TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 17 giugno 2019

I fuochi di San Giovanni. L'accensione dei falò



Festa solstiziale del sole e della luna, San Giovanni è anche la la festa del fuoco e dell'acqua. In questo capitolo tratteremo dell'accensione e del significato dei falò. Antichissimi riti agrari, ancora oggi praticati in molte parti d'Europa e nelle nostre valli alpine collegati ai tempi della transumanza.

Giorgio Amico

I fuochi di San Giovanni

II. Il Fuoco e l'Acqua

L'accensione dei falò


“Li hanno fatti quest'anno i falò? - chiesi a Cinto.
Noi li facevamo sempre. La notte di S. Giovanni tutta la collina era accesa.
Poca roba, - disse lui. - Lo fanno grosso alla Stazione, ma di qui non si vede. Il Piola dice che una volta ci bruciavano delle fascine. (...)
Chissà perché mai, - dissi, - si fanno questi fuochi.
Cinto stava a sentire.
Ai miei tempi – dissi – i vecchi dicevano che fa piovere... Tuo padre l'ha fatto il falò? Ci sarebbe bisogno di pioggia quest'anno... Dappertutto accendono i falò.
Si vede che fa bene alle campagne, - disse Cinto, - le ingrassa.” (53)

Non lasciamoci trarre in inganno dalla semplicità delle parole di Cinto. Pavese conosce molto bene il significato dei fuochi nella notte di San Giovanni (54) e la sintetica spiegazione che il contadino langarolo dà dei falò va diritto alle radici di quel rito antichissimo. Rito di fertilità, l'accensione dei fuochi nella notte del solstizio d'estate ha un'origine che si perde nella notte dei tempi. Riti della stessa natura si ritrovano in tutta Europa dalla Scandinavia al Mediterraneo, sempre con le stesse caratteristiche e lo stesso corredo di credenze mitiche. Quello dell'accensione dei falò al solstizio d'estate è un rito magico legato alla fertilità della terra, degli animali, degli uomini, ma anche un rito di purificazione e di protezione. Un uso così radicato nella cultura dell'Europa occidentale che lo vediamo rispuntare ovunque, anche dove meno ce lo aspetteremmo come nel caso di un romanzo poliziesco di grande successo uscito in Francia qualche anno fa. Il protagonista, un poliziotto non più giovane, porta la famiglia in gita sul monte Canigou sui Pirenei alle spalle di Perpignano:

“Di lassù la vista era splendida. Sullo stretto picco roccioso erano almeno una ventina a fare un picnic intorno alle ceneri di un gigantesco braciere. Da qualche anno la tradizione del falò di San Giovanni era tornata in auge. Alcuni giorni prima della cerimonia i più coraggiosi portavano fino in cima ceppi, tronchi di vite e fascine di sarmenti. Li ammassavano a piramide, quasi a voler ulteriormente innalzare la montagna. La notte del 23 giugno la cima prendeva fuoco, e se le condizioni atmosferiche lo permettevano la flama del Canigò poteva essere vista in tutto il Roussillon”. (55)

Siamo in presenza di riti antichissimi, risalenti almeno al Neolitico e alla grandiosa rivoluzione agraria che permise agli uomini, fino ad allora cacciatori e raccoglitori, di superare la fase del nomadismo e di costruire i primi insediamenti stabili. Riti che non escludevano sacrifici anche umani e che sono sopravvissuti per millenni nonostante le trasformazioni della società. Riti contadini secondo Frazer che per primo li studiò in modo sistematico:

“Da tempo immemorabile i contadini d'ogni parte d'Europa hanno usato accendere dei falò, i cosiddetti fuochi di gioia, in certi giorni dell'anno, ballarvi intorno e saltarvi sopra. Vi sono testimonianze storiche del Medioevo sull'esistenza di questi usi e forti prove intrinseche dimostrano che la loro origine si deve cercare in un periodo molto anteriore alla diffusione del Cristianesimo. Anzi le prime tracce o prove della loro esistenza nell'Europa settentrionale ci vengon date dai tentativi dei sinodi cristiani del secolo VIII di abolirli in quanto riti pagani. Non è raro che in questi fuochi si ardano dei fantocci o che si finga di ardervi una persona viva; e c'è ragione di credere che anticamente vi fossero davvero bruciati degli esseri umani.” (56)

Con il passare del tempo il rito divenne meno cruento e al posto degli uomini vennero sacrificati animali. Secondo Frazer un uso ancora vivo nella Francia del XVII secolo tanto che “era l'uso nel passato, per i fuochi di S. Giovanni che si accendevano nella Place de Grève a Parigi, di bruciare un cesto, un barile, o un sacco pieno di gatti vivi sospeso da un'antenna in mezzo al falò: qualche volta si bruciava una volpe. Il popolo raccoglieva la cenere e la bragia del fuoco credendo che portassero fortuna e le conservava in casa. I re di Francia spesso assistevano allo spettacolo e talvolta accendevano il fuoco con le loro mani. Nel 1648 Luigi XIV, incoronato di rose e recandone in mano un mazzo, accese il falò, gli ballò intorno e prese parte al banchetto nel palazzo del Comune,” (57)

Un atto per noi orribile, ma che si spiega con il carattere della festa. Abbiamo già visto come il solstizio rappresenti un punto di svolta dell'anno, segnato dal progressivo declino del sole sulla linea dell'orizzonte. L'astro sembra perdere forza e deperire. Un fenomeno percepito come potenzialmente pericoloso che deve essere contrastato con riti adeguati. I falò devono servire a sostenere l'astro, ad aiutarlo a mantenere la sua forza generativa, allontanando le forze avverse che ne minano la potenza. Un rito protettivo che tramite la magica forza del fuoco permette di espellere o tenere lontano tutto ciò che può essere dannoso a uomini, luoghi, piante, animali. Un rito di purificazione e di rigenerazione, di morte e rinascita e dunque di fertilità.

    Matisse, La danza

Festa contadina dell'amore e della gioventù

Ancora una volta constatiamo come la festa di San Giovanni abbia un carattere misterico e ambivalente. Si tratta della principale festa della luce, ma ha il suo epicentro nella notte; è una festa del fuoco (simbolo del principio maschile), ma anche dell'acqua (simbolo del principio femminile). Nei riti i due elementi, il maschile e il femminile, sono strettamente congiunti. Durante la festa il sole (fuoco) si sposa con la luna (acqua); da questa unione sacra derivano tutte le credenze relative al potere vivificante dei falò e della rugiada tramandate dalla tradizione contadina e popolare.

Che la festa di San Giovanni sia festa della luce lo scriveva già, poggiandosi sull'autorità di Agostino, Jacopo da Varagine nella sua Leggenda aurea, testo cardine della letteratura religiosa medievale, che non parla di falò, ma di fiaccole accese e portate in giro ricordo della consuetudine romana di portare fiaccole accese nei campi e per le strade il Dies Lamparum, cioè il 24 giugno:

“Portavasi anche le faccelline accese, perchè San Giovanni fue lucerna ardente e rilucente; e la ruota del sole si volge però che 'l sole scende allora nel cerchio a significare la nominanza di san Giovanni, il quale era creduto che fosse Cristo, secondo che elli medesimo ne diede testimonianza, quando dice: “Me conviene menomare e lui crescere” Questo fue significato, secondo che dice santo Agostino, ne li loro nascimenti e ne le loro morti. Ne li loro nascimenti, però che intorno a la natividade di santo Joanni cominciano i di a minimare; intorno alla natividade di Cristo cominciano a crescere, secondo che dice uno verso: “Solstitium decimo Christum praecit atque Johannem”. Anche ne la loro morte, però che il corpo di Cristo fu levato in alto e l'corpo di Giovanni fu menomato il capo.” (58)

La funzione protettiva dei falò riguardava tutti gli aspetti della vita di quelle comunità contadine. I fuochi di San Giovanni servivano infatti a proteggere i raccolti, aumentare la fertilità delle donne e agevolare la formazione delle coppie, proteggere gli animali domestici, la salute dei contadini e le case. Tante erano le credenze in merito al carattere benefico dei falò: saltare tre volte le fiamme o correre in mezzo a due falò assicurava un raccolto abbondante. Spargere le ceneri nei campi preservava il raccolto dai parassiti. Far correre una ruota in fiamme attraverso i campi o i vigneti li fertilizzava. Passare attraverso il fuoco rendeva fertile una coppia senza figli, così come agevolava il parto alle donne gravide. Quella notte giovani dei due sessi ballavano attorno al fuoco portando corone di artemisia e di verbena. Le ragazze lanciavano corone di fiori attraverso il falò, gli innamorati dovevano prenderle. Poi ogni coppia si prendeva per mano e saltava per tre volte attraverso le braci. Da come saltavano si prediceva se si sarebbero sposati presto o no. Il bestiame veniva fatto passare attraverso il fumo o le ceneri per immunizzarlo dalle malattie e dai malefici. Le ceneri poste nei nidi garantivano che le galline avrebbero fatto molte uova. Saltare il falò preservava il contadino dal mal di reni. Gettando erbe particolari come la verbena nel fuoco si allontana la malasorte. In casa veniva spento il fuoco e poi riacceso con le braci del falò. Un tizzone spento veniva messo sul tetto della casa per proteggerla dal fulmine e dagli incendi.



Feste del fuoco e transumanza

Senza andare molto lontano in Europa, basta recarsi in Piemonte, in alta Valle Susa, per trovare ancora riuniti insieme tutti gli elementi magico-religiosi della festa. Come leggiamo in una recente ricerca relativa alla zona di Bardonecchia :

“Come per i riti di propiziazione e di ringraziamento, anche per le celebrazioni legate ai trapassi stagionali, quali possono essere le feste di inizio Estate, si assiste ad una sovrapposizione dei rituali cristiani su antichi culti pagani modificati. I passaggi di stagione rivestivano ovunque una grandissima importanza poiché scandivano i ritmi della vita dell’uomo nel corso dell’anno, ma erano ancor più importanti soprattutto in una regione ad economia essenzialmente agricola e pastorale come quella alpina, dove la sopravvivenza stessa dipendeva dall’abbondanza e dalla buona conservazione dei raccolti. Il passaggio dalla stagione fredda alla breve stagione calda, coincidente con il solstizio d’Estate e, a livello religioso, con la festa di San Giovanni Battista, segnava in particolare uno dei momenti di maggiore attività per la famiglia contadina: si procedeva infatti in quei giorni all’avvio del bestiame verso gli alpeggi più elevati, dove sarebbe rimasto sino alle soglie dell’autunno.

L’usanza più tipica legata alla pratica della monticazione e all’inizio del periodo di permanenza in alpeggio, ancora oggi in vigore, era quella dell’accensione dei fuochi sulle montagne nella notte tra il 23 e il 24 giugno, vigilia della festa di San Giovanni Battista, allo scopo di allontanare le forze del male. Come per gli altri paesi, poi, la mattina della festa del santo la cenere era fatta attraversare dagli animali diretti a monte. Come affermato in precedenza, a rendere taumaturgica la cenere prodotta dai falò era la sua commistione con la rugiada del mattino: l’insieme di fuoco e acqua, di cui la cenere e la rugiada erano considerati derivati, poteva infatti simboleggiare una sorta di unione del Sole con la Luna.

A queste credenze si collegava una serie di tradizioni molto radicate in tutta la conca di Bardonecchia: per esempio, era usanza della mattina di San Giovanni quella di bagnarsi gli occhi con l’acqua delle fontane, ritenuta benedetta, o con la rugiada, per preservare la vista. Allo stesso modo, vi era la convinzione che le piante e le erbe irrorate dalla rugiada del mattino di festa incrementassero il proprio potere curativo: per questo motivo molte persone comuni, ma anche gli erboristi, si dedicavano alla raccolta delle erbe all’alba di questo giorno.” (59)

Non è un caso, dunque, che in molte realtà la festa di San Giovanni Battista e poi quella di San Giovanni Decollato il 29 agosto siano collegate alla transumanza delle mandrie o delle greggi, all'andata o al ritorno dagli alpeggi estivi. In questi casi la festa era celebrata con la benedizione degli animali e lo svolgimento di fiere, momento importantissimo di incontro fra gli abitanti delle valli soprattutto nei periodi in cui più accentuato è stato l'isolamento delle comunità alpine.


53. Cesare Pavese, La luna e i falò, in Tutti i romanzi, II, Torino, La Stampa, 2008, pp. 235-236.
54. Proprio mentre scriveva La luna e i falò, Cesare Pavese curava per Einaudi l'edizione italiana de Il ramo d'oro a dimostrazione di un interesse per i temi antropologici e il mito che troverà sbocco maturo negli scritti di Dialoghi con Leucò. L'opera prediletta che Pavese portava sempre con sé, rileggendola e annotandola, tanto che una copia del libro fu trovato accanto al corpo dello scrittore nella stanza d'albergo dove si era ucciso.
55. Philippe Georget, D'estate i gatti si annoiano, Roma, Edizioni e/o, 2012, pag. 70.
56. James G. Frazer, Il ramo d'oro, Torino, Einaudi, 1950, vol. II, pag. 325.
57. Ivi, p. 393
58. Jacopo da Varagine, Leggenda Aurea, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1925, pag. 706.
59. V. Bonaiti - D. Ferrero - L. Gatto Monticone - A. Zonato, Tempi del sacro tempi dell'uomo. Il calendario tradizionale contadino nella conca di Bardonecchia, Susa, Jonas, 2007, pp 71-75.

7. continua