degli schiavi era il profitto e non il benessere delle sue vittime». (11)

Su questo delicato argomento Davidson prende una posizione intermedia tra le due tesi contrapposte. Infatti, se da una parte egli concorda parzialmente con le tesi di Williams, sostenendo che le condizioni di un viaggio per mare erano dure anche per gli emigranti, tuttavia egli ha il grosso merito di sottolineare come la tratta degradasse le sue vittime, ridotte a cose e non più persone.

«Oltre alla degradazione fisica legata al commercio c'era anche una degradazione morale degli schiavi e degli schiavisti: riducendo gli Africani in schiavitù gli Europei offendevano anche la propria natura umana». (12)

Note :


l) E. Williams, Capitalismo e schiavitù, Bari 1971 , pag.22.
2) B. Davidson, Madre Nera , Torino 1966, pag.79.
3) Ivi, p. 105.
4) Ivi, p.109.
5) Ivi, p. 126.
6) Ivi, p. 99
7) P.C. Carle- J.-L.Comolli, Free jazz, black power, Torino 1973, p. 80
8) E. Williams, cit, p.4.
9) Ivi, p. 44.
10) Ibidem.
11) Ibidem.
12) B. Davidson, op. cit., p. 11.

1. continua