TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


domenica 25 settembre 2011

"Rivoluzioni in corso", numero doppio di Guerre & Pace


E' disponibile il n. 163/164 (doppio) di GUERRE & PACE ( dal 1993 rivista di informazione internazionale alternativa), dedicato alle rivoluzioni in Medio Oriente e Nord Africa. Ne pubblichiamo l'Editoriale e il Sommario.


Rivoluzioni in corso

Gli avvenimenti cominciati alla fine dello scorso anno in diversi paesi del nord Africa e del medioriente sono stati analizzati e considerati in diversi modi.

Qualcuno ha parlato di vere e proprie “rivoluzioni permanenti”, cominciate con una rottura degli equilibri politici in seguito ad una mobilitazione di massa che ha portato nelle strade – propriamente – soggetti sociali e cittadine/i che hanno ritenuto ormai insopportabile la situazione che stavano vivendo.
Altri hanno invece considerato il movimento in corso come un fuoco di paglia, un semplice ricambio della parte più indifendibile di una classe politica necessario perché tutto potesse rimanere come prima, sul piano economico e delle relazioni internazionali – tra questi alcuni hanno addirittura considerato le rivolte come eterodirette e funzionali ad una maggiore presenza degli Usa, analisi che richiama quanto successo nelle varie “rivoluzioni arancioni” dell’est europeo. Tra queste posizioni tante altre che possiamo definire “intermedie”.

A noi sembra che quanto è accaduto rappresenti una rottura storica estremamente interessante e importante, un movimento che avrà conseguenze per lungo tempo e che porterà a trasformazioni in tutta la regione.

Il primo elemento di interesse sta nel protagonismo politico di cui si sono ri-appropriate migliaia di donne e uomini, soprattutto giovani. Un protagonismo politico che nasce da spinte diverse – sociali, lavorative, di esclusione, morali ecc – e che trova un momento unificante nella pizza, nella protesta contro regimi autoritari che controllano tutti gli aspetti della loro vita. Nei racconti dalla Tunisia e dall’Egitto (ma anche da altri paesi come l’Algeria, il Marocco, la stessa Palestina...) riconosciamo questo protagonismo da parte di giovani studenti e/o precari, lavoratori, donne che affermano una soggettività mai domata – e riconosciamo i caratteri di analogia tra loro e persino con quanto si vede nelle mobilitazioni nella “vecchia” Europa.

L’altro elemento che ci sembra altrettanto importante di questo protagonismo è la messa in discussione delle regole delle relazioni internazionali e la possibilità di una rivolta generalizzata contro le politiche di gestione della crisi globale. Una possibilità che si è affacciata in alcune iniziative e in alcune rivendicazioni (sia di tipo salariale che di carattere più complessivo, come la richiesta di annullamento del debito...). In generale Stati uniti e governi europei, come Fmi e banca mondiale, hanno compreso le possibilità di questa rottura che li preoccupa molto e hanno cercato di reagire in diverse maniere – dal tardivo abbandono dei dittatori tunisino ed egiziano, all’intervento militare in Libia e Bahrein, alle contraddittorie mosse rispetto alla situazione in Yemen e in Siria – e con la solita concorrenza di potenze che cercano di affermare una propria presenza egemone in alcune aree della regione.

Questo numero di Guerre&Pace non vuole e non potrebbe essere abbastanza esaustivo da affrontare tutti i nodi ancora da sciogliere delle “rivoluzioni in corso” e si limita a proporre alcune analisi, testimonianze, documentazioni che aiutino a comprendere cosa sta accadendo nei paesi arabi. Per meglio focalizzare i caratteri di questa primavera araba, e le sue contraddizioni, ci siamo limitati ad affrontare alcuni paesi, per diversi motivi sintomatici: Tunisia ed Egitto per la caduta dei dittatori e per la presenza di una mobilitazione che non sembra essersi fermata ad una ricambio al vertice ma pone la questione della partecipazione e della giustizia; la Libia, dove i primi fermenti di mobilitazione popolare sono stati ferocemente repressi e hanno poi portato ad una guerra civile e ad un intervento militare occidentale che hanno aperto un dibattito aspro anche nelle fila della sinistra e del movimento anti-guerra; la Siria, dove prosegue una mobilitazione anche qui ferocemente repressa, in un paese particolare e centrale per gli equilibri nella regione mediorientale; la Palestina, perché rimane una ferita aperta senza la soluzione della quale non è possibile alcuna alternativa generale nei paesi arabi.

Chiude il numero un articolo sulla realtà delle migrazioni dall’Africa, non solo del nord, legata alla nuova situazione conseguente alle rivolte arabe e alla volontà europea di chiudere al più presto le frontiere impedendo qualsiasi passaggio tra le due sponde del Mediterraneo. Un’ennesima conferma di quanto le rivoluzioni in corso riguardino anche tutte/i noi.


SOMMARIO


Presentazione
RIVOLUZIONI IN CORSO
Fine di un'era, Michael T. Klare
Neoliberisti all'attacco, Patrick Bond
Dignità dei popoli, Rashid Khalidi
Apriamo il dibattito, Daniel Tanuro
TUNISIA
Da popolo a cittadini, Nadia Marzouki
Una rivoluzione in divenire, intervista a J.B.B.Zoghlami
Un paese in fermento, Wassim Azreg
La rivolta di Gafsa, L.Chuikha e V.Geisser
EGITTO
L'Egitto fa la storia, Chedid Khairy
Prassi Rivoluzionaria, Mona El-Ghobashy
Il ruolo dei poveri, Lina El-Wardani
Organizzazioni politiche e movimenti sociali , Unione Sindacale Solidale
Per un'ampia alleanza, intervista a Tamer Wageeh
Lavorare per l'unità, Olga Rodriguez e Dina Samak
La nuova fase, Mustafa Omar
LIBIA
Libia: silenzi e imcompresioni, redazione
Scenari di Guerra, Nicolas Pelhman
Dei principi e dei pericoli, Merip
Dibattito sulla Libia, M.Albert e S.Shalom
Perchè no alla guerra, Kevin Ovenden
PALESTINA
Giovani palestinesi in movimento, Noura Erakat
Lo stato delle cose, Piero Maestri
ISRAELE
Israele e le masse arabe, intervista a Micheal Warshawski
SIRIA
Le occasioni perdute di Assad, Casten Wieland
Le radici della rivolta, Yacov Ben Efrat
Contro qualunque intervento straniero,
intervista a Wagdi Mustafa
Richieste interne, programmi esterni, Nassar Ibrahim
IMMIGRAZIONE
Sulla pelle dei migranti, G. Famà e G. Paciucci
Da un cane da guardia all'altro, Annamaria Rivera
CHIESA
Orfani del caimano, Walter Peruzzi
NUCLEARE
Liberiamoci dal nucleare, Angelo Baracca
RECENSIONI
a cura di Gianluca Paciucci


Il costo del numero monografico RIVOLUZIONI IN CORSO è di euro 10 (comprensivo delle spese di spedizione) L’abbonamento annuo -5 numeri- costa euro 40,00. Il versamento va effettuato ccp 24648206 intestato GUERRE E PACE, MILANO.

Per richiedere una copia, arretrati o info scrivi a guerrepace@mclink.it

giovedì 22 settembre 2011

Il Risorgimento dei protestanti

Venditore itinerante di materiale biblico per la Claudiana

Il Risorgimento non fu solo processo di liberazione nazionale, ma anche l'avvio di un percorso culturale e politico per un'Italia diversa, più tollerante e civile, purtroppo ancora oggi largamente incompiuto. In questo processo fondamentale fu il ruolo della piccola minoranza evangelica così come della comunità ebraica.

Giuseppe Platone

Il Risorgimento dei protestanti


Perchè il mondo evangelico italiano è così interessato alle tematiche risorgimentali? Semplice: rappresenta la cifra della sua apparizione sulla scena pubblica italiana. Estirpato per secoli dal rullo compressore della Controriforma nell'800 emerge con grande vitalità.

Le radici del protestantesimo vanno molto più in profondità, partono dal messaggio della Riforma protestante del XVI secolo. Ma il Risorgimento ha, per così dire, creato le condizioni che un nuovo vento di libertà e di rinascita spirituale percorresse il Paese, nel suo tumultuoso e cruento processo d'unificazione.

Sino al 1848 la chiesa valdese era l'unica realtà riformata italiana. Ben rinchiusa e sigillata nel ghetto alpino dei Savoia. Si tenevano prima di allora culti riformati presso ambasciate straniere, c'erano individui isolati, imprenditori o nobili illuminati come il conte Piero Guicciardini di Firenze che (1836) entrato in contatto con le idee riformate d'oltralpe le fece proprie ma dovette andare in esilio.

Con l'apertura del ghetto valdese, grazie allo Statuto albertino, voluto da Cavour, Gioberti, D'Azeglio e altri, nel 1848 il protestantesimo fa pubblicamente capolino nel nostro Paese. E così i valdesi, che sino ad allora parlavano in francese, grazie al Risorgimento, si italianizzarono. Quei quindicimila montanari con i loro tredici pastori guardarono all'Italia, che stava loro di fronte, con uno sguardo nuovo. Quello di una nuova cittadinanza. Una febbre evangelistica percorse la penisola. Poi giunsero altre missioni da paesi di tradizione protestante: Metodisti, Battisti. Per non dire della stessa chiesa dei Fratelli (di origine inglese) o la Chiesa libera animata dal focoso predicatore Alessandro Gavazzi, cappellano tra le truppe garibaldine.

Un mix di spinte diverse, nazionali ed internazionali, tenute insieme da una coraggiosa passione per il Libro, l'idea era quella di approdare ad una riforma religiosa e spirituale del Paese quindi politica.

Il Risorgimento ha reso visibile, con l'apertura dei ghetti e lo scorrere di nuove correnti evangeliche, una prima forma di pluralismo religioso. La religione di stato rimaneva quella cattolica romana; gli altri culti erano tollerati. Al tempo le minoranze storiche in Italia erano due: quella ebraica e quella valdese. La specificità ebraica è stata ed è una ricchezza per il tutto il paese. Giova ricordare il rabbino Lelio Cantoni che fu tra gli autori, con discrezione e acutezza, dello Statuto albertino del 1848 che aprì i ghetti.

Indietro non si poteva più tornare. Il pluralismo religioso (anche se solo tollerato) era ormai destinato a crescere. E in un secolo e mezzo (particolarmente in questi anni recenti) ha fatto notevoli balzi in avanti al punto che oggi presenta il conto. Basti solo pensare alle difficoltà che si riscontrano in molte città italiane nel costruire un luogo di preghiera per i musulmani. Considerato un problema di ordine pubblico.

Libertà religiosa: rimane uno degli aspetti incompiuti che il Risorgimento ci consegna. E poi la cultura.

Il tempio e la scuola, il binomio ottocentesco protestante. Non c’è l'uno senza l'altro. L'idea che ciascuno possa leggere direttamente la Bibbia e farsi una propria opinione, al di là di tutele magisteriali, è un fatto culturale che si lega alla fede. Una fede che non delega ad altri la conoscenza ma intende, in prima persona, capire e interrogarsi.

Sintomatico il fatto che nell'800 italico anafalbeta al 90 per cento nel piccolo mondo delle Valli Valdesi non si sapeva cosa fosse l'analfabetismo. Il "nocciolo" dell'epopea evangelica risorgimentale risiede in un incondizionato amore per la Parola biblica che invita al cambiamento. Il gusto, insomma, di lottare con un testo a colpi di domande e libere considerazioni costituisce un fatto culturale di grandissima importanza. Esprime, cioè, la libertà di coscienza da cui discendono tutte le altre libertà.

Quel po' di spazio che il protestantesimo si è guadagnato in Italia, in un secolo e mezzo di storia, ha dietro sè immensi sacrifici, certo anche errori e delusioni. Percorrendo la documentazione storica di quegli anni lontani - inquadra magistralmente tutta la questione, lo storico Giorgio Spini in "Risorgimento e protestanti"(Claudiana editrice) - restiamo sorpresi di come questi "colportori", evangelizzatori, pastori e le loro mogli, insegnanti siano riusciti a resistere e contrastare il despotismo e l'assolutismo.

Fu una lotta per liberarsi dalla tirannide del papa, dell'Austria, dei Borboni… ogni volta che il pensiero unico vuole centrifugare le coscienze il protestante insorge. È il suo faticoso destino quando sarebbe così agevole godere dei benefici della doppia morale così fruibile e diffusa. Non costa nulla, è un prodotto locale, e produce opportunismo in abbondanza. Uno dei prodotti ideologico-religiosi più diffusi nel nostro Paese che non ha realmente conosciuto la rivoluzione protestante.

(Da: www.evangelici.net)

domenica 18 settembre 2011

Mario Novaro, Murmuri ed echi





A Firenze, il 19 settembre , si terrà la presentazione dell'edizione critica di Murmuri ed Echi di Mario Novaro. Un evento importante per la cultura italiana.


Mario Novaro - Murmuri ed echi

L'edizione critica delle poesie di Mario Novaro (pubblicata dall’editore genovese San Marco dei Giustiniani nel 2011, con una prefazione di Giorgio Ficara) è inscritta in un più ampio progetto dì ricerca, promosso dalla Fondazione Mario Novaro e dall'Università degli Studi di Genova, con il sostegno della Provincia di Imperia. L'edizione, a cura di Veronica Pesce, è il risultato di un lavoro condotto sul doppio binario dell'analisi critica della poesia e della poetica di Mario Novaro e della ricerca d'archivio.

Murmuri ed Echi è l'unico volume di poesie di Novaro, la cui prima edizione risale al 1912 (editore Ricciardi); il libro, che durante gli anni ha subìto molte modifiche ed aggiunte, ha avuto altre quattro edizioni vivente l’Autore (1914, 1919, 1938 e 1941), mentre la definitiva, curata da Giuseppe Cassinelli, è stata pubblicata postuma nel 1975 da Scheiwiller.

Questa edizione, alla quale la curatrice ha dedicato un paziente, approfondito e appassionato lavoro di ricerca, intende privilegiare le redazioni storiche della raccolta, mettendo in luce la genesi e le principali trasformazioni della poesia novariana: la sua nascita in forma di prosa, esito del peculiare percorso di formazione filosofica compiuto dall'autore e la successiva trasformazione lirica, in versi.

Delle cinque edizioni curate dall'autore viene infatti offerta a testo la prima redazione (in prosa) del 1912 e la terza redazione (in poesia) del 1919. Il volume è completato da un apparato che offre tutte le varianti intercorse fra le cinque edizioni a stampa della raccolta. La curatrice ha cercato inoltre di ricostruire, ove possibile, le circostanze e le occasioni che hanno originato i componimenti, i singoli giudizi critici o i semplici commenti ricevuti dagli amici e collaboratori, al fine di restituire i testi alla loro originale dimensione, nella forma e nel contesto in cui sono nati.

Mario Novaro (Diano Marina 1868 – Ponti di Nava 1944), completato il Liceo Classico a Firenze, compie studi universitari a Vienna e Berlino, laureandosi in filosofia nel 1893 nell’Università tedesca con una tesi su Malebranche. Due anni dopo consegue la laurea anche all’Università di Torino e pubblica i suoi primi scritti: Lettera a Simirenko (1890), La teoria della causalità in Malebranche (1893), Il Partito Socialista in Germania (1894), Il concetto di infinito e il problema cosmologico (1895). La formazione tedesca, le lezioni di economia politica di Wagner, il legame con Gustavo Sacerdote, ebreo piemontese trapiantato a Berlino e corrispondente di giornali socialisti italiani, nonché i rapporti con l’ambiente torinese formano un significativo quadro dei contatti culturali e politici di Novaro.

Stabilitosi a Oneglia (oggi Imperia), diventa assessore comunale per il giovane partito socialista e, dopo un breve periodo di insegnamento nel locale liceo, si inserisce con i fratelli nell’industria olearia di famiglia intestata alla madre Paolina Sasso. Questa attività non gli impedisce di continuare a coltivare interessi letterari e culturali attraverso la direzione di “La Riviera Ligure”, rivista nata come foglio pubblicitario dei prodotti Sasso nel 1895 e divenuta sotto la direzione di Novaro (1899-1919) importante ed apprezzato strumento culturale. Fra le pubblicazioni si ricordano: Pensieri metafisici di Malebranche (1910), la raccolta di poesie Murmuri ed echi (1912 e successive edizioni), Acque d’autunno, una scelta e introduzione agli scritti del taoista cinese Ciuangzé (alla prima edizione del 1922 ne sono seguite altre, sia in vita che dopo la morte di Novaro). Successivamente cura la pubblicazione delle opere dell’amico e collaboratore Giovanni Boine (1921 e 1938/39) e Alcune lettere inedite di Giovanni Pascoli (1934) a lui indirizzate durante il periodo di “Riviera”.

La Fondazione Mario Novaro, riconosciuta dal Ministero per i Beni Culturali e dalla Regione Liguria, è stata costituita a Genova nel 1983. Svolge attività di ricerca, conservazione e divulgazione nei settori della scrittura e dell’immagine, valorizzando in particolare la cultura ligure del Novecento. Edita un Quaderno quadrimestrale monografico, testi e volumi a carattere scientifico, organizza convegni, seminari, mostre. Possiede un importante archivio e una biblioteca che riunisce circa trentamila volumi riguardanti i diversi settori della creatività e della comunicazione.

Mario Novaro
Murmuri ed echi
Edizione critica a cura di Veronica Pesce
Edizioni San Marco dei Giustiniani
Partecipano
Franco Contorbia e Marco Marchi
IntroduceMaria Novaro
Sarà presente la curatrice
Lunedì 19 settembre 2011, ore 17
Firenze, Palazzo Strozzi, Sala Ferri



Nasce la rete della musica occitana



Riceviamo e volentieri pubblichiamo

NASCE LA RETE DELLA MUSICA OCCITANA - CORSI DI STRUMENTI TRADIZIONALI NELLE NOSTRE VALLI

Nasce dall’idea dell’Associazione Lou Dalfin la “Rete della musica occitana” che propone per l’anno 2011/2012 corsi di strumenti tradizionali nelle valli di lingua d’òc. Quale promotrice in questi anni di un’attività didattica che ha formato la stragrande maggioranza dei suonatori militanti nelle formazioni d’òc e gran parte degli insegnanti che operano sul nostro territorio, l’Associazione Lou Dalfin, in considerazione della conformazione geografica delle nostre valli, ha ritenuto importante la realizzazione di una rete volta a collegare le differenti esperienze didattiche presenti nelle diverse vallate e zone limitrofe. Con la collaborazione di Espaci Occitan e altre importanti realtà del territorio, l’Associazione Culturale Lou Dalfin presenta pertanto i differenti corsi che avranno inizio nel mese di ottobre 2011 per concludersi con i concerti finali di inizio giugno.

Gli insegnanti che partecipano alla rete sono: Sergio Berardo e Manuel Ghibaudo (ghironda, cornamuse e flauti d’òc, organetto) per le valli Grana, Maira e Verzuolo; Simonetta Baudino (organetto e ghironda) per le valli Stura, Monregalesi e Manta; Chiara Cesano (violino) per la valle Varaita e Cuneo; Silvio Peron (organetto e semiton) per le valli Vermenagna e Gesso; Dino Tron (organetto, fisarmonica cromatica, cornamuse d’òc e musette) per le valli Pellice, Chisone e Pinerolese. L’attività dei corsi prevede inoltre iniziative d’incontro con laboratori e momenti di musica d’assieme. Rientrano nella proposta di corsi anche alcuni strumenti non considerati “tradizionali” che si sono ben inseriti nel nuovo “sòn occitan” apportando il loro contributo: batteria e tamburo rullante con Riccardo Serra per Cuneo e Valle Maira; basso con Carlo Revello per Cuneo; chitarra e plettri con Mario Poletti per Torino.

Fondamentale per il corretto funzionamento di alcuni strumenti è la periodica manutenzione dei medesimi effettuata dai liutai che li hanno costruiti. Saranno pertanto organizzati i laboratori periodici con i maestri artigiani: Jean Claude e Claude Boudet (ghironde); Bruno Salençon (bodega, oboi del lengadoc, chabreta); Pierre Rouch (oboi pirenaici, bodega); Robert Matta (boha, bohassa, bodega, chabreta, oboi); Bernard Blanc (cabreta, chabreta, musettes).

In tutte le valli e altri territori si organizzano corsi di danza con Daniela Mandrile. Su richiesta è inoltre prevista la possibilità di tenere lezioni concerto sugli strumenti occitani.

Per informazioni: Associazione Culturale Lou Dalfin tel. 0171 619195 – 329 0097484 – www.loudalfin.it –info@loudalfin.it ; Espaci Occitan tel. 0171 904075 – segreteria@espaci-occitan.org

venerdì 9 settembre 2011

La Rafanhauda



E' disponibile il primo numero de "La Rafanhauda", pubblicazione de l'Association Reinassença Occitana. Una rivista culturale che intende far conoscere, difendere e mantenere in vita la cultura occitana, ma anche essere palestra di riflessione critica verso tutto ciò che concerne questa tradizione.

Dal Sommario:

Chaffre Faure, maitre sculpteur des Thures de Cézanne

Pivas, Bohas, Bodegas. Note sull'uso e la diffusione delle cornamuse nelle valli occitane del Piemonte

La ghironda. Struttura e storia della regina degli strumenti

Per ricevere la rivista o per altre informazioni contattare la redazione all'indirizzo: larafanhauda@gmail.com






martedì 6 settembre 2011

Se non ora quando? Per una politica dal basso

Pubblichiamo un appello alla mobilitazione da parte di un gruppo di lavoratori/lavoratrici savonesi di varia appartenenza sindacale contro questa manovra iniqua, destinata a colpire pensionati, giovani e lavoratori, senza realmente mettere mano ai problemi strutturali del paese nè a intaccare, neppure in forma simbolica, i privilegi della casta politica. Noi di Vento largo l'abbiamo firmato ed invitiamo tutti a farlo.

SE NON ORA, QUANDO?

PER UNA POLITICA DAL BASSO CHE RESTITUISCA AI LAVORATORI ED AI CITTADINI SALARIO, DIRITTI, DEMOCRAZIA

L’aver cancellato ogni proposta di tassazione delle grandi rendite, per agire nuovamente sulle pensioni, ha ulteriormente chiarito che il vero obiettivo dell’attuale manovra del governo non è sanare i conti dello stato o garantire una ripresa all’economia ma continuare a riconsegnare ai profitti quella parte di plusvalore conquistato dalle lotte degli anni 70 ai salari ed ai servizi sociali.

Questa manovra, inoltre, non arriva improvvisa ma prosegue un ciclo di azioni e decisioni, ultimo l’accordo del 28 giugno, attuate di volta in volta dal governo o direttamente dal padronato (applicate con o senza l’accordo con le organizzazioni sindacali confederali), che hanno progressivamente impoverito i lavoratori, privandoli non solo di buona parte del potere d’acquisto dei propri salari ma anche di diritti e tutele e soprattutto della possibilità di partecipare direttamente alla costruzione delle piattaforme e alla scelta degli obiettivi E quando alla iniziativa padronale non è seguito l’accordo con tutti i sindacati, le contromisure di quelli contrari sono state quasi sempre non sufficienti a impedire l’attuazione di quanto deciso.

Anche lo sciopero del 6 settembre, proclamato dalla CGIL contro la manovra ma a difesa ed applicazione dell’accordo del 28 giugno, e comunque nell’ottica di accettazione delle misure decise dalla BCE (pareggio di bilancio dei conti dello stato entro il 2013), pur se verrà effettuato da milioni di lavoratori correrà il rischio di essere ininfluente se non rappresenterà l’inizio di una ripresa delle lotte e non sarà basato su un programma di recupero di migliori condizioni di vita e di lavoro.

Ciononostante lo sciopero del 6 settembre rappresenta per i lavoratori un’occasione per dimostrare la propria contrarietà sia alla manovra che alle politiche subalterne all’economia dei profitti e delle banche e la sua mancata riuscita alimenterebbe ancora di più lo spazio per coloro che ritengono finito il ciclo delle lotte e concepiscono un sindacato titolato solo dall’affidabilità riconosciutagli dalla controparte.

Nell’invitare quindi tutti i lavoratori, compresi quelli iscritti a CISL e UIL, ad aderire comunque allo sciopero del 6 settembre, indetto sia dalla CGIL che da diversi Sindacati di Base, facendo ognuno riferimento alla piattaforma nella quale più si riconosce, proponiamo

per la stessa giornata alle ore 15,00
presso la Sala Evangelica g.c.
in piazza Diaz a Savona
una assemblea aperta a lavoratori e cittadini
per discutere modalità ed obiettivi
e per dare continuità alla lotta.

lunedì 5 settembre 2011

Dal Talmud a Internet. XII Giornata europea della cultura ebraica


Si è svolta ieri la XII Giornata europea della cultura ebraica. L'articolo che segue, tratto da La Stampa, illustra bene il senso del tema trattato.

Elena Loewenthal

Dal Talmud a Internet è dolce il naufragare

Tanto nel tempo quanto nello spazio, l’ebraismo ha da sempre un bislacco senso dell’orientamento: il mondo si estende verso quattro irraggiungibili angoli, che in ebraico sono detti «venti» (nel senso di folate, non di numero). Il tempo, dal canto suo, scorre lungo una linea ma ha anche un andamento circolare: in tale doppia, forse inconciliabile dimensione, il passato ci sta di fronte mentre il futuro è alle spalle, come insegna anche l’ Angelus Novus di Walter Benjamin. Nello spirito ebraico spazio e tempo si confondono, si scambiano i ruoli in un continuo ripensare se stessi. Spesso si dice infatti che per duemila anni gli ebrei hanno abitato il tempo e non lo spazio, la storia invece della geografia. Sparso ai quattro angoli del mondo e cacciato di qua e di là dai capricci dell’esilio, il vero territorio esistenziale del popolo d’Israele sono stati i libri. Sotto l’angusta porzione di cielo che concedevano le mura dei ghetti, gli ebrei hanno vissuto dentro, sopra i libri.

In questa geografia alternativa fatta di pagine e parole, c’è un luogo che ha un posto centrale, che tutto divide per unire: è il Talmud , parola ebraica che significa «oggetto di apprendimento» e indica la cosiddetta « Torah orale», cioè l’immenso corpus di discussioni rabbiniche intorno all’altra Torah , quella «scritta», quella per antonomasia - il Pentateuco . Il Talmud ha anche altri nomi, più o meno confidenziali. Ma è, come viene detto in ebraico, soprattutto un «mare»: yam ha-talmud .

Questa poetica metafora si addice certamente a un testo dalle dimensioni spropositate, in cui è facile perdersi. Ma non è solo questione di quantità. Nel Talmud si naviga davvero, si spazia con quell’anarchia irrefrenabile dettata dal senso ebraico dell’orientamento. O meglio, dalla sua beata assenza. E la giornata europea della cultura ebraica di quest’anno, giunta alla XII edizione, bene ha fatto a cogliere questo risvolto così antico e anche moderno del popolo d’Israele: il tema conduttore è «Ebr@ ismo 2: dal Talmud a Internet». Dove, per l’appunto, la strada non è affatto lunga come si possa pensare, malgrado i secoli e millenni: perché quando si abita il tempo periodi così diventano una passeggiata.

Se il Talmud è un mare, come tutti sappiamo in Internet si naviga. E non è una pura coincidenza lessicale. Il modo in cui si affronta il testo rabbinico, infatti, è molto simile alla tecnica che si usa cliccando e scorrendo con il topo informatico. Una pagina centrale - la home -, una serie di links che ti portano di qua e di là, in una sequenza illogica e niente affatto lineare in cui di rado per non dire quasi mai torni al punto di partenza. Basta aprire una pagina a caso del Talmud per rendersi conto di quella strabiliante somiglianza evidenziata dal titolo di un libro a suo modo profetico: Il Talmud e Internet. Un viaggio tra mondi di Jonathan Rosen (tradotto da Einaudi nel 2001). Sarà sicuramente evocato nel dibattito che si terrà domenica alle 10 a Torino nel centro sociale della comunità (piazzetta Primo Levi): «Il Talmud : un ipertesto ante litteram ?».

In parole povere, non è solo una questione di forma, di somiglianza grafica per cui una pagina del Talmud , con al centro una breve porzione di testo e tutt’intorno una serie di rimandi, note, riferimenti, commenti e supercommenti, assomiglia a una schermata di Internet. È anche e soprattutto una questione di metodo, di sinapsi mentali e spirituali che questa forma del pensare innesca. Nel Talmud di solito funziona così: un maestro dice una cosa, un altro dice più o meno il contrario, arriva un terzo che invece di conciliare decide che o hanno ragione o hanno torto tutti e due, pesca una parola o una lettera dal contesto in cui si trova e con una disinvolta acrobazia mentale cambia radicalmente argomento e lascia beatamente in sospeso il contenzioso. Intanto, tutt’intorno a questi tre si innesca un ventaglio di riferimenti, talvolta pertinenti talaltra arditi ma sempre immancabilmente «fuori luogo»: fatti apposta per portarti lontano di lì, in un altrove ancora tutto da definire. Proprio come capita fra un clic e l’altro nell’universo di questa rete che, inutile negarlo, ci ha cambiato la vita mettendoci a disposizione un universo di conoscenze in cui l’unico orientamento possibile resta l’intuito, purché condito di fantasia.

(Da: La Stampa del 01/09/2011)

giovedì 1 settembre 2011

Genova: XII Giornata Europea della Cultura Ebraica



Domenica 4 settembre, si svolgerà la 12° edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica promossa in Italia dall’UCEI (Unione Comunità Ebraiche Italiane). L’ebraismo ha una storia plurimillenaria ma è anche una cultura viva e immersa nella modernità; gioca su questo duplice aspetto il tema ‘Ebr@ismo 2.0: dal Talmud a Internet’ scelto nel 2011. Saranno dunque tante le occasioni di conoscenza e accesso ai luoghi ebraici - ben 62 tra nord, centro e sud - in tutto il territorio nazionale, con Siena città capofila. Qui di seguito il programma di Genova.



XII Giornata Europea della Cultura Ebraica
Genova, Domenica 4 settembre 2011

Sinagoga e Museo ebraico
Via Bertora, 6

Museo ebraico:ore 10.30
Inaugurazione della mostra:“Il futuro dell’uomo ha radici antiche”
A cura di Giuliano Arnaldi

Sinagoga: Ore 11.30
“Risorse e dilemmi dell’era tecnologica: le risposte dell’ebraismo per un mondo in trasformazione”, Rav Giuseppe Momigliano

E’ prevista la visita guidata alle due sinagoghe dalle ore 11.30 alle ore 14.00

Presso la “Sala Luzzati”, sarà possibile partecipare al Bookcrossing dedicato ai libri di scrittori ebrei e o di argomento ebraico e scambiare un proprio libro con un altro messo a disposizione dalla Comunità Ebraica o da altri visitatori.

ore 17.00 MUSEO LUZZATI – PORTA SIBERIA
“Dal Talmud all’ipertesto”
Paolo Mordechai Sciunnach

ore 18.00 PORTO ANTICO – AREA ANTISTANTE MUSEO LUZZATI
Chagigà - Storie , feste e ricorrenze del popolo ebraico attraverso la musica
Eyal Lerner - canto, flauti e direzione con il Coro ebraico Kol Hakolot di Milano
Franco Minelli - chitarra