TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 4 ottobre 2019

Storia popolare della rivoluzione cubana 4. Sulla Sierra Maestra



Quarta parte della nostra storia popolare della rivoluzione cubana dove si racconta del radicarsi della guerriglia fra i contadini della Sierra Maestra e del suo progressivo estendersi alle città.

Giorgio Amico

Sulla Sierra Maestra

Installatosi sulla Sierra per prima cosa Fidel riannodò i legami con l'apparato clandestino del Movimento 26 Luglio; poi, per dimostrare che il movimento guerrigliero non era stato annientato, ma che godeva di buona salute e era disposto a lottare fino alla vittoria, decise di attaccare una piccola caserma che si trovava all'imbocco del Río de la Plata, dove la Sierra Maestra toccava il mare. In quel momento la guerriglia disponeva di una trentina di combattenti, ma di solo ventitrè armi efficienti: nove fucili col mirino telescopico, cinque semiautomatici, quattro automatici, due mitragliatori Thompson, due pistole automatiche e un fucile calibro 16. Dopo una marcia di avvicinamento durata tre giorni, all'alba del 16 gennaio la caserma di La Plata veniva attaccata di sorpresa e, dopo un breve ma furioso combattimento, conquistata. Dei quindici soldati della guarnigione due vennero uccisi, cinque feriti e altri tre presi prigionieri. Gli altri riuscirono a darsi alla fuga. Dalla parte dei guerriglieri non ci furono perdite.Nonostante l'esercito avesse dimostrato nelle settimane precedenti di non voler fare prigionieri, Fidel ordinò che i soldati catturati fossero liberati e che venissero consegnate loro le poche medicine disponibili in modo che i feriti potessero essere curati.Questo, nonostante il parere contrario di Guevara che, come medico della spedizione, aveva sostenuto la necessità di mantenere una riserva di farmaci per la colonna. In questa occasione venne catturato anche un civile, un certo Chico Osorio, sovrintendente della famiglia Laviti, proprietaria di un enorme latifondo nella regione. A differenza dei soldati, considerati uno strumento inconsapevole nelle mani della dittatura, Osorio, noto per le violenze sistematiche esercitate nei confronti dei contadini, venne giustiziato affinchè fosse a tutti chiaro che l'epoca del potere incontrastato dei latifondisti e dei loro tirapiedi stava per finire e che per i traditori e gli sfruttatori del popolo non ci sarebbe stata pietà. Incendiata la caserma e le baracche dei soldati, il piccolo esercito guerrigliero si ritirò in tutta fretta dal luogo dello scontro per rifugiarsi nel cuore dell'impervia Sierra Maestra. I guerriglieri risalirono il corso de
l' Arroyo del Infierno, un modesto corso d'acqua che si addentrava nell'interno, fino a giungere a un piccolo spiazzo nella boscaglia invisibile per la ricognizione aerea. Sei giorni più tardi, all'alba del 22 gennaio, l'accampamento fu bruscamente risvegliato dall'eco di una sparatoria proveniente dalla pianura. Era il segnale che le guardie batistiane erano in arrivo. Fidel decise di tendere un'imboscata ai soldati per rallentarne l'avanzata, poi la colonna si sarebbe divisa in tanti piccoli nuclei, composti da uno o due guerriglieri, per sfuggire all'accerchiamento. Appena le guardie rurali apparvero sul sentiero che portava al campo, Fidel diede il segnale di aprire il fuoco. Lo scontro fu breve, ma cruentissimo e si trasformò in un selvaggio corpo a corpo. Bloccata l'avanguardia nemica, Fidel e i suoi compagni si diedero ad una precipitosa fuga, ciascuno in una direzione diversa, con l'obiettivo di ritrovarsi appena terminato il rastrellamento. I guerriglieri avevano misurato le loro forze con l'esercito e avevano superato la prova. Ora, mentre a tappe forzate risalivano la Sierra, sapevano che la dittatura non era invincibile.

"Pochi giorni prima - annotò il Che nel suo diario - avevamo sconfitto un gruppo inferiore di numero, trincerato in una caserma; adesso avevamo sconfitto una colonna in marcia superiore per numero alle nostre forze e avevamo potuto sperimentare l'importanza che ha in questo tipo di guerra la liquidazione delle avanguardie, poichè un esercito non può muoversi senza avanguardie". (1)

Il combattimento di La Plata rappresentò un punto di svolta decisivo. Per Alvares Tabío, autore di una storia della guerriglia sulla Sierra Maestra, quel piccolo fatto d'armi

" dimostrò per la prima volta l'assioma che Fidel avrebbe applicato durante tutta la guerra: l'esercito guerrigliero doveva vivere delle armi e dei rifornimenti catturati al nemico...quella sarebbe stata la situazione per tutta la guerra".

LA GUERRIGLIA SI CONSOLIDA

Due settimane più tardi, la colonna guerrigliera sfuggì a stento ad un'incursione aerea.Solo dopo tre giorni i combattenti riuscirono a ragrupparsi di nuovo. Come si seppe più tardi, gli aerei erano stati guidati sul bersaglio da un traditore, un contadino di nome Eutimio Guerra che, arruolatosi fra i ribelli come guida, aveva saputo conquistarsi la fiducia di Fidel. Durante una delle sue missioni in cerca di rifornimenti, Eutimio era stato catturato dai soldati e, per non essere fucilato, aveva accettato di lavorare come spia. Il traditore aveva anche acconsentito, in cambio della promessa di una grossa somma di denaro e della nomina a capitano, di assassinare Fidel. Scoperto e arrestato, Eutimio Guerra, fu condannato a morte e passato per le armi. Prima dell'esecuzione Fidel gli promise che, nonostante tutto, la rivoluzione vittoriosa si sarebbe fatta carico dei suoi figli. In un articolo scritto anni più tardi per "Verde Olivo", l'organo delle Forze Armate Rivoluzionarie di Cuba, il Che rivelò che la rivoluzione aveva adempiuto al suo impegno verso i figli del traditore:

"Essi oggi frequentano sotto altro nome una delle tante scuole e ricevono il trattamento di tutti i figli del popolo, preparandosi per una vita migliore...".

Nei primi giorni di febbraio, per sfuggire ai raid sempre più insistenti dell'aviazione di Batista, il piccolo esercito guerrigliero abbandonò la regione di El Lomón dove aveva trovato rifugio per dirigersi verso zone considerate più sicure. Come nuova sede del campo fu scelta una località vicino al villaggio di La Montería, nella proprietà di un simpatizzante del movimento, Epifanio Díaz, i cui figli militavano fra i partigiani. Il 16 febbraio giunsero sulla Sierra Celia Sánchez, Frank País e gli altri membri del direttorio nazionale del Movimento 26 Luglio, per discutere con Fidel la riorganizzazione dell'intero sistema di supporto logistico alla guerriglia e per stabilire contatti più regolari tra montagna e rete cospirativa operante nelle città . Figlia di un medico di Manzanillo, Celia, aveva collaborato con Armando Hart all'organizzazione della spedizione del Granma, costruendo una rete di collegamento fra i contadini della provincia di Oriente e della Sierra che si era rivelata preziosa dopo l'infausta giornata di Alegría de Pío. Conquistato dalle grandi doti di coraggio e dalle capacità organizzative di Celia, che fino a quel momento conosceva solo col nome in codice di "Norma", Fidel le affidò il difficile e rischioso compito di organizzare il rifornimento di armi e il reclutamento di combattenti per la Sierra. Da tutta l'isola le armi e gli uomini sarebbero giunte alla città di Manzanillo e da lì sarebbero state inviate sulle montagne a Los Chorros, la fattoria di Epifanio Díaz. La riunione del direttorio nazionale risultò accesissima. Fidel sostenne con grande energia l'assoluta preminenza del fronte guerrigliero sulle montagne rispetto al movimento nelle città. Per la prima volta veniva sottolineata una differenza di priorità fra Sierra e Llano, fra montagna e pianura. Ogni sacrificio andava fatto per rafforzare la guerriglia. Il movimento nella pianura non doveva aspirare ad un ruolo di direzione politico-militare della lotta. Il comando andava potenziato e unificato proprio a partire dalla montagna. In base a queste motivazioni Fidel si scontrò aspramente con Faustino Pérez che aveva proposto l'apertura di un secondo fronte sulla Sierra dell'Escambray, nella provincia di Las Villas, allo scopo di ridurre la pressione dell'esercito sulla Sierra Maestra. Secondo Pérez, considerata la maggiore vicinanza dell'Escambray dall'Avana, sarebbe stato più agevole rifornire questo secondo fronte guerrigliero di armi e di uomini provenienti dalla capitale. Fidel si oppose fermamente alla proposta perchè riteneva, e ben presto i fatti gli avrebbero dato ragione, che la guerriglia era ancora troppo debole per poter sopportare una frammentazione come quella proposta dai dirigenti della pianura. Al termine dei lavori del Direttorio fu redatto un "Appello al popolo cubano" a firma di Fidel nel quale si invitava il popolo a sollevarsi e a organizzare azioni violente in tutta l'isola a supporto della guerriglia. Orgogliosamente si affermava la disponibilità dei combattenti a restare sulla Sierra anche "per dieci anni" se ciò si fosse rivelato necessario per il trionfo della rivoluzione. Nel programma in sei punti che chiudeva l'appello Castro invitava il popolo a intensificare gli incendi delle piantagioni di canna da zucchero "per privare la tirannia delle entrate con cui paga i soldati che manda a morire e compra gli aerei e le bombe con le quali assassina dozzine di famiglie contadine della Sierra Maestra", il sabotaggio generale di tutti i servizi pubblici, l'esecuzione sommaria e diretta "dei criminali che torturano e assassinano i rivoluzionari...e di tutti coloro che ostacolano il Movimento rivoluzionario", l'organizzazione di una resistenza civica di massa e di uno sciopero generale "quale punto culminante e finale della lotta".

L'AMERICA SCOPRE CASTRO

In quello stesso giorno Castro incontrò un inviato del "New York Times", Herbert L. Matthews, specializzato in questioni latinoamericane. Il servizio che Matthews inviò al suo giornale e che fece scoprire alla distratta opinione pubblica americana l'esistenza di una rivoluzione alle porte di casa, fece più danni al regime di Batista di cento battaglie perse. Nell'articolo la guerriglia veniva descritta in termini romantici, come l'eroica lotta di un pugno di giovani Robin Hood contro una spietata tirannia. In chiusura Matthews affermava con grande sicurezza:

"Da come la situazione si presenta, il generale Batista non può sperare di soffocare la rivolta di Castro; la sua sola speranza è che un reparto dell'esercito possa sorprendere il giovane capo ribelle e i suoi immediati collaboratori ed annientarli. Ma è piuttosto improbabile una eventualità del genere ed è tanto meno probabile che possa verificarsi entro il primo marzo, data in cui dovrebbe scadere l'attuale periodo di sospensione delle garanzie costituzionali". (2)

Quello che Matthews, nonostante tutto il suo acume giornalistico, non era riuscito a scoprire era il fatto che in quel preciso momento la guerriglia non contava più di diciotto combattenti. Fidel aveva fatto in modo che, prima di giungere da lui, il giornalista fosse condotto in giro per la Sierra in modo da dargli l'impressione che il movimento disponesse di svariati accampamenti e del controllo militare delle montagne. Il servizio apparve con grande rilievo sul "New York Times" del 24, 25 e 26 dello stesso mese, suscitando una vasta eco negli Stati Uniti. Il governo di Batista negò l'autenticità dell'intervista. Le autorità militari dichiararono che a causa dell'accerchiamento militare a cui era sottoposta la Sierra nessuno, tanto meno un giornalista straniero, avrebbe potuto raggiungere le montagne. Dal canto suo il Ministro della Difesa, Santiago Verdeja Neyra, dichiarò: "Herbert Matthews ha rilasciato la patente democratica a un feroce strumento della guerra rossa in America... Soltanto un giornalista ammalato di sensazionalismo poteva inventarsi la fandonia della Sierra Maestra. L'intervista è immaginaria...". Pochi giorni più tardi il New York Times replicava, pubblicando una fotografia di Matthews e di Fidel Castro ritratti insieme durante l'intervista sullo sfondo dell'inconfondibile scenario naturale della Sierra.

DIFFICOLTA' DELLA GUERRA POPOLARE

Nonostante gli innegabili successi ottenuti contro le forze di Batista, la situazione restava difficile. La colonna, ancora priva di un'adeguato spirito combattivo e senza una chiara coscienza politica, non riusciva a consolidarsi. La condizione dei combattenti era ancora molto fluida. Molti non reggevano e se ne andavano. Altri chiedevano di svolgere funzioni in città, a volte in condizioni molto più rischiose, ma tutto andava bene pur di sfuggire alle dure condizioni di vita della montagna. Pesava su tutti soprattutto l'isolamento e la durissima disciplina. Di conseguenza l'esercito ribelle cresceva lentamente. Nuovi elementi si incorporavano nella guerriglia, ma molti altri se ne andavano. Come ha scritto il Che:

"le condizioni fisiche della lotta erano durissime, ma le condizioni morali lo erano molto di più e si viveva sotto l'impressione di essere continuamente assediati".

Tuttavia, anche se con estrema lentezza e in modo non privo di contraddizioni, il focolaio guerrigliero andava via via allargandosi. Il giorno 13 marzo la radio nazionale trasmise la notizia che era stato commesso un attentato alla vita del dittatore. Nonostante la censura il popolo cubano venne così a conoscenza di un tentativo di sommossa nel cuore stesso della capitale e di come il regime avesse approfittato della situazione per assassinare molti dissidenti, alcuni addirittura già detenuti, i cui corpi erano stati abbandonati per le strade dell'Avana al fine di incutere terrore nella popolazione. L'azione era stata compiuta dal Direttorio studentesco, un'organizzazione rivoluzionaria da tempo operante clandestinamente nell'Università. Alcune squadre di giovani armati, comandate dal Presidente della FEU (Federazione Studenti Universitari), José Antonio Echeverría, erano riuscite a penetrare all'interno del palazzo presidenziale e a giungere fino all'ufficio di Batista con l'obiettivo di uccidere il tiranno. Ma il dittatore in quel momento si trovava in un'altra parte del palazzo. Molti assalitori, tra cui lo stesso Echeverría, caddero sotto il fuoco delle guardie, altri furono catturati.
Il tragico evento mostrò che non esistevano scorciatoie alla strategia della guerra di popolo di Castro e che la politica degli atti esemplari serviva solo alla dittatura alla quale forniva un prezioso alibi per la repressione. Il fallimento dell' assalto al palazzo presidenziale dell'Avana servì da pretesto al Partito Socialista Popolare per prendere le distanze da Castro e rilanciare la proposta di libere elezioni democratiche quale soluzione della crisi cubana.

"La nostra posizione nei confronti del movimento del 26 luglio - scrisse in quell'occasione uno dei dirigenti del PSP - è basata su questi criteri. Noi pensiamo che questo gruppo si proponga dei nobili scopi, ma che, in generale, esso stia seguendo tattiche sbagliate. Pertanto noi non approviamo le sue azioni, ma facciamo appello tuttavia a tutti i partiti e a tutti i settori della popolazione affinchè lo difendano dai colpi della tirannide, non dimenticando che i membri di questo Movimento combattono contro un governo odiato dall'intero popolo cubano". (3)

!l 16 marzo all'alba giunsero sulla Sierra i primi rinforzi inviati dal responsabile di Santiago Frank País. Si trattava di un gruppo di una cinquantina di uomini, di cui soltanto trenta armati, ma che portavano in dote due fucili mitragliatori e ventotto fucili. Dopo una vivace discussione con Guevara, che proponeva di provare subito in combattimento i nuovi arrivati attaccando qualche casermetta isolata, Fidel decise più conveniente sottoporre la nuova truppa ad un addestramento intensivo, facendola marciare a tappe forzate sulla montagna al fine di abituarla ai rigori della vita alla macchia. Fu così che si decise di abbandonare l'accampamento e di dirigersi verso est per tenere una elementare scuola di guerriglia. I mesi di marzo e aprile furono dedicati alla ristrutturazione dell' Esercito Ribelle, ormai composto da un'ottantina di uomini suddivisi tra un'avanguardia con compiti di esplorazione del terreno, comandata da Camilo Cienfuegos, tre plotoni al comando rispettivamente di Raúl Castro, Juan Almeida (4) e Jorge Sotus, uno Stato Maggiore e da una retroguardia agli ordini di Efigenio Ameijeras (5) con funzioni di copertura. Fu anche avviata la costruzione di una funzionale rete logistica, con depositi di munizioni e di generi alimentari e accampamenti permanenti da utilizzarsi durante gli spostamenti. Fu organizzato un efficente servizio di staffette e il primo abbozzo di un apparato di sicurezza al fine di scoprire e neutralizzare delatori e spie. Determinante si andò rivelando ogni giorno di più l'appoggio della popolazione contadina. Colonne di muli, cariche di rifornimenti per i partigiani, risalivano la Sierra, mentre centinaia di occhi attenti vigilavano sullo spostamento delle unità militari. Ogni movimento delle truppe batistiane veniva segnalato a Fidel in tempi rapidissimi, vanificando ogni effetto sorpresa. Ormai i guerriglieri si muovevano tra i contadini come pesci nel mare, in quello che orgogliosamente avevano iniziato a chiamare "Territorio libero". In ogni paese dove arrivavano i guerriglieri distribuivano viveri e medicinali e si prendevano cura dei malati. Toccava a Ernesto Che Guevara, in quanto medico, prendersi cura dei contadini, generalmente bambini affetti da parassitismo, rachitismo, avitaminosi, le malattie della miseria.A contatto quotidiano con le sofferenze dei contadini cresceva così fra i combattenti la consapevolezza che la lotta non poteva fermarsi solo alla conquista delle libertà politiche, ma che occorreva andare oltre per aggredire alle radici le cause strutturali del sottosviluppo e che tutto ciò aveva un nome: imperialismo. E' ancora il Che a ricordare:

"Lì, facendo queste cose, cominciava a prendere corpo in noi la coscienza della necessità di un cambiamento definitivo nella vita del popolo. L'idea della riforma agraria divenne chiara e la comunione col popolo cessò di essere teoria per diventare parte integrante del nostro essere. La guerriglia e i contadini si andavano fondendo in una sola massa, senza che nessuno possa dire in quale momento del lungo cammino si verificò questa fusione; in quale momento divennero intimamente vere le nostre affermazioni e in quale momento diventammo parte della gente delle campagne (...) quei sofferenti e leali abitanti della Sierra Maestra non hanno mai sospettato il ruolo da essi giocato nella formazione della nostra ideologia rivoluzionaria". (6)

Da quel momento non vi furono più tentennamenti. Con pazienza Fidel andava forgiando il nuovo Esercito Ribelle, trasformando in combattenti determinati e coscienti, giovani operai e studenti provenienti da tutta l'isola. Non senza qualche atteggiamento di superiorità da vecchio combattente i veterani del Granma insegnavano alle nuove reclute i segreti della cucina di bivacco, l'arte di fare lo zaino selezionando solo lo stretto indispensabile per la sopravvivenza, il modo di marciare tra le forre e i dirupi della Sierra.A metà del mese di aprile 1957 i guerriglieri tornarono nella zona di Palma Mocha, nelle vicinanze del Monte Turquino che con i suoi 1974 metri rappresenta il più alto monte dell'isola. Nel frattempo pattuglie contadine al comando di Guillermo García (7) e Ciro Frías percorrevano l'intera Sierra Maestra per raccogliere rifornimenti e informazioni in vista di una nuova grande offensiva contro i militari. Il 23 aprile raggiunsero i partigiani altri due giornalisti nordamericani, l'inviato Bob Taber e un operatore cinematografico, insieme a loro c'erano Celia Sánchez e Haydée Santamaria (8)e gli inviati del Movimento in pianura, Carlos Iglesias e Marcelo Fernández. In quel momento militavano nei ranghi dell' Esercito Ribelle tre ragazzi statunitensi, figli di militari americani della base di Guantanamo, per spirito d'avventura fuggiti da casa e incorporatisi nella guerriglia. Fidel li consegnò solennemente a Bob Taber, perchè li riaccompagnasse negli Stati Uniti. Inutile dire che il fatto suscitò grande scalpore e contribuì a creare un genuino movimento di simpatia attorno a Castro e ai suoi "barbudos". A dare maggiore solennità all'evento la consegna avvenne sulla sommità del Pico Turquino che tutta la colonna aveva scalato e lassù Bob Taber terminò il suo servizio sulla guerriglia, girando un film che fu trasmesso integralmente dalla televisione americana. Grazie all'arrivo di altri rinforzi dall'Avana la forza guerrigliera era intanto salita a centoventisette uomini, il che permetteva a Castro di ordinare rapide incursioni sui villaggi dell'interno, dove si stabiliva una specie di potere rivoluzionario, nominando dei fiduciari incaricati di amministrare la giustizia in nome del "Poder Popular" e di informare la guerriglia degli spostamenti delle guardie rurali batistiane.Ma questo avveniva solo di notte, di giorno i partigiani restavano sempre al riparo della boscaglia al sicuro dalle incursioni aeree. Secondo il Che:

"si era prodotto un cambiamento qualitativo: c'era tutta una zona in cui l'esercito nemico cercava di non capitare per non scontrarsi con noi, anche se è indubbio che neanche noi dimostravamo molto interesse ad andare a sbattere contro di loro". (9)

Il 18 maggio giunse sulla Sierra il primo importante rifornimento d'armi organizzato dai compagni del fronte della pianura: tre mitragliatrici pesanti, tre mitragliatori Madzen, nove carabine M-1, dieci fucili automatici Johnson e seimila proiettili andarono a rimpolpare le magre riserve della guerriglia. Il 25 maggio la radio diffuse la notizia che a Mayarí, nel nord della provincia di Oriente, un gruppo di esuli, appartenenti al Partido autentico e comandati da Calixto Sánchez aveva tentato uno sbarco, ma era stato facilmente sopraffatto e annientato dalle truppe. Il gruppo, partito dalla Florida a bordo del panfilo "Corynthia", intendeva aprire un fronte guerrigliero sulla Sierra Cristal, un massiccio montagnoso della regione di Oriente. Lo sbarco era effettivamente avvenuto il 23 maggio, ma i guerriglieri, probabilmente traditi prima della partenza, avevano trovato l'esercito ad attenderli e in cinque giorni di combattimenti erano stati quasi tutti massacrati.Nonostante non riponesse alcuna fiducia nel Partito autentico e nel suo capo, lo screditato Prío Socarrás (10), Fidel decise di attaccare le forze nemiche per creare un diversivo e fare in modo che i superstiti della spedizione potessero trovare scampo sui monti. Fu così che venne deciso l'attacco alla caserma di Uvero, una delle più importanti postazioni sulla costa della Guardia rurale. L'attacco, minuziosamente pianificato, durò tre ore, al termine delle quali la postazione venne conquistata e data alle fiamme. Dei cinquantatre soldati del presidio, quattordici erano stati uccisi, diciannove feriti e altri quattordici catturati. I guerriglieri contarono sei morti e nove feriti.L'azione di Uvero segnò una svolta importante nell'andamento della guerriglia. Lo Stato Maggiore batistiano, impressionato dalla potenza di fuoco e dalle capacità operative mostrate dai partigiani, decise infatti di smantellare tutte le piccole guarnigioni isolate e di concentrare le truppe in località più sicure. Il che significava praticamente abbandonare alla guerriglia il controllo dell'intera Sierra dal Pico Caracas al Pico Turquino.

IL MANIFESTO DELLA SIERRA MAESTRA

Le vittorie della guerriglia, unite all'interesse per Fidel Castro e i suoi barbudos che i servizi di Matthews e di Taber avevano suscitato nell'opinione pubblica degli Stati Uniti, convinsero l'opposizione borghese a Batista a schierarsi anche se con molte titubanze a fianco della lotta armata. A giugno il presidente della compagnia Bacardi, José Bosch, il presidente della Camera di commercio di Santiago, Daniel Bacardi, il capo del Movimento della gioventù cattolica, padre Chabebe, assieme a Fernando Ojeda, uno dei maggiori esportatori di caffè dell'isola, e ai presidenti del Rotary e del Lyon's Club di Santiago avevano dichiarato al giornalista americano Jules Dubois, ben noto per i suoi rapporti con il Dipartimento di Stato e la CIA, che Castro era impegnato in "una storica missione" per il riscatto di Cuba e il ripristino della democrazia. Ai primi di luglio salirono sulla Sierra l'ex presidente della Banca Nazionale, Felipe Pazos e il presidente del partito ortodosso, Raúl Chibás con lo scopo di proporre al leader guerrigliero la stipula di un patto di azione comune contro la dittatura. Nonostante l'opposizione aperta di una parte dei combattenti, timorosi che il peso politico che la guerriglia aveva saputo conquistarsi sul campo venisse ora utilizzato per squallide lotte di potere tra l'Avana e Washington, Fidel Castro decise di cogliere l'opportunità e di evitare ogni rottura con la borghesia. Quello che sfuggiva ai più era che l'appoggio dei gruppi borghesi più avanzati era prezioso per la stessa lotta armata, alla quale forniva piena legittimazione internazionale. Il 12 luglio 1957, al termine dei colloqui, Castro, Pazos e Chibás siglarono insieme un manifesto destinato a essere conosciuto come "Manifesto della Sierra Maestra". Il Manifesto insisteva soprattutto sulla costituzione di "un grande fronte civico rivoluzionario che comprendesse tutti i partiti politici d'opposizione, tutte le civiche istituzioni e tutte le forze rivoluzionarie". Il fronte non avrebbe tollerato l'ingerenza di potenze straniere negli affari interni cubani, nemmeno sotto forma di mediazione di pace. Scopo del fronte era l'abbattimento della tirannia di Batista, il ripristino delle libertà democratiche e l'indizione entro un anno di libere elezioni. Nel manifesto si lanciava un velato avvertimento al Dipartimento di Stato: il fronte non avrebbe mai accettato un mero cambiamento di facciata sotto forma di un governo provvisorio o di una giunta militare. Il programma enunciava poi una serie di richieste democratiche quali la liberazione immediata di tutti i detenuti politici, la garanzia assoluta della libertà di informazione per la stampa e la radiotelevisione, il ripristino di tutti i diritti garantiti dalla Costituzione, la nomina di sindaci provvisori in tutti i comuni, la democratizzazione della politica sindacale mediante libere consultazioni da tenersi in tutti i sindacati e in tutte le federazioni dell'industria. Primo compito del governo provvisorio sarebbe stata la modernizzazione del Paese da attuare attraverso un programma di riforme, tra cui l'inizio immediato di una campagna contro l'analfabetismo, l'accelerazione del processo di industrializzazione e una riforma agraria "tendente a distribuire le terre incolte...previo indennizzo dei precedenti proprietari". Il Manifesto parlava, poi, della guerriglia sulla Sierra, in termini elogiativi:

"Nessuno si lasci ingannare dalla propaganda governativa circa la situazione della Sierra. La Sierra Maestra è ormai un baluardo indistruttibile della libertà che è fiorita nel cuore dei nostri compatrioti, e qui noi sapremo fare onore alla fede e alla fiducia del nostro popolo".

Il Manifesto della Sierra segnò un punto importante per Fidel: alcuni tra i rappresentanti più in vista della borghesia cubana si erano recati sulla Sierra, avevano firmato una dichiarazione insieme al capo della guerriglia e ora partivano per Miami per ottenere un appoggio internazionale alla lotta contro la dittatura di Batista. Certo, il documento risultava tanto magniloquente nelle affermazioni di principio quanto moderato nei suoi contenuti concreti. E ciò nonostante Fidel avesse tentato di fare in modo che la parte relativa al programma agrario fosse più esplicita. Tuttavia, seppure con diverse argomentazioni, tutti i leader guerriglieri erano consapevoli che in quel momento dalle montagne della Sierra non era realisticamente possibile strappare di più. certo, si trattava di un programma minimo, di un compromesso non del tutto soddisfacente, ma comunque si girasse la questione, era un passo necessario, un progresso per la guerriglia che si vedeva definitivamente promossa a soggetto politico degno di considerazione. Guevara commentò così l'episodio:

"Quel compromesso non ci soddisfaceva in pieno, ma era stato necessario, poichè in quel momento si trattava di un documento già progressista. Sapevamo che non poteva andare oltre il momento in cui avrebbe significato un freno allo sviluppo rivoluzionario, ma eravamo disposti a rispettarlo... Noi sapevamo, insomma, che si trattava di un programma di minima, un programma limitativo dei nostri sforzi, ma sapevamo altresì che non era possibile imporre la nostra volontà dall'alto della Sierra Maestra e che, per un lungo periodo di tempo, avremmo dovuto fare i conti con tutta una serie di "amici" che speravano di poter sfruttare la nostra forza militare e la grande fiducia che il popolo nutriva in Fidel Castro, per i loro macabri maneggi e, soprattutto, per conservare a Cuba, attraverso la borghesia importadora, strettamente vincolata ai padroni del nord, il dominio dell'imperialismo... Per noi questa dichiarazione non era che una piccola sosta durante la marcia, poichè si doveva assolvere urgentemente il compito fondamentale, che era la disfatta dell'esercito oppressore sul campo di battaglia". (11)

L' ASSASSINIO DI FRANK PAIS

In quegli stessi giorni l'Esercito Ribelle, che poteva ormai contare su circa duecento combattenti, si divise in due. Venne costituita ufficialmente una seconda colonna al comando del Che, destinata ad operare nella parte di Sierra a Est del Pico Turquino.. La colonna, che prese il numero quattro per disorientare il nemico sulla reale consistenza numerica della guerriglia, era costituita da settantacinque uomini quasi tutti di origine contadina, inquadrati su tre plotoni. Per celebrare l'anniversario del 26 Luglio, la colonna numero uno con alla testa Guillermo Garcia attaccò Estrada Palma, un grosso centro abitato al limitare della Sierra e lo occupò. La colonna numero quattro attaccò invece Buyecito. Nello stesso periodo, tuttavia, la guerriglia dovette subire due pesanti colpi. Le armi destinate ad aprire il secondo fronte nella pianura caddero nelle mani della polizia che arrestò anche molti dirigenti della rete clandestina. lo stesso Faustino Perez sfuggì a stento alla cattura. Fidel, che come si è visto, non aveva mai condiviso l'idea di Perez di aprire un nuovo fronte guerrigliero in pianura, riuscì a far passare la sua linea della necessità di dedicare ogni risorsa disponibile al rafforzamento della Sierra Maestra come primo passo indispensabile per l'espansione dell'esercito guerrigliero. A confermare la giustezza di questa linea il 30 luglio giunse la notizia dell'assassinio a Santiago di Frank País. Tradito da un delatore, Frank País era stato individuato dalla polizia segreta batistiana e era stato ucciso a freddo dai poliziotti che avevano fatto irruzione nella sua abitazione. L'assassinio di Frank País suscitò una grandissima impressione nella popolazione di Santiago. I suoi funerali si trasformarono in una vera e propria manifestazione di massa contro il regime. La polizia, intervenuta in forze, aprì il fuoco sulla folla inerme, uccidendo alcune donne. La risposta popolare fu immediata. Per tre giorni uno sciopero generale spontaneo paralizzò l'intera città. Lo sciopero fu l'occasione per la nascita del Frente Obrero Nacional (FON), l'organizzazione sindacale clandestina del Movimento 26 Luglio. La caduta del responsabile del Movimento per la provincia di Oriente dimostrò, se ce ne fosse stato ancora bisogno, la fragilità dell'azione cospirativa nelle città. D'altro canto era stato proprio lo stesso País, insieme con Armando Hart, a inviare ai primi di giugno una lunga lettera a Fidel per informarlo della confusione regnante nel Movimento che andava, così si sosteneva, "integralmente" riorganizzato.

LA RIVOLTA DI CIENFUEGOS

Un'ulteriore conferma che la "linea della Sierra", da sempre sostenuta da Fidel contro ogni tentazione di tipo terroristico o putschista era quella giusta, venne dal tragico fallimento del tentativo di golpe compiuto da un pugno di giovani ufficiali di marina nel mese di settembre. Nel corso dell'estate il Movimento 26 Luglio era riuscito a costruire una sua cellula all'interno della base navale di Cienfuegos, la più importante dell'isola. Capeggiati dal tenente Dionisio San Román, i cospiratori puntavano a prendere il controllo della base e dell'incrociatore "Cuba", la più potente unità della marina cubana e da lì scatenare un'insurrezione generale contro il regime. Il 5 settembre il piano scattò e in poche ore i rivoltosi presero il controllo della base navale e della città di Cienfuegos, poi si fermarono ad attendere che la rivolta dilagasse in tutta l'isola. Invitati a raggiungere la vicina Sierra Escambray per aprire un nuovo fronte guerrigliero, i capi della rivolta rifiutarono decisamente considerando la proposta poco meno che una fuga e dunque non in sintonia con il loro onore di ufficiali. La scelta dello scontro in campo aperto si rivelò loro fatale. Bombardieri B 26, forniti dagli Stati Uniti nell'ambito del programma di collaborazione militare cubano-americano, mitragliarono e bombardarono la città che venne attaccata dalle truppe corazzate. Gli insorti, a cui si erano uniti numerosi civili, resistettero eroicamente per tutta la giornata e la notte successiva, poi dovettero arrendersi. La repressione fu selvaggia. I prigionieri furono immediatamente passati per le armi. Il tenente San Román, individuato come capo della rivolta, fu torturato per mesi e infine assassinato senza processo. L'intera città fu rastrellata casa per casa e tutti i sospettati di aver partecipato alla sommossa fucilati sul posto. I morti si contarono a centinaia.I fatti di Cienfuegos scavarono un solco definitivo tra il popolo di Cuba e gli Stati Uniti. Il fatto che i generali batistiani avessero usato armi pesanti, aerei e mezzi corazzati, che secondo il trattato cubano-americano potevano essere utilizzati solo per la difesa dell'isola da un attacco esterno, senza che il governo americano avanzasse la minima protesta aprì gli occhi anche a chi non voleva vedere. Così come era risaputo che le truppe d'elite usate per la riconquista di Cienfuegos erano addestrate e inquadrate da consiglieri appartenenti alla missione militare statunitense operante presso l'alto comando delle forze armate cubane. Ma un'ondata di indignazione scosse l'isola alla notizia nel mese di novembre che il governo degli Stati Uniti aveva decorato con la prestigiosa Legione al Merito uno dei più feroci boia della dittatura, il generale Tabernilla, l'ufficiale che aveva diretto la repressione del moto di Cienfuegos. In questa occasione si rivelò tutta la cecità dei governanti americani, incapaci di comprendere cosa realmente stesse accadendo sull'isola. Convinto che tutto fosse riconducibile allo schema tanto caro alla destra americana del complotto comunista diretto da Mosca, l'ambasciatore Earl Smith raccomandò al capo della CIA, Allen Dulles, di infiltrare degli agenti sulla Sierra per "scoprire la portata del controllo dei comunisti" sul Movimento 26 Luglio e in caso affermativo assassinare Castro. Atteggiamento condiviso dall'amministrazione Eisenhower, come dimostra la risposta che il responsabile della sezione caraibica del Dipartimento di Stato, William Wieland, diede a chi sosteneva che il governo americano non poteva più fingere di ignorare le atrocità della dittatura di Batista:

"So bene che molti considerano Batista un figlio di puttana... ma gli interessi americani vengono prima di tutto... per lo meno Batista è il nostro figlio di puttana e non tresca con i comunisti... Dall'altra parte Castro è attorniato da rossi. Non so se lui personalmente è comunista... ma sono certo che è soggetto all'influenza comunista". (12)

IL PATTO DI MIAMI

Se anche appoggiavano apertamente Batista, gli americani tuttavia non trascuravano di flirtare con l'opposizione, tentando di isolare Fidel e di riportare il movimento guerrigliero sotto il controllo politico degli esponenti della borghesia liberale. Il 1 novembre, su pressione di ambienti politici americani vicini al Dipartimento di Stato e alla CIA, si tenne a Miami un congresso generale di sette gruppi d'opposizione. Fu costituita una Giunta di Liberazione Nazionale allo scopo di portare a compimento la lotta per la restaurazione della democrazia a Cuba. Si chiedeva l'aiuto degli Stati Uniti, garantendo l'esclusione dei comunisti e si riduceva l'intero programma sociale del futuro governo democratico alla vaga promessa di creare "nuove fonti di occupazione, così come più elevati standard di vita". Al Congresso partecipò anche Felipe Pazos, uno dei firmatari del Manifesto della Sierra Maestra, che portò l'adesione del Movimento 26 Luglio. La notizia del patto di Miami giunse a Castro attraverso il "New York Times" che definì l'accaduto come uno scandaloso tentativo politico di riciclare alcuni screditati esponenti dell'opposizione liberale. In una lettera in data 14 dicembre Castro denunciò vigorosamente la mancanza nel patto di ogni dichiarazione contro l'intervento straniero e il servilismo verso gli Stati Uniti," chiara riprova di uno scarso patriottismo e di una vigliaccheria che si denunciano da soli".Veniva inoltre sconfessato l'operato di Pazos, che a nessun titolo poteva rappresentare la guerriglia, e si rifiutava ogni rapporto con la Giunta, del tutto priva di seguito a Cuba.

"Non ho autorizzato o designato alcuna delegazione per discutere queste dichiarazioni - dichiarò Fidel - mentre i dirigenti delle altre organizzazioni che sottoscrivono il patto stanno in esilio facendo una rivoluzione immaginaria, i dirigenti del Movimento 26 Luglio stanno a Cuba facendo una rivoluzione reale".

La mossa era rischiosa, il movimento castrista rischiava di perdere il consenso accumulato in un anno di lotta presso l'opinione pubblica moderata e di giustificare le accuse di estremismo avanzate dagli americani e dall'opposizione borghese. Con un'abile mossa tattica Fidel rovesciò la situazione, neutralizzando l'insidioso tentativo del Dipartimento di stato di isolarlo e screditarlo. Nella lettera si dichiarava che presidente provvisorio della nuova Cuba democratica sarebbe stato il giudice Urrutia, il magistrato costretto a dimettersi per aver assolto i compagni di Fidel arrestati dopo lo sbarco del Granma. La decisione si rivelò azzeccata. Urrutia era noto per le sue idee moderate e ciò bloccò sul nascere il tentativo americano di presentare Castro come un sanguinario avventuriero contrario per principio ad una soluzione politica del conflitto. Il 23 dicembre Urrutia giunse a Miami in rappresentanza di un governo cubano in esilio espressione del Movimento 26 Luglio. Liberale e anticomunista, il giudice Urrutia era l'uomo adatto a trattare con il governo americano per convincere Washington a sospendere le forniture d'armi a Batista. Il 14 marzo 1958 l'amministrazione Eisenhower annunziò ufficialmente la sospensione dell'invio di armi alle forze armate cubane.

NOTE:
  1. E. Guevara,op. cit., p.39
  2. H.L. Matthews, La verità su Cuba, Milano 1961, p.21
  3. H.L. Matthews,op. cit.,p.45
  4. Operaio edile. Partecipa all'attacco del Moncada. Nel 1959 comandante in capo delle FAR.
  5. Autista. Dopo la rivoluzione primo capo della polizia. Viceministro delle Forze armate.
  6. E. Guevara,op. cit., p.87
  7. Primo contadino a giungere al grado di comandante. Dopo la rivoluzione prima comandante dell'Esercito di Occidente e poi Segretario del PCC per la Provincia di Oriente.
  8. Sorella di Abel Santamaría. Partecipò all' assalto al Moncada. Catturata, le vennero mostrati gli occhi appena strappati al fratello. Organizzatrice dei primi nuclei del Movimento 26 Luglio. Dopo la rivoluzione presidente della casa editrice e della rivista "Casa de las Americas".
  9. E. Guevara, Opere, vol I, Milano 68, p.58
  10. Ex presidente della Repubblica e leader del Partido autentico. Dopo il golpe di Batista in esilio negli Stati Uniti, dove mantenne un atteggiamento ambiguo, oscillando fra l'appoggio ai ribelli e le aperture alla dittatura. Il Che defìnì il personaggio "pappagallo della pseudo-opposizione".
  11. E. Guevara, op. cit., pp. 98-99
  12. H. Thomas, op. cit., p.748
4. Continua