TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 5 dicembre 2017

Un ribelle concreto. Ricordo di Arrigo Cervetto.


Ristampato il libro di memorie di Giovanni Burzio che ricostruisce la realtà savonese dal dopoguerra agli anni '60. In appendice anche un nostro ricordo di un personaggio già allora centrale nella vita culturale e politica della città.

Giorgio Amico

Un ribelle concreto

Cresciuto nell'Italia fascista, giovanissimo partigiano, nei primi mesi del dopoguerra funzionario del PCI, “uomo in rivolta” secondo la felice espressione di Camus, militante anarchico alla scuola di Marzocchi (altra grande figura di quegli anni), fondatore poi con Pier Carlo Masini dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria (GAAP) che mescolavano pensiero libertario e marxismo, il giovane Arrigo Cervetto incarna quanto di più vivo abbia espresso una Savona operaia in cui si intravvedevano già i segni di una crisi che avrebbe nello spazio di due decenni portato alla pressochè totale deindustrializzazione e alla città amorfa di oggi, del tutto priva di un'identità o, forse meglio, di un'anima.

Operaio metallurgico, licenziato dall'ILVA, in giro per l'Italia nel duplice ruolo di rappresentante della Casa Editrice Einaudi e di militante libertario incaricato di reggere le fila piuttosto fragili dei GAAP, Cervetto intrattiene con la sua città un rapporto intensissimo di amore-odio.

«Passavo mesi tra una città e l'altra. Mi fermavo solo quando l'organizzazione non aveva più soldi per sostenere le spese di viaggio. Ritornavo, allora, a Savona maledicendo tutto. Ingenerosamente me la prendevo anche con una città che non ha mai ostentato bellezze che non ha ma che può essere orgogliosa del suo vento che pulisce le colline e il mare e rende gli uomini concreti, fattivamente e meschinamente concreti».1

É un passo dei Quaderni in cui Cervetto ricostruisce il suo percorso di formazione politica negli anni Cinquanta, offrendo di sè un'immagine sorprendentemente calda e ricca di umanità, assai lontana dalla figura asettica di teorico marxista e di costruttore del “Partito” che si è venuta affermando sempre più dopo la sua morte in Italia e non solo.

Insomma, l'immagine di un giovane che sta cercando con passione di trovare la sua strada, che crede fermamente di aver qualcosa di importante da dire, che, come annota in un altro passaggio, «serve a qualcosa, che ha da parlare non più ai portici di Savona».2

Certo, nella Savona di quegli anni, dove l'egemonia politica e culturale di un PCI ancora largamente stalinista si faceva sentire spesso anche con modalità non prive di una certa rudezza proletaria, il ruolo di oppositore non era facile e concreto era il rischio di svolgere una funzione di pura testimonianza, insomma davvero di predicare nel deserto.


Eppure quegli anni restano tra i più ricchi e intereressanti dell'intero excursus teorico cervettiano. Nel periodo 1952-1960 appaiono una serie di lavori che Cervetto compie per conto del neonato Istituto Storico Feltrinelli dedicati a ricostruire la storia del movimento operaio savonese. Studi pubblicati poi da quelle che sono le più prestigiose riviste della sinistra di allora (Rivista Storica del Socialismo, Movimento Operaio e Contadino in Liguria, Movimento Operaio).

In questi scritti Cervetto si applica a ricostruire la storia della sua città, rompendo drasticamente con una storiografia locale ossificata per la quale la storia di Savona finisce con il periodo aureo del prefetto Chabrol. Nelle ricerche del trentenne Cervetto, invece, vere protagoniste della vita cittadina diventano le classi subalterne, quelle masse senza storia a cui egli con rigore cerca di ridare un volto e un'identità: i contadini inurbati venuti dall'entroterra e dal basso Piemonte a lavorare nelle fabbriche, i camalli del porto, gli artigiani eredi di una storia secolare di libere corporazioni e ora costruttori di un mutalismo di tipo nuovo che si rifà a Mazzini e Bakunin.

Antagonista” nel senso più elevato del termine, il giovane Cervetto sa descrivere in pagine di grande efficacia anche narrativa la quotidiana fatica del vivere di quegli uomini e quelle donne, la loro fame di dignità e libertà, consapevole, da operaio figlio di operai, che la lotta proletaria è stata fin dai suoi esordi lotta per il pane, ma anche (e forse soprattutto) per le rose.

    Mirco Bottero

Un impegno di ricerca e di studio che diventa poi confronto di idee negli affollati e partecipati incontri del Circolo Calamandrei, vero cuore culturale di una Savona aperta al mondo, ma anche per certi aspetti laboratorio politico cittadino, animato da un personaggio, Mirco Bottero, che a Savona ha dato tanto e che oggi è purtroppo colpevolmente dimenticato anche da chi a quella storia afferma di rifarsi.

In quegli incontri, che nel ricordo di chi scrive hanno l'odore un po' malinconico delle innumerevoli sigarette fumate, Cervetto riporta i risultati delle sue ricerche, ma anche la sua impostazione politica che con gli anni sta evolvendo dall'originario anarchismo ad un marxismo prima con forti connotazioni gramsciane e luxemburghiane, poi sempre più rigidamente leninista. In quei dibattiti, che spesso diventano scontro anche aspro, Cervetto non cerca un consenso facile a scapito della coerenza, ma espone le sue idee senza mai scadere nella polemica fine a se stessa o nella diatriba personale.

Una lezione di stile, quasi impensabile oggi, tempo di una politica spettacolo tanto più urlata quanto più povera di contenuti e di riferimenti ideali. Cervetto, dunque, come occasione di primo incontro con la politica e il marxismo per molti giovani savonesi che in quegli anni si formarono e ciò indipendentemente da successivi percorsi personali che avrebbero poi portato ad approdi molto diversi fra loro, spesso anche molto lontani da un impegno politico rivoluzionario o anche solo di sinistra.

1. Arrigo Cervetto, Quaderni 1981-1982. Ripreso in Guido La Barbera, Lotta comunista. Verso il partito strategia 1953-1965, Edizioni Lotta comunista, Milano 2015, p.51.
2. Ivi, p. 64.


(Da: Giovanni Burzio-Bruno Marengo, Prima di voi, Savona, 2017)