“Massoneria” è termine che evoca misteri e segreti. In realtà anche a un primo approfondimento della materia il segreto risulta del tutto assente così come i “misteri” che si rivelano molto più immaginari che reali. L'argomento è da secoli studiatissimo, anche se, va detto, gran parte dei materiali in circolazione ( e sono migliaia di titoli) sono assai scadenti. Per non parlare di ciò che circola sul web. In questa serie di articoli, di cui iniziamo oggi la pubblicazione, cercheremo di ricostruire a grandi linee la storia della Libera Muratoria con particolare attenzione alla realtà italiana.
Giorgio
Amico
Breve
storia della massoneria. I costruttori di cattedrali
I primi
tentativi di scrivere una storia della Massoneria risalgono al XIV
secolo e precisamente al Poema Regius e al Manoscritto
Cooke in cui vengono fatte risalire le origini delle
associazioni di mestiere (Craft) dei Liberi Muratori al regno di
Atelstano (925-40 dC). Una ricostruzione del tutto mitica secondo gli
storici contemporanei che considerano del pari del tutto leggendaria
la ricostruzione fatta dal reverendo James Anderson nelle sue
Costituzioni del 1723 che retrodata le origini della Libera Muratoria
all'antichità più remota.
Ad Anderson
fece riferimento, a partire da William Prescott (1742-1818) quella
che è stata definita la “scuola mitica” della storiografia
massonica che si soffermò soprattutto su una del tutto immaginaria
discendenza della Libera Muratoria da Re Salomone e dai costruttori
del Tempio di Gerusalemme.
Solo verso
la metà del XIX secolo videro la luce i primi studi pionieristici di
quella che verrà poi definita la “scuola autentica o verificata”
di cui J.G. Findel, R.F. Gould e A.G. Mackey sono i rappresentanti
più conosciuti in Italia. Primo esponente di questa nuova corrente è
il tedesco Georg Moss (1787-1854) che mise alla base della sua Storia
della Massoneria in Inghilterra, Irlanda e Scozia (1847) il
concetto che potevano essere presi in considerazione solo i dati
verificati, rinunciando ad ogni ipotesi fondata sull'immaginazione.
Ma per
arrivare ad una storiografia davvero fondata scientificamente si
dovettero attendere gli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso,
quando due storici professionali (Douglass Knoop e G.P. Jones),
docenti presso l'Università di Manchester, rivoluzionarono gli
studi sulle origini della libera Muratoria inglese con due opere (The
Mediaeval Mason (1933) e The Genesis of Freemasonry
(1946)) interamente fondate sullo studio della consistente mole di
materiali esistenti negli archivi. Materiali del tutto trascurati
dagli storici precedenti che avevano preferito basare i loro lavori
su quello che, a partire dal 1717, i liberi muratori “speculativi”
avevano raccontato in modo molto contraddittorio e immaginifico dei
loro predecessori “operativi”.
I lavori di
Knoop e Jones daranno origine alla “scuola scientifica”, che
applica alla Massoneria i metodi di ricerca e di interpretazione
(fondati sulla verifica rigorosa di ogni dato) utilizzati per gli
altri campi della ricerca storica, e a partire dall'anno accademico
2000-2001 alla nascita del Centro di Ricerca sulla Libera Muratoria
dell'Università di Sheffield. Tra i lavori più interessanti di
questa corrente va segnalato lo studio del Prof. David Stevenson, Le
origini della Libera Muratoria. Il secolo della Scozia 1590-1710
(Cambridge 1988) che riprende i lavori di Knoop e Jones
attualizzandone criticamente il metodo.
Premesso
quanto sopra, vediamo ora di definire meglio chi fossero e come
operassero i Massoni inglesi del Medioevo.
Un'industria
sorprendentemente moderna
Partiamo
dalle dimensioni, davvero stupefacenti, dell'industria delle
costruzioni. In Inghilterra (e Galles) nei secoli considerati da
questa ricerca vennero eretti, oltre alle grandi cattedrali gotiche,
da 900 a 1000 fra abbazie, conventi e ospedali. A questi vanno
aggiunti migliaia di edifici religiosi minori e poi a cura della
Corona e delle autorità cittadine castelli, palazzi, ponti, mura. Un
insieme grandioso di opere di cui restano grandi tracce (fra tutte il
London Bridge, la cattedrale di York, l'Abbazia di Westminster) e
che fanno pensare ad una sofisticata e complessa “industria”
delle costruzioni. Secondo Knoop quanto di più simile (per
organizzazione e divisione del lavoro) alla fabbrica moderna si possa
immaginare nel mondo medievale.
Un'industria
che occupava nei periodi di maggiore attività migliaia di persone. A
questo proposito basta un esempio: nel 1377 il solo cantiere di
Beaumaris Castle, il principale castello del Galles, ritenuto il più
importante esempio di architettura militare medievale britannica,
impiegava 400 muratori, 30 fabbri, e carpentieri, 1000 operai non
qualificati e 200 carrettieri. Nello stesso anno la popolazione di
Londra, non contava più di 35 mila abitanti, di cui circa un terzo
erano maschi in età da lavoro. Dunque, nel 1377, un solo cantiere,
seppure di una costruzione di primario interesse strategico come
Beaumaris Castle, impiegava un numero di lavoratori pari al 14%
dell'intera forza lavoro maschile della capitale del regno.
Un'industria
che viveva quasi totalmente sulla costruzione di grandi opere in
pietra per conto della Corona e della Chiesa, considerato che,
analogamente a gran parte dell'Europa medievale, la quasi totalità
delle abitazioni private anche nelle città erano in legno.
Un'industria
che operava sotto la protezione della Corona e della Chiesa, le sole
realtà che disponevano del denaro e dell'autorità necessarie per
progettare e realizzare lavori di tale entità e durata. Il già
citato Beaumaris Castle, iniziato nel 1295 non era ancora pienamente
terminato allo scoppio della guerra civile del XVII secolo.
In
questi lavori la Monarchia aveva un vantaggio sulla Chiesa: poteva
fissare per legge il prezzo dei materiali necessari e della forza
lavoro, non dipendendo dunque dal mercato e/o dalla libera
contrattazione, e sempre per legge coscrivere e dunque obbligare i
lavoratori (qualificati e no) a impiegarsi nei cantieri reali.
Entrambe, Chiesa e Stato, disponevano di un corpo di funzionari
(ecclesiastici e laici) in grado di dirigere per cultura ed
esperienza lavori di tale entità.
La
Monarchia regnava in nome (e per conto) di Dio. Da qui la munificenza
con cui i sovrani si dedicavano alle opere pie, con generose
donazioni alle fondazioni religiose esistenti, ma anche facendosi
direttamente carico della costruzione di grandi e splendidi edifici
(cattedrali e abbazie), o alla loro manutenzione (anche questo un
impegno costante ed oneroso). Costruire grandi chiese o abbazie era
il principale modo, oltre che di guadagnarsi meriti per l' Aldilà,
di ottenere il consenso popolare. E in questo i grandi cantieri delle
cattedrali medievali non erano poi molto diversi dai nostri lavori di
pubblica utilità.
In
conclusione, un'industria che potremmo con termine attuale definire
“di Stato”, pari per impiego di risorse finanziarie umane solo
all'altra grande impresa pubblica medievale, quella della guerra.
L'Arte
del lavorare la pietra
Un'industria
che è possibile conoscere nei dettagli grazie a un'imponente mole di
materiali conservati negli archivi pubblici e relativi a oltre 1500
resoconti di cantieri, ai registri delle cattedrali e di molti altri
documenti. Fu proprio il carattere “pubblico” dei lavori
effettuati a determinare questo accumulo di documenti, preziosissimi
oggi per gli storici. Le spese andavano rendicontate con estrema
cura, trattandosi di denaro regio.
Settimanalmente o mensilmente su
questi registri veniva così annotato il numero e spesso il nome dei
lavoratori impiegati, le loro paghe, i passaggi di qualifica, i
carichi di lavoro, il costo degli attrezzi e dei materiali, le spese
di trasporto, ecc. Ne emerge un quadro vivo e dettagliato
dell'organizzazione del lavoro e dei cantieri, anche se ovviamente
non mancano punti oscuri o di incerta interpretazione.
Il
fatto che fino al XVI secolo la quasi totalità degli edifici privati
e anche pubblici (come i teatri in cui in epoca elisabettiana
Shakespeare rappresentava le sue opere) fossero in legno (o al più
in legno e mattoni), fa si che il numero di massoni qualificati
impegnati a tempo pieno nelle città fosse estremamente ridotto.
Soprattutto nei primi secoli dopo l'Anno Mille la gran parte degli
appartenenti all'Arte erano, come i frati e i menestrelli, dei
girovaghi, costantemente in viaggio da un cantiere all'altro alla
ricerca, volontaria o obbligata dai decreti reali, di lavoro.
Ma
per comprendere il lavoro dei muratori medievali e l'organizzazione
dell'industria in cui erano impiegati, è necessario partire dal
materiale su cui tale attività era basata: la pietra. Si considerano
veri costruttori solo coloro che conoscevano la pietra, i suoi vari
tipi, le sue caratteristiche e sapevano lavorarla. Chi costruiva
edifici o ponti in legno o mattoni era qualcosa di diverso e
inferiore, non possedendo i segreti dell'Arte. Segreti (e simboli) ,
lo ripetiamo, legati alla pietra.
I
costruttori medievali inglesi usavano una grande varietà di pietre,
in qualche caso di importazione (come la pregiata e costosa pietra
gialla di Caen, molto usata per decorare gli interni delle chiese),
più spesso autoctona (come il granito di Cornovaglia o la pietra
dello Yorkshire e del Dorset).
Esistevano
grandi cave, ma la gran parte della produzione proveniva da cave di
piccole o medie dimensioni che richiedevano ridotti capitali
d'impianto e che nel caso dei cantieri religiosi erano spesso di
proprietà degli ordini monastici stesse e delle Abbazie.
Il
lavoro di estrazione era faticoso e svolto con tecniche ancora
rudimentali (solo nel XVII secolo iniziarono ad essere introdotte
pompe ad acqua). Le condizioni in cui si svolgeva erano insalubri. La
silicosi era, come oggi, ma in proporzioni estremamente più vaste e
gravi, la malattia professionale dei cavatori. La carriera
professionale dei liberi muratori iniziava di lì.
1. continua