TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 8 agosto 2016

Con i pastori di Roaschia lungo i sentieri della transumanza



Roaschia è un paesino a 20 chilometri da Cuneo, abitato oggi da poco più di 100 persone. Un borgo di montagna da dove in estate partivano i pastori transumanti e i loro greggi di pecore, considerati ladri d'erba e guardati con sospetto dai contadini della pianura. Marco Aime, professore di antropologia presso l'Università di Genova, che ha trascorso in questo paese periodi della sua infanzia e della sua adolescenza, ne racconta la storia in un piccolo bellissimo libro. Ne presentiamo le prime pagine.

Marco Aime

Con i pastori lungo i sentieri della transumanza

Partivano. La gente di queste parti è sempre partita. Da questa borgata, da questa valle. Non per salire sulle creste, per vedere un orizzonte nuovo o per conoscere posti diversi. No. Partiva perchè ci sono terre dove vivere è un lusso che non ci si può concedere sempre. Non tutto l’anno. E allora si va, finchè ci sono posti dove andare.

Dovevi vedere la piazza quando partivamo, era piena di pecore. Ce n’erano dappertutto! Toni si gratta la testa sotto il cappello di panno, guarda verso il campanile che si infila in un cielo livido dal freddo. LaRuera era bianca! Tutta coperta di pecore. Tu forse non te lo ricordi nemmeno.

No, non me lo ricordo, ma non per l’età. Non me lo ricordo perchè io a Roaschia ci andavo in vacanza da bambino, nei primi anni Sessanta. Ci andavo in luglio o in agosto, ma i pastori partivano dopo, quandol’odore del primo umido d’autunno calava sul paese. Le nuvole iniziavano ad arrotolarsi su se stesse e a compattarsi, preparandosi ai grandi lavori dell’inverno. Ora mi sembra persino strano essere qui, a fare una ricerca, a fare l’antropologo. Di solito un antropologo si occupa di cose lontane, va a ficcare il naso nelle case di gente straniera, diversa da lui. Quanto sono diversi Toni e gli altri pastori da me? Tanto, abbastanza da stupirmi con quei loro racconti, da spingermi a cercare nelle pieghe della loro storia, e per niente, perchè anche se non mi ricordo quella piazza con tutte quelle pecore, dei pastori sì che mi ricordo. Ne sentivo sempre parlare a casa, dai miei, dai nonni, e quando, da bambino, non volevo mangiare qualcosa e facevo lo schizzinoso, mi dicevano sempre: Dovresti andare un po’ con i pastori, vedi che impareresti! Era una minaccia.



I pastori arrivavano qui a Roaschia dalla val Pesio, dalla val Vermenagna, dalla valle Stura, dalla val Chisone, da quegli alpeggi dove avevano passato l’estate. Si ritrovavano in paese, prima di andarsene di nuovo. Era sempre la stessa scena, uguale tutti gli anni.

Roaschia era combinata così, c’erano tre mestieri in pista: contadino, pastore e commerciante. Tutti e tre ti portavano via. Lo dice senza rabbia, Toni, e senza rimpianto. Lo dice così, come si parla di una cosa di cui non si può fare a meno. Come la pioggia, la neve, il fulmine, il lupo.
Partivano.

(...)

Roaschia era un paese fatto per andarci via. Incastonato al fondo di una valle chiusa, stretta, dura. Un pugno di case in basso e più di trenta borgate (i teit, come li chiamano qui),sparse, arroccate sulla pietra, aggrappate ai pendii, affogate nei castagni. Dove si poteva vivere, i roaschini lo hanno fatto. Ogni metro quadrato è stato limato, scalpellato, scavato per farci una casa. Gli uomini sono tenaci, ma possono fino a un certo punto. Poi basta. Non c’è più spazio, e allora bisogna partire. Andare via. Via di qui, da questo paese ingoiato dalle montagne, al fondo di una valle, che è anche il fondo della strada. Come a dire: di qui non si va da nessuna parte. Invece partivano, via da Roaschia, il paese dei miei nonni, materni e paterni. Non quello dei miei genitori, no, loro sono nati a Torino e mia madre è cresciuta a Savona. Perchè quella di Roaschia era gente che partiva, partiva sempre.



Marco Aime
Rubare l'erba
Ponte alle Grazie
12 euro