TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 1 novembre 2019

Il calcio operaio nell'Oneglia del primo Novecento



Contrariamente a quanto solitamente si crede, il football nasce come sport popolare, addirittura operaio. E questo accade anche da noi, in una Oneglia piena di fabbriche e ciminiere che i cronisti di allora chiamavano "la piccola Manchester".

Giorgio Amico

Il calcio operaio nell'Oneglia del primo Novecento

In un articolo apparso su Alias*, il supplemento culturale de il manifesto, di qualche giorno fa, Pasquale Coccia, ricordava come il calcio nasca come sport popolare, addirittura operaio. "In tempi di anestesia generale - scrive in apertura del suo articolo - e di rimozione della memoria storica, i simboli della classe operaia che ancora sopravvivono, si trovano negli stemmi delle squadre di calcio di varie parti del mondo".

Dunque è una leggenda la storia tante volte ripetuta del calcio creazione di ricchi e annoiati borghesi inglesi stanchi di sport aristocratici come il golf o il tennis e in cerca di distrazioni forti.

Il calcio, dunque, nasce operaio e ostenta con orgoglio questa sua natura già a partire dagli stemmi delle società che un pò dovunque si vanno a formare nei grandi centri industriali inglesi fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento.

Scrive ancora Coccia:

"Gli stemmi delle squadre di calcio rappresentano la storia dei luoghi dove sono state fondate. I simboli riportati, oggi oggetto di profitti di ogni genere, non sono il frutto del lavoro di affermati designer o di studi di architetti, ma una trovata alla buona dei fondatori delle squadre, spesso amici o compagni di lavoro spinti dalla passione per il calcio. Buona parte delle compagini calcistiche sono nate in Inghilterra sul finire dell’800 intorno alle fabbriche e nei decenni successivi in altri paesi europei. Classe operaia e calcio sono stati tutt’uno per molti anni, soprattutto nella prima metà del ‘900. I dirigenti politici più attenti hanno visto nel calcio una sana alternativa all’abbrutimento degli operai, che dopo il duro lavoro in fabbrica nei fine settimana correvano nei pub o nelle osterie per abbandonarsi all’alcol. Antonio Gramsci nel libro Sotto la mole definì il calcio: «Paesaggio aperto, circolazione di aria, polmoni sani, muscoli forti, sempre tesi all’azione» e su L’Ordine Nuovo riservò spazio al calcio operaio".

Gramsci testimonia di come anche qui da noi in Italia, il calcio arrivi e si diffonda con le stesse caratteristiche identitarie. La foto ingiallita che apre l'articolo, trovata nel "cassetto dei ricordi" che tutti abbiamo nelle nostre case, risale ai primi del secolo e testimonia di questa realtà in una Oneglia, allora importante centro operaio, tanto da essere chiamata la "piccola Manchester d'Italia". Una Oneglia di fabbriche e ciminiere, di cui oggi resta solo il ricordo nei resti delle "Ferriere" e in foto come queste. Un gruppo di giovani lavoratori orgogliosamente in posa nelle loro divise di calciatori. Tanto per metterla sul personale, mio nonno è il primo in alto a sinistra. Di più preciso non saprei dire: né l'anno, né il nome della squadra.

Chissà se il caro amico Tommaso Lupi, che della storia popolare (e non solo) di Imperia e dell' Imperiese è un profondo conoscitore è in grado di aggiungere qualcosa.

* Pasquale Coccia, Il calcio operaio degli stemmi, il manifesto/Alias del 19 ottobre 2019.