TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 19 novembre 2019

Segni dei tempi: la rottura del nesso storia-politica




Riprendiamo dalla pagina Fb di un caro amico alcune riflessioni sul rapporto fra politica e cultura che consideriamo di grande interesse e uno stimolo importante ad una approfondita (e non emozionale) riflessione critica sullo stato attuale delle cose.

Marco Bellonotto

La rottura del nesso storia-politica: un segno della decadenza del mondo occidentale?

Ogni volta che esce un romanzo di Walter Veltroni (questo "Assassinio a Villa Borghese" deve essere il terzo o il quarto) mi tornano in mente le parole di un articolo di Giovanni De Luna, storico contemporaneista dell'Universita' di Torino, pubblicato su "La Stampa" ormai molti anni fa: "Amendola e Togliatti scrivevano libri di storia, Veltroni e Franceschini scrivono romanzi".

Il senso dell'affermazione non risiede in un confronto letterario. E neppure si intende sfottere Veltroni o rimpiangere Amendola e i suoi tempi. La riflessione che fece De Luna, uno degli studiosi più attenti ai mutamenti del suo mestiere nel corso degli ultimi decenni, è come lo studio e la conoscenza della storia siano diventati marginali (per non dire inesistenti) per la quasi totalità della classe politica italiana e, inoltre, come la rottura del nesso storia-politica (nella cultura occidentale la storia ha nutrito la politica fin dai tempi di Tucidide) abbia portato conseguenze di indebolimento della capacità di analisi, mancanza della dimensione comparativa, superficialità ecc.

Non solo nelle classi dirigenti: il processo si è esteso provocando (insieme ad altri fattori naturalmente, e in primis l'uso pervasivo dei media, vecchi e nuovi) una desertificazione di quegli spazi pubblici dove la politica veniva praticata dai cittadini (argomento a cui De Luna ha dedicato un saggio perspicace, "Una politica senza religione").

Si potrà obiettare che la concezione che Togliatti e Amendola avevano della storia era rigidamente orientata in senso marxista; ma i libri erano, per quelle generazioni, uno strumento per conoscere e cercare di migliorare la società, la vita, il futuro ("Questo è vero studio, e studio che rende, anche per comprendere meglio le posizioni generali. Ma richiede attenzione, applicazione, pazienza, sforzo, disciplina - e ore e ore di lavoro ", ancora Togliatti; ma questa affermazione l'avrebbero potuta sottoscrivere Moro, Fanfani, La Malfa...) e non un mezzo per essere chiamato "scrittore" o "intellettuale" durante le interviste; non un orpello decorativo abilmente (?) collocato dallo staff della comunicazione (Renzi che si fa fotografare con una copia de "L'arte di correre" di Murakami).