TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 25 giugno 2018

Pulizia etica



Il sonno della ragione genera mostri. Ce lo ricorda l'ultimo libro di Roberto Settembre. Quattro storie sulla terza età e sulla politica. Una descrizione ironica ed amara di un futuro prossimo non proprio improbabile.

Mimmo Lombezzi

Pulizia etica’, pronti a una riforma sanitaria epocale? Ultrasettantenni toglietevi di torno

Oscar, un pensionato di 60 anni, ex-funzionario della Pubblica amministrazione, perde le chiavi mentre rientra a casa e quando le raccoglie viene beffeggiato da un gruppo di giovinastri stravaccati in un bar vicino al portone: “Haiddamorì vecchioooo… haiddamorì vecchioooo… oh oh…!”. 

La mattina dopo, Oscar accende la radio e al notiziario ascolta la voce grave del presidente del Consiglio: “Lo diciamo con la morte nel cuore – dice il premier – ma non possiamo farne a meno: è necessario capite? Non sarà per sempre. Abbiamo varato una riforma sanitaria epocale, che consentirà giganteschi risparmi di spesa. Per tutti coloro che hanno compiuto i 70 anni non verrà più fornita alcuna prestazione sanitaria: niente medico della mutua, niente medicine gratis, niente ambulanze. Ma soprattutto, sarà tassativamente vietato soccorrere tutti quelli che hanno raggiunto questa età”.

“Siamo certi – prosegue il Presidente – che i cittadini capiranno il senso dei varchi lasciati vuoti dallo Stato, nei quali alcuni purtroppo cadranno. Ce ne dispiace. D’altronde era necessario fare delle scelte e non potevamo più sacrificare i giovani, le forze del futuro, la linfa della Nazione”.

Si apre così La strana storia di Oscar C., uno dei quattro racconti diPulizia etica (editore I Robin&Sons), l’ultimo romanzo di Roberto Settembre.

Entrato in magistratura nel 1979, Settembre è il giudice della Corte di Appello di Genova che ha scritto la sentenza di secondo grado sulle violenze commesse nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001. Nel 2013 le ha raccontate in un libro sconvolgente dal titolo Gridavano e piangevano.


Pulizia etica è invece un libro che, scritto con una leggerezza da commedia all’italiana nella regione più vecchia del mondo – la Liguria -, prefigura un MedioEvo prossimo venturo in cui la vecchiaia diventa una colpa e i vecchi diventano la nuova ‘minoranza etnica’, i nuovi ebrei, e vengono sottoposti a forme di ‘rottamazione’ più o meno darwiniane.

Dopo aver appreso la notizia, Oscar, il protagonista, si reca (è un obbligo) all’anagrafe per ricevere il nuovo documento elettromagnetico che dovrà esibire per qualsiasi esigenza sanitaria ma, dopo un’ora di coda allo sportello, scopre che la nuova tessera elettronica anticipa di 10 anni la sua data di nascita e, assegnandogli d’autorità 70 anni, lo priva di qualsiasi assistenza. Insieme a dozzine di amici e di coetanei “invecchiati” per via elettronica, Oscar realizza che ogni ricorso è vano. Nei talk show, nel frattempo, imperversano giovanissimi ‘esperti’ che, attraverso montagne di dati, dimostrano che i vecchi “sono inutili e dannosi, che costano troppo, e che non ha senso logico spendere enormi quantità di denaro per dare a persone destinate per legge di natura a scomparire in tempi rapidi enormi risorse economiche vitali per la sopravvivenza delle giovani generazioni”.

Gli effetti collaterali di queste trasmissioni fanno pensare a quelli prodotti da “Mattino5” quando un collega disse che in un bar di Pioltello un gruppo di marocchini aveva brindato alla strage islamista di Bruxelles: la notte dopo il locale venne bruciato. Anche nel romanzo di Settembre la tv funziona come uno specchio ustore: in poco tempo i membri della nuova ‘minoranza’, i vecchi, non possono più neppure entrare in un bar o in un ufficio, senza essere insultati o minacciati come ‘parassiti’ con frasi come: “Lasciate passare la gente attiva. Siamo troppi. Che ci volete fare? Avete già vissuto abbastanza… Siete solo una zavorra”. O peggio ancora: “Pensa nonno che se schiatti fai un favore a tutti! Concime! Così vi renderete utili!”.

Sabato 2 giugno Antonio Padellaro sul Fatto Quotidiano ha scritto: “Il vero problema del governo M5S-Lega non è il vago e generico Contratto ma una campagna elettorale mirabolante. Più che all’Europa o ai mercati ora dovranno rispondere agli elettori. Che prima o poi presenteranno il conto per le promesse non mantenute”. Ora un governo che vince le elezioni con promesse che costeranno 125 miliardi e prevede entrate per non più di 500 milioni dovrà molto presto dare delle spiegazioni agli elettori.

Il rischio molto concreto è che si dovranno cercare dei capri espiatori e non basteranno più quelli su cui Salvini ha costruito la sua carriera tv: i napoletani, i rom, i negri, i musulmani, i gay, l’Europa e i Komunisti. E non basteranno neppure le scie chimiche, le banche, Mattarella o i ‘troll’ cari ai grillini.

Occorreranno categorie sociali molto più estese. C’è solo da sperare che la ‘profezia’ di Settembre non si avveri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/06/pulizia-etica-pronti-a-una-riforma-sanitaria-epocale-ultrasettantenni-toglietevi-di-torno/4404459/

sabato 23 giugno 2018

InCerti luoghi... come una melodia blu


Poesie sul Lago d'Iseo


Imperia. Incontro con Medicina Democratica


venerdì 22 giugno 2018

Di giardini, commedie e processi. La Massoneria a Venezia nell'epoca dei lumi



Nata a Londra nel 1717 la Massoneria moderna si diffuse presto anche in Italia portata da viaggiatori e commercianti inglesi. Venezia fu, con Firenze e Livorno, una delle prime città in cui la nuova società si diffuse negli ambienti intellettuali che guardavano alla rivoluzione dei lumi. Come ogni parto, anche la nascita della Massoneria non fu indolore: ben presto fioccarono le accuse di empietà. sovversione, segretezza. Qualcuno, come Giacomo Casanova, finì in carcere, altri, come Carlo Goldoni, ne presero le difese. Nonostante il mito del “segreto” (che dura ancora) la Libera Muratoria divenne argomento di articoli, opere teatrali, dipinti e persino giardini.

Giorgio Amico

Di giardini, commedie e processi. La Libera Muratoria a Venezia nell'epoca dei lumi

Nella seconda metà del Settecento, soprattutto tra il 1770 e il 1780, cominciò a diffondersi nel Veneto il gusto per il giardino all’inglese o pittoresco. "Non più teatro di feste e di spettacoli con gran concorso di pubblico, come in epoca barocca, il giardino divenne luogo preposto alla meditazione dotta, meta di passeggiate solitarie o in compagnia di piccoli e selezionati gruppi di amici. Con l’abile manipolazione dell’elemento naturale, degli alberi che venivano appositamente selezionati, dei corsi d’acqua, delle rocce, e con la creazione di false rovine, di labirinti, di padiglioni architettonici riproducenti diversi stili del passato, dal gotico al cinese, dal rustico al moresco, di sculture e iscrizioni, il visitatore veniva guidato in una passeggiata didattica e si immergeva in una rappresentazione che poteva essere storica, letteraria, filosofica o, con appositi filtri atti a conservare il segreto, di ambito massonico". (B. Mazza Boccazzi, Simbologia massonica nel giardino veneto tra Settecento e Ottocento, Studi Veneziani, 2002)

Ma i giardini non sono l'unico indizio della presenza della istituzione massonica nella Serenissima Repubblica di San Marco. Tracce evidenti di simbologia massonica si riscontrano anche negli affreschi di Giambattista Tiepolo   che adornano le sale del Palazzo Marchesini-Valle a Vicenza. Affreschi realizzati su committenza del massone Giorgio Marchesini tra il 1750 e il 1760.

Le prime notizie sull'esistenza di logge sul territorio della Repubblica di San Marco risalgono intorno al 1730. Per quanto riguarda Venezia il Francovich fa coincidere il sorgere di una prima loggia con la permanenza nella città lagunare di Thomas Howard, duca di Norfolk, Gran Maestro della Gran Loggia di Londra. Una loggia raggruppante soprattutto residenti inglesi. Sempre il Francovich ipotizza che nel 1738, in concomitanza con la bolla "In Eminenti" di Clemente XII, le logge veneziane venissero chiuse d'autorità per riformarsi segretamente immediatamente dopo. E' solo nel 1746 che si inizia ad avere notizie certe sulla presenza in città di una loggia sempre inglese.

Parte importante in questa storia ebbe il veneziano Giacomo Casanova. Ricordato come seduttore e giocatore, casanova fu un autorevole esponente della massoneria europea di cui fu uno dei principali agenti. Racconta Francovich come  "il suo costante viaggiare dalla Spagna alla Russia, dall'Inghilterra all'Olanda e alla Germania fosse giustificato anche dalla funzione di agente segreto della confraternita. Egli stesso allude più volte a questo suo segreto". (C. Francovich, Storia della Massoneria in Italia dalle origini alla rivoluzione francese, La Nuova Italia, 1975)


Nelle sue Memorie il Casanova racconta di essere stato iniziato alla Libera Muratoria a Lione nel 1751. "Due mesi dopo ricevetti a Parigi il secondo grado e, alcuni mesi dopo ancora il terzo, quello di maestro, che è il massimo. Tutti gli alti titoli che mi fecero prendere in seguito, sono garbate invenzioni, di valore simbolico, che nulla aggiungono alla dignità di maestro".

Rientrato a Venezia nel maggio del 1753, egli entra in stretto contatto con il console inglese John Murray e con Joseph Smith, animatori della loggia massonica operante nella città lagunare, composta in prevalenza da inglesi, ma anche da patrizi e borghesi veneziani. Cosa ben nota in città, tanto da destare curiosità e interesse nei salotti e fra i cittadini. Lo testimonia il fatto che in pochi mesi fra il 1753 e il 1754 ben due commedie trattarono l'argomento, prendendo le difese della società attaccata pesantemente dalla Chiesa e dall'Inquisizione come eretica e sovversiva.


"Le donne curiose" di Carlo Goldoni

A Venezia, il 12 febbraio 1753, a conclusione del carnevale, debutta al Teatro di Sant'Angelo Le donne curiose di Carlo Goldoni. La commedia riportò un buon successo, addirittura superiore, secondo lo stesso autore, alla contemporanea Locandiera, opera di ben altro spessore e complessità. Si, perchè Le donne curiose resta un'opera minore nella produzione del Goldoni, ricordata più per la natura dell'argomento trattato che per le qualità artistiche del testo.

L'azione si svolge a Bologna dove un gruppo di benestanti borghesi sono membri di una “amichevole società”, presieduta dal mercante veneziano Pantalone de' Bisognosi, nella quale trascorrono le serate piacevolmente banchettando e discutendo. Da questa società sono escluse le donne, perchè la loro presenza, secondo Pantalone, potrebbe minacciare con gelosie e discordie la compattezza del gruppo di amici.

Questo divieto suscita la curiosità e il sospetto di mogli e fidanzate. C'è chi sospetta che il marito si giochi i beni di famiglia alle carte, un'altra pensa che il fidanzato incontri altre donne (“Dicono che no ne vogliono, ma noi non vi vediamo”), a un'altra è stato riferito che i loro uomini si dedicano a studi alchimistici alla ricerca della pietra filosofale.

Dopo essersi impossessate con l'inganno delle chiavi della casa dove gli uomini si riuniscono, le donne cercano di introdurvisi per scoprire cosa accada durante quegli incontri, ma senza riuscirvi. Disperate si rivolgono a Brighella, servo di Pantalone, che le fa entrare di nascosto affinchè possano vedere cosa realmente accade in quel luogo. Mogli e fidanzate possono assistere non viste alle cerimonie di quella “amichevole società” e rassicurarsi: in quegli incontri non avviene nulla di male. Quando alla fine vengono scoperte, ogni sospetto è ormai fugato e la concordia ristabilita.

Nelle sue Memorie Goldoni spiega il senso dell'opera: "Era questa Le donne curiose, commedia che, sotto un titolo ben nascosto, ben dissimulato, non altro rappresentava se non una loggia di franchi muratori (...) La commedia fu accolta con grandi applausi. I forestieri ne riconobbero senza indugio il senso nascosto, e i veneziani decisero che se Goldoni aveva veramente indovinato il segreto dei franchi muratori, i convegni della setta non si sarebbero più dovuti proibire in Italia”.

L'intento di Goldoni è chiaro: mostrare come il segreto massonico non celasse progetti di sovvertimento sociale o di corruzione dei costumi, come denunciava la Chiesa, ma soltanto i lavori di una pacifica e illuminata società, formata da uomini di buoni costumi e dedita al perfezionamento dei singoli e alla pratica del mutuo soccorso al di là di ogni barriera di ordine sociale. Va inoltre considerato come proprio nel 1751 il nuovo papa, Benedetto XIV, avesse confermato la scomunica dei massoni pronunciata da Clemente XII nel 1738. La polemica con la Chiesa è trasparente. 

La storia è ambientata a Bologna, città natale del papa e importante sede pontificia. Nella scena nona del primo atto, Rosaura (una delle curiose) affronta il fidanzato Florindo e cerca con moine e pressioni di farsi rivelare i segreti della compagnia. Pur sinceramente innamorato, questi rifiuta di violare il segreto scatenando ulteriori sospetti nell'amata. La battuta che questa pronuncia (“se non vogliono che si veda, vi sarà qualche cosa di brutto”) riprende quasi alla lettera la bolla di scomunica dei massoni promulgata da Clemente XII nel 1738 (“ nisi enim male agerent, tanto nequaquam odio lucem haberent”) con la quale si deplorava che nelle logge venissero accolte persone di religioni e idee diverse e che agli affiliati venisse imposto l'obbligo della segretezza.

"Ma quale mistero!" fa dire Goldoni ai suoi personaggi. “Oibò, freddure. Chiaccole della zente, alzadure d'ingegno de quelli che no volemo in te la nostra conversazione, i quali mettendone in vista per qual cossa de grando, i ne vorave precipitar” dice Pantalone nella scena quarta del terzo atto. E continua esponendo i principi della Società:

"Coss'è sto arcano? Qua no se fa scondagne, no se dise mal de nissun, né se offende nissun. Ecco qua i capitoli della nostra conversazion. Sentì se i pol esser più onesti, sentì se ghe xe bisogno de segretezza.
«Che non si riceva in compagnia persona che non sia onesta, civile e di buoni costumi».
«Che ciascheduno possa divertirsi a suo piacere in cose lecite e oneste, virtuose e di buon esempio».
«Che si facciano pranzi e cene in compagnia, però con sobrietà e moderatezza; e quello che eccedesse nel bevere, e si ubbriacasse, per la prima volta sia condannato a pagar il pranzo o la cena che si sarà fatta, e la seconda volta sia scacciato dalla compagnia».
«Che ognuno debba pagare uno scudo per il mantenimento delle cose necessarie, cioè mobili, lumi, servitù, libri e carta ecc.».
«Che sia proibita per sempre la introduzion delle donne, acciò non nascano scandali, dissensioni, gelosie e cose simili».
«Che l'avanzo del denaro che non si spendesse, vada in una cassa in deposito, per soccorrere qualche povero vergognoso».
«Che se qualcheduno della compagnia caderà in qualche disgrazia, senza intacco della sua riputazione, sia assistito dagli altri, e difeso con amore fraterno».
«Chi commetterà qualche delitto o qualche azione indegna, sarà scacciato dalla compagnia».
(E questo el xe el più grazioso, el più comodo de tutti). «Che sieno bandite le cerimonie, i complimenti, le affettazioni: chi vuol andar, vada, chi vuol restar, resti, e non vi sia altro saluto, altro complimento che questo: amicizia, amicizia». Cossa ghe par? Èla una compagnia adorabile?"



Carlo Goldoni e la Massoneria

E' possibile che Goldoni fosse entrato in contatto con ambienti massonici durante il suo soggiorno in Toscana del 1744-48 e che quindi fosse stato spettatore diretto delle polemiche ivi sorte proprio in merito ai fini "occulti" dell'associazione. Infatti, proprio in quegli anni, un ex benedettino ed ex massone senese, Giovanni Gualberto Bottarelli aveva pubblicato anonimamente due libelli che avevano suscitato grande scalpore in tutta Europa: L'Ordre des Francs-Maçons trahi, et le secret des mopses revelé (1745) e Les francs-Maçons écrasés (1746) in cui si rivelavano i rituali della Massoneria e si sosteneva che essa fosse stata fondata dal rivoluzionario inglese Oliver Cromwell con l'intento di sovvertire l'ordine politico esistente, abbattere le monarchie e instaurare il comunismo.

Nel 1746 poi era apparso Relazione della Compagnia de' Liberi Muratori di Valerio Angiolieri Alticozzi, gentiluomo di Cortona, in cui l'autore conferma l'esattezza delle notizie sui rituali pubblicate dal Bottarelli, ma nega che la Massoneria abbia fini eversivi. Quando questo libro uscì Goldoni viveva a Firenze e deve averne avuto conoscenza diretta. Prova ne sia che l'Alticozzi racconta la storia di una giovane ginevrina, mademoiselle Chantillon, che gelosa del suo innamorato massone, vestita da uomo tenta di penetrare nella sua loggia e di farsi addirittura iniziare. La coincidenza dei particolari con quanto rappresentato ne Le donne curiose è tale da escludere ragionevolmente che si tratti di semplice casualità.

Gli indizi di stretti rapporti fra il commediografo veneziano e la Massoneria sono numerosi e paiono confermare l'appartenenza di Goldoni all'istituzione liberomuratoria. Dato non sorretto da prove documentali e di conseguenza rifiutato da una parte degli studiosi, ma, come si diceva, suggerito da numerosissimi indizi. Oltre quanto scritto nelle Memorie, molti suoi amici e conoscenti erano massoni, fra i quali proprio i gentiluomini inglesi amici di Casanova. Scrive a questo proposito Francovich: "Non sappiamo se lo stesso Goldoni facesse parte della loggia veneziana; documenti in merito non esistono. Ma la lunga amicizia con Parmenione Trissino, venerabile della loggia di Vicenza, e con molti altri patrizi veneziani, che figureranno nell'elenco dei massoni del 1785, farebbero propendere per il si. (...) Nella sospettosa Repubblica di San Marco prendere apertamente le difese di una società segreta. Doveva richiedere un certo coraggio, che a nostro avviso, si giustifica meglio come autodifesa". E ancora: "Le prudenti ma chiare affermazioni di democrazia che si possono leggere ne Le donne curiose, sono perfettamente in chiave con i principi della libera muratoria inglese".




"I Liberi Muratori" di Francesco Griselini

L'anno successivo (1754) uscì a Venezia I Liberi Muratori, un'altra commedia il cui carattere muratorio è esplicito già nel titolo. L'opera, che stranamente non fu mai rappresentata in teatro, ebbe però un certo successo nelle librerie tanto da essere dopo pochi mesi ristampata e poi ancora ripubblicata nel 1785.

L'autore era Francesco Griselini, figura di modeste origini ma di non secondaria importanza nell'ambito dell'illuminismo italiano, intellettuale multiforme (pittore, commediografo, studioso di filosofia e di scienze naturali d economiche, giornalista), sicuramente massone. Il Griselini usa per firmare l'opera l'anagramma Ferling Isaac Crens "fratello operaio della loggia di Danzica" e pone come località di stampa la città di Libertapoli. In apertura pone una dedica a Aldinoro Clog, anagramma questa volta di Carlo Goldoni.

Anche questa commedia, di scarsissimo per non dire inesistente valore artistico, tratta di donne curiose che tentano di penetrare in una loggia per scoprirne i segreti. Ma Griselini non si limita come il più illustre collega a mettere in ridicolo le dicerie anti massoniche, ma descrive con dovizia di particolari gli arredi e gli oggetti della loggia, l'insediamento del nuovo Maestro Venerabile. La precisione con cui egli descrive le varie fasi del cerimoniale mostrano chiaramente la volontà di far conoscere ai profani cosa sia veramente la Massoneria in modo da rendere evidente l'infondatezza delle accuse di segretezza e di comunismo.

Illuminante è il discorso del Segretario nella quarta scena del quinto e ultimo atto in cui questi dichiara:

“Vi sono poi certi maligni che ci giudicano come persone che nodriscono delle massime opposte alla pubblica quiete, contrarie agli interessi de' principi (...) rivolte a studiare il modo di (...) rivolgere il sistema delle presenti dominazioni, riduceno il mondo a un'universale repubblica, ove tutti servano e comandino, che il tutto sia di tutti (...) [Costoro] non s'avvedono che, se la nostra società covasse un pensamento così contrario alle mire politiche del principato (...) non verressimo tolerati in qualche città dove le nostre loggie si possono mostrare a dito? Con queste prevenzioni in vienna ed in Napoli non che a Berna furono sorprese delle loggie con i franchi muratori radunati. Furono carcerati; ma, conosciuta la loro innocenza e ch'essi non nutrano cattive intenzioni, furono riposti incontinente il libertà".

Ma chi sono allora i massoni per Griselini? La risposta va ben oltre a quanto affermato dal Goldoni che aveva in qualche modo ristretto il fine della Massoneria al semplice perfezionamento morale individuale da raggiungersi attraverso l'amicizia e le buone opere, per assumere valenza sociale e dunque, nonostante le stesse affermazioni dell'autore, politica.

I Liberi Muratori sono "un ceto di persone illustri, che altro non annidano nella loro mente che idee magnanime e sublimi. Aspirano a far rinascere nel mondo l'età felice dell'oro, ed a sbandire la miseria e la povertà dal consorzio umano"

Dunque in pochi mesi ben due opere teatrali trattano della Massoneria e questo non passò di certo inosservato agli ambienti conservatori e filo papali, rinfocolando sospetti e paure. Come non passò sotto silenzio che nella polemica allora in corso fra Carlo Goldoni e l'ex gesuita Pietro Chiari sugli ambiti e gli scopi della "Commedia" e in cui il primo sostiene contro la stanza riproposizione della vecchia commedia dell'arte fatta di personaggi stereotipati una nuova commedia capace di rappresentare la società borghese in formazione, il massone dichiarato Giacomo Casanova si schieri apertamente a fianco dell'amico usando toni irridenti nei confronti del teatro dell'abate Chiari considerato semplice riproposizione di temi e situazioni ormai da tempo superate, sterile "copiar carte".


L'arresto di Giacomo Casanova

Paure e sospetti, aizzati dalla corte papale e dalle stesse gerarchie ecclesiastiche venete, che finirono infine per scaricarsi sull'anello più debole e al tempo stesso più noto della catena massonica, quel Giacomo Casanova, libertino e presunto baro, accusato di spingere i giovani all'ateismo con le parole e l'esempio della sua vita dissoluta. 

"... essendomi portato questa mattina alla di lui casa... mi fece vedere una pelle bianca, che aveva in detto baule, in forma di una piccola traversa da potersi cingere alla vita, le ho domandato in che se ne servisse, mi rispose che quella si usa quando si va in un certo luogo, ove si adoperano anche dei ferri, et un abito nero, le ricercai dove fossero i ferri e l'abito, mi disse che si tengono nella loggia, perchè di troppo pericolo sarebbe tenerli in casa".

Sulla base di rapporti come questo di spie e informatori, Giacomo Casanova fu arrestato e interrogato; davanti ai giudici si comportò con coraggio: ammise la sua appartenenza alla Massoneria, ma rifiutò di rivelare agli inquisitori notizie sui riti e i partecipanti. Fu così condannato a cinque anni di carcere da scontare ai Piombi, dai quali riuscì a fuggire forse con l'aiuto dei "fratelli" quindici mesi dopo il suo arresto.

Al di là degli aspetti più legati alla discussa e contraddittoria figura dell'avventuriero veneziano, questo processo riveste grande importanza per gli storici delle origini della Libera Muratoria in Italia confermando la presenza di una loggia a Venezia in quegli anni e come ciò venisse vissuto come una possibile minaccia per l'ordine costituito.Situazione destinata a durare con alti e bassi fino all'arrivo alla fine del secolo delle truppe francesi e al formarsi di quelle logge napoleoniche destinante a diventare poi all'inizio del XIX secolo il primo Grande Oriente d'Italia.

giovedì 21 giugno 2018

Diavoli, santi e streghe nelle Alpi Marittime. San Bernardino di Triora



Noi Liguri siamo gente di montagna e il nostro immaginario più che di mare è fatto di pietra.

Giorgio Amico

Diavoli, santi e streghe nelle Alpi Marittime. San Bernardino di Triora

Ci sono porti dove è impossibile prima o poi non approdare. Almeno per noi liguri, marinai di montagna, navigatori di valli e crinali. Proprio noi che sempre abbiamo guardato al Mediterraneo come ad una grande pianura racchiusa fra monti. E che per questo non smettiamo mai (come fa Angelo Nicolini nella sua splendida ricerca su Savona alla fine del Medioevo) di ringraziare Fernand Braudel per aver dedicato tutta la sua opera (e la sua vita) a chiarirci questo concetto, che comunque ci portavamo già dentro, lascito delle generazioni che ci hanno preceduto.


San Bernardino di Triora e il suo ciclo di affreschi è uno di questi porti dell'animo. Non dimenticando Taggia, antica e nobile città, ricca di palazzi e di chiese che testimoniano di un passato glorioso.


Fontane dove si abbeveravano carovane di muli prima di partire per le vie del sale, portici ombrosi dove un tempo si accatastavano mercanzie arrivate da lontano, dal mare o dalla linea grigia dei monti che tiene la valle come in un abbraccio.


Montagne mai viste come separazione o frontiera, ma come ponte fra terre e genti. Luogo di passaggio per pastori transumanti, mercanti e pellegrini e anche qualche volta soldati. Terre alte, popolate da uomini rudi e silenziosi, che sentivano tuttavia il dovere dell'accoglienza e dell'ospitalità, come testimonia ancora oggi l'antico Ospedale di Taggia .

    

Salendo da Molini, San Bernardino ci appare all'improvviso, appena sotto il borgo. Chiesa anomala e misteriosa a partire da quell'ingresso laterale porticato, forse testimonianza sopravvissuta di una più antica cappella di epoca carolingia di cui si è persa memoria.


Costruita all'inizio del XV secolo, affrescata a più riprese (e forse da mani diverse) fra il 1466 e i primi anni del Cinquecento, già in precarie condizioni nel 1701 quando la Curia lamentò che l'edificio fosse diventato un deposito per i covoni di grano. Un dato riscontrabile anche in altre realtà delle Alpi Occidentali e che forse andrebbe letto a partire da una diversa angolazione, quella antropologico-culturale utilizzata da Nicolas Carrier et Fabrice Mouthon nel loro studio sulle Alpi nel Medioevo.


E misteriosa San Bernardino lo è soprattutto per il grande ciclo di affreschi che, davanti allo sguardo stupito degli abitanti di Triora, iniziarono a riapparire nel 1895 da sotto lo spesso strato di calce che nel 1586 Monsignor Mascardi, visitatore apostolico proveniente dalla Curia di Albenga, aveva fatto stendere a coprire quelle rappresentazioni per lui al limite del blasfemo. Corpi nudi di dannati, uomini e soprattutto donne, attorniati da diavoli, raffigurati in posizioni talmente allusive da essere per il colto monsignore la dimostrazione insopportabile della rozzezza barbarica di quelle popolazioni. E dunque meglio cancellare tutto e che non ne restasse neppure il ricordo.



Scene terribili di sofferenza e di disperazione, raccontate con un realismo potente, disegnano un mondo infero, regno di un Satana insaziabile, dove il posto d'onore spetta a “fattucchiere e gazari”: luogo comune della narrazione pittorica di allora e al tempo stesso inquietante premonizione di ciò che proprio a Triora sarebbe realmente accaduto quasi un secolo più tardi.



Dolore e disperazione che preludono alla rappresentazione del Purgatorio, recente acquisizione (come ci ricorda Jacques Le Goff) dell'immaginario collettivo cristiano, e poi del Paradiso, Gerusalemme celeste, luogo di armonia e di pace.



Sulla controfacciata una bellissima crocifissione evidenzia la bravura dei pittori: Giovanni Canavesio probabilmente, forse anche i fratelli Biazaci.


E poi, cammeo isolato, una straordinaria scena di mare, quasi di sicuro un ex voto, ci ricorda che siamo nelle Alpi del mare e che i liguri sono marinai di montagna.











sabato 16 giugno 2018

giovedì 14 giugno 2018

I corpi dei migranti indifesi ridotti a ostaggi



Cos’è la Dignità se non il riconoscimento che ogni essere umano ha gli stessi diritti per il solo fatto di esistere, di essere venuto al mondo, di occupare uno spazio unico ed irripetibile nell’eterno ciclo dell’esistenza?” Una riflessione di Raffaele K. Salinari sul caso della nave Aquarius.

Raffaele K. Salinari

I corpi dei migranti indifesi ridotti a ostaggi


L’odissea dei naufraghi ospitati sulla nave Aquarius è la metafora di una disegno che travalica gli angusti, e per molti versi tragici, ambiti della politica italiana, per trasportaci, come si conviene ad ogni metafora, verso un orizzonte di livello europeo e mondiale più vasto, che l’episodio della chiusura dei porti italiani a donne incinte e bambini, sembra illuminare di una luce oscura.

La consapevolezza che la posta in gioco sia molto più alta del destino della nave, e qui la parola riprende tutta la sua profonda gamma di significati, emerge chiaramente dalla definizione che, giustamente, è stata data degli esseri umani coinvolti: ostaggi.

Il risultato, infatti, ricercato cinicamente attraverso i corpi di queste persone, non a caso i più esposti e dunque i più indifesi, è nulla di meno che lo smantellamento delle Convenzioni internazionalmente accettate che permettono ancora di riconoscersi tutti all’interno della stessa appartenenza.

E qui, evidentemente, il corpo migrante, con tutti i suoi significati e significanti simbolici, diventa la massima espressione di una biopolitica che, come suo scopo ultimo, pretende di imporre proprio questa frattura all’interno della specie umana.

Da una parte allora si immagina una minoranza privilegiata perché titolata di tutti i Diritti e, dall’altra, oltre i vari muri, una maggioranza che, via via li deve perdere, affinché gli altri possano continuare a beneficiarne.

E infatti, nella modernità liberista, competitiva e consumogena, non c’è spreco e lusso per tutti. Questa operazione, che si deve però confrontare e sostenere attraverso i meccanismi di quel che resta delle democrazie formali nel loro degradare progressivamente in democrature, ha bisogno di cancellare il tratto comune alla specie umana: la dignità di ognuno.

Non a caso è questo il pilastro sul quale si fonda la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. E cos’è la Dignità se non il riconoscimento che ogni essere umano ha gli stessi diritti per il solo fatto di esistere, di essere venuto al mondo, di occupare uno spazio unico ed irripetibile nell’eterno ciclo dell’esistenza? Ridurre le persone ad oggetto di una transazione politica, renderle appunto ostaggio, significa privarle della loro dignità e dunque creare una scissione profonda all’interno del corpo unico ed indivisibile della nostra specie, indivisibile come lo sono i Diritti Umani.

Le Convenzioni che sono state violate sotto la spinta del Ministro degli Interni, evidentemente incapace di vedere al di là dell’ego dei suoi elettori in preda alle paure profonde ed inconfessabili che li agitano nel loro passare la domenica a passeggio tra le vetrine dei centri commerciali quando vengono disturbati nelle loro fantasie di possesso dai negri che chiedono le elemosina, include tutte le regole internazionali in materia di rifugiati e di soccorso umanitario.

È allora chiaro, o lo dovrebbe essere, a chi ha ancora occhi per vedere l’orizzonte più vasto, che la catena delle Convenzioni internazionali, incluse quelle che concernono l’ambiente, i diritti del lavoro, gli standard minimi di salute e di istruzione, la parità di genere, e via enumerando, è forte quanto il più debole del suoi anelli, in questo caso la violazione delle Convenzioni sul diritto di asilo, del soccorso in mare e di protezione dell’infanzia, da parte dell’Italia leghista e grillina.

Ma attenzione, quello che oggi riserviamo a queste persone già domani lo riserveremo ad altri soggetti diversamente deboli, che devono restare fuori dai supermercati o al massimo diventare parte della merce. Che gli elettori stanchi e delusi dalle debolezze e subalternità ideologiche della sinistra comincino a guardarsi dentro, a ripensare alle origini di molti dei loro cognomi, ai viaggi degli antenati, a quali lavori vorrebbero fare tra quelli che suppostamente tolgono i nuovi arrivati, e forse troveranno ragioni per interrogarsi questo plebiscito sovranista che hanno favorito solo con la loro paura di affrontare un ineludibile cambiamento che la vita stessa ha già deciso di attuare.

il manifesto – 14 giugno 2018

martedì 12 giugno 2018

L'arcano sentiero




La Compagnia degli Spostati presenta l'Arcano Sentiero, spettacolo itinerante sulla fortezza del Priamar. Verrete accompagnati in un suggestivo viaggio attraverso la magia dei Tarocchi, vi immergerete in un mondo di suoni, vibrazioni e colori.
Con un cast di circa trenta attori, danzatori e musicisti la compagnia vi propone un' esperienza multimediale suggestiva, dove le emozioni contano più delle parole.

Per info e prenotazioni chiamare il numero: 345 2117738


Idea e testi di Francesca Pierattini, 
Regia di JeanPierre Lozano 
Musiche di Sandro Signorile

Il viaggio in sé di Mauro Marcenaro


giovedì 7 giugno 2018

OM αφιλοσοφια che figurato amore




Lunedì 11 giugno, alle ore 17,00
presso la Biblioteca Universitaria di Genova (ex Hotel Colombia, via Balbi 40)
PAOLO DELLA GRAZIA
SANDRO RICALDONE
GIORGIO ZANCHETTI

presenteranno il volume di MARTINO OBERTO

OM αφιλοσοφια
che figurato amore
a cura di Lorena Giuranna e Giorgio Zanchetti
(Pasian di Prato, Campanotto Editore, 2017)

In questo “libello”, consegnato a Paolo Della Grazia nel 2011 e pubblicato da Campanotto sei anni più tardi, Martino Oberto - figura storica della ricerca verbovisiva, fondatore con Anna Oberto e Gabriele Stocchi di Ana Eccetera (1958-1971), cineasta sperimentale - ha raccolto pagine in cui si confronta con l’immagine della scrittura, “una VISIONE ESTATICA in chiave di DESTRUTTURAZIONE DEL LINGUAGGIO dall’IMAGINARIO interiore”, appuntando in una sorta di diario alcuni dei temi costanti della sua riflessione: lo SPENSARE, azzardo afilosofico oltreconfine tra il Tractatus di Wittgenstein e l’Axiomatik di Rogge; la filosofia della barra; l’alfa privativo come leva; l’aforisma come impromptu antiteorico …

Nei fogli raccolti in questo volume postumo – secondo quanto osserva Paolo Della Grazia nella postfazione – «l’alfabeto di segni e colori, la parola scritta di OM, realizzano in senso virtuale e artistico la complessità che presiede i meccanismi della mente. (…)  La doppia valenza del “fare arte” di OM, nel senso che la sua scrittura è immagine e parola, dà la dimensione della complessità della realtà contemporanea e soprattutto evidenzia le infinite verità che in essa coesistono, un universo da interpretare e non solo da raffigurare».


mercoledì 6 giugno 2018

Di muli e di naja



Un post su FB di un amico ha risvegliato ricordi e fatto riscoprire una vecchia foto.

Giorgio Amico

Di muli e di naja

“Muli cattivi zaini pesanti
e sempre avanti
bisogna andar.
Sempre in avanti,sempre in colonna
per la Madonna
la finirà”.

Cantavamo così durante la naja, anche se mi pare di ricordare che l'invocazione alla Madonna fosse un po' più colorita e molto meno pia.

Fai attenzione ai muli, ti dicevano i vecchi appena arrivavi in caserma. Sono animali infidi, mordono e tirano calci a tradimento. In montagna si piantano sulla pista nei punti più difficili e non vanno più né avanti né indietro.

Nelle camerate aleggiavano fantasmi terrificanti: la leggenda che i muli fossero intoccabili per l'Esercito e che un mulo “cattivo” potesse essere abbattuto solo dopo l'uccisione del terzo alpino.

Di alpini morti a causa dei muli non mi toccò mai di vederne, di muli maltrattati per la stupidità  di chi doveva prendersene cura invece si.

Eppure la salmeria non era poi un brutto posto dove stare. Forse con troppe mosche in estate, ma caldo in inverno. Ci finivano i montanari che conoscevano l'arte di governare gli animali, gli imbranati che rischiavano di spararsi nei piedi e qualche rompiscatole incorreggibile. Per questo era un buon posto dove imboscarsi in quelle giornate che non finivano mai in attesa della libera uscita.

In salmeria sentivi storie incredibili di ogni genere: di sesso, di montagna, di vita. E poi c'erano i muli. Immobili, ti guardavano con l'aria un po' inquietante di chi sa, di chi vede cose che tu neppure puoi immaginare.

Scaglione dopo scaglione noi passavamo, loro restavano con quell'aria disincantata e un po' sorniona di chi ormai non si stupisce più di nulla, di chi ne ha sentite tante. Imperturbabili davanti alle nostre storie un po' esagerate di ragazzi in divisa.





martedì 5 giugno 2018

Nel decimo secolo di Ferrania...


Sabato 9 giugno si svolgerà il convegno storico, intitolato Nel decimo secolo di Ferrania …, che avrà luogo nella chiesa parrocchiale di San Pietro e Paolo della stessa Ferrania, attuale comune di Cairo Montenotte (Sv). Sarà anche l’occasione per effettuare una visita approfondita della chiesa e dell’esposizione museale di San Pietro, oltre ad una passeggiata naturalistica nel parco.
Il convegno è organizzato da “Società Savonese di Storia Patria” e “Istituto Internazionale di Studi Liguri-Sezione Valle Bormida”, in collaborazione con “Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo-Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Liguria”. Hanno concesso il patrocinio la “Città di Savona” e la “Città di Cairo Montenotte”.
Nell’Archivio di Stato di Savona (via Valletta San Cristoforo 15r, 17100 Savona, telefono e fax 019 8335227) - a partire dall'11 giugno e negli orari di apertura consueti - è allestita una mostra-esposizione con i principali documenti del fondo ‘Abbazia di Ferrania’, tra cui la pergamena originale del 1097.

lunedì 4 giugno 2018

Lia Franzia e Umberto Stagnaro alla Galleria Ghiglieri di Finale


Incominciamo a parlarne.

Cuneo. "Il pastore di stambecchi"


Un personaggio indimenticabile, una scrittura pulitissima, un'autrice capace di una partecipazione emotiva e umana intensissima. Il tutto a fare un libro davvero bello.

Imperia. "quellidisanleonardo"



Sabato 9 giugno alle ore 21.15 al Teatro dell'Attrito di Imperia "Quelli di san Leonardo", di e con Renato Donati, spettacolo teatrale dedicato alla memoria del comandante Partigiano Felice Cascione per il centenario della sua nascita.

Info e prenotazioni al numero 329 49 555 13

venerdì 1 giugno 2018

"A" Personale di Alex Raso


Il 2 giugno alle ore 18.00
presso la Galleria Eleuheros di Albissola

inaugurazione di “A”
personale di Alex Raso

curata da Riccardo Zelatore

In un mondo massificato e superficiale, incapace di attenzione e frettoloso, Alex Raso continua ostinatamente a testimoniare che un altro sguardo è possibile. Uno sguardo senza tempo, capace di cogliere il particolare e l'ambiguità insita nelle cose. Una capacità di rappresentare l'essenziale, quasi per sottrazione, che fa del silenzio una disciplina interiore. Visitare una mostra di Alex è sempre un viaggio iniziatico alla ricerca del non detto che ci portiamo dentro e le sue opere uno specchio in cui ritrovarci.