TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 22 aprile 2025

Bergoglio. Una biografia politica

 



Papa Bergoglio è stato sicuramente una grande figura. Come Wojtila e, forse anche di più visto la relativa brevità del suo mandato, ha saputo rimettere la Chiesa cattolica al centro del mondo e suscitare al suo interno fermenti vivi. Va però tenuto conto che la grande popolarità anche, o forse soprattutto a sinistra, di papa Francesco è dovuta più che ai suoi pronunciamenti religiosi alle sue prese di posizioni politiche. Bergoglio è stato un papa politico. Ma al di là dei discorsi generici sulla pace e sulle periferie del mondo, quale era la sua autentica visione politica? Quanto ha contato nella sua formazione l'essere argentino e dunque il peronismo nella sua accezione populista? Fondamentale ci pare a questo fine un libro appena uscito di Loris Zanatta, professore ordinario di Storia dell'America Latina presso il dipartimento di Scienze politiche dell'Università di Bologna. Noi lo abbiamo trovato estremamente interessante. Ne riportiamo l'introduzione.


Papa Francesco è un papa politico. Quante volte l’abbiamo sentito dire? Con empatia dagli estimatori, con antipatia dai critici. A rigore, tutti i papi sono politici poiché politica, in senso lato, è la loro carica. Lui di più. Lo rivendica. È vero, risponde evocando Aristotele: faccio Politica. Non è dunque abusivo scrivere la storia politica di Jorge Mario Bergoglio. Una storia argentina per i primi 77 anni di vita, poi globale. Com’è il Bergoglio politico? Cosa pensa, come agisce? Con quali fini, quali risultati? Come s’è formato, com’è cambiato? C’è Politica alta senza bassa politica?

A onor del vero, una storia politica di Bergoglio è quasi impossibile. Dove stanno le carte, la materia prima dello storico? Salvo poche cose, sono inaccessibili, secretate. La corrispondenza da provinciale gesuita negli anni ’70, da rettore del Colegio Máximo negli anni ’80, da vescovo e arcivescovo di Buenos Aires poi, da papa infine: poco o niente. È come pescare un’anguilla con le mani, inseguire un sottomarino che ora affiora ora scompare.

Perché farlo, allora? Perché non lasciare il compito agli storici del futuro? Per due motivi. Il primo è che, eletto papa, Bergoglio è nella storia e la sua storia interessa ai contemporanei. Il secondo è che le biografie esistenti coltivano l’apologia più della storiografia. A mio parere distorcono il contesto storico, ne danno un’immagine mistificata. Alcune rasentano il culto della personalità: Bergoglio è sereno e giocoso, umile e umanitario. Ha “talento di scrittore”. Al suo cospetto la gente è “euforica, esultante”, sente che è “uno di noi”. Che emozione “indimenticabile, incredibile, inimmaginabile” incontrarlo! Cosa aggiungere “a tanta modestia, lucidità e intelligenza?” Cosa dire di “una delle personalità intellettuali e religiose più eccezionali del mondo”? Così per pagine e pagine, volumi e volumi. Toni da intimidire dissensi, scacciare dubbi, sconsigliare critiche.

Per chiarire: le biografie sono utili, colme di spunti interessanti. Ma vanno prese cum grano salis. Scritte per l’occasione, talvolta da autori digiuni di storia argentina, dipendono oltremisura da fonti ricche ma scivolose: le testimonianze. Sono affidabili? Quanti vecchi amici, quanti intimi conoscenti, quanti studenti, compagni, confidenti di Bergoglio sono spuntati! Tutti ansiosi di condividere un ricordo, di ricamare su un evento, di arrotondare uno spigolo. Chi, in Argentina, non l’ha prima o poi incontrato? Chi non desidera aggiungere la sua candelina alla torta? È umano. Tutti meno gli avversari: spariti! Eppure ne ha avuti tanti. Umani anch’essi: meglio tacere che rivangare il passato se in passato hai pestato i piedi al futuro papa.

La mia storia non sarà migliore, ma diversa sì. Molto diversa. Ancora per due motivi. Il primo è che studio la storia politica della Chiesa argentina dal 1989. Per caso. Quante giornate negli archivi ecclesiastici, sulle riviste cattoliche, sui bus da un capo all’altro del paese! Col mondo di Bergoglio ho familiarità. Ciò non mi rende più attendibile di altri, ma forse meno disorientato di alcuni. Il secondo motivo è che non scrivo storia sacra ma storia profana, scrivo storia politica non storia religiosa. La Chiesa si concepisce un soggetto salvifico differente da ogni altro soggetto storico. Libera di farlo. Libero io di sottrarmi a tale pretesa per studiare le implicazioni politiche del “proposito salvifico” di Bergoglio. E di farlo impiegando il normale linguaggio delle scienze umane e sociali, non il linguaggio iniziatico della storia confessionale.

Svelerò l’arcano che tanto appassiona? Spiegherò se Bergoglio è di destra o di sinistra? No. In questo libro quelle parole non ci sono. Se non per sminuirne la portata. Non m’importa che siano nobilitate da grandi autori. Né che le pronunci il papa. Sono critico ma non sadico! Non gli farò il torto di rinchiuderlo in gabbie così anguste, di imporgli etichette così dozzinali. Merita uno scenario più vasto e ambizioso. Locale e universale, la sua storia politica è un pettine dove s’intrecciano i grandi nodi della storia contemporanea. Sul piano storico l’eterno bivio tra Atene e Gerusalemme, città di Dio e città dell’Uomo, cristianità e laicità. Su quello filosofico la tensione tra monismo e pluralismo, comunitarismo e individualismo. Su quello economico tra economia e teologia, mercato e Stato, ricchezza e morale. Su quello politico tra messianismo e riformismo, populismo e liberalismo. C’è un mondo nella storia di Bergoglio, una storia nel mondo di Bergoglio.

La sua storia politica è inseparabile dalla sua storia intellettuale. Da ciò la centralità del nesso tra idee e azioni, parole e fatti. Sarà immune al rischio che i buoni principi lastrichino vie infernali? All’incoerenza tra mezzi e fini? “La realtà è superiore all’idea”, dice. Lo prenderò in parola, ne passerò al setaccio la parabola, ne valuterò gli effetti su pace e guerra, democrazia e autoritarismo, prosperità e povertà. Il principio di realtà, sempre necessario, lo è ancor più dinanzi a una personalità poliedrica, spesso indecifrabile. Una personalità “gesuitica”, affascinante o irritante a seconda dei gusti e delle sensibilità.

Un’ultima istruzione, un modesto consiglio: non cerchiate complotti. Energia sprecata, non ci sono. Capisco la tentazione di invocare papi contro papi, fazioni cattoliche contro fazioni cattoliche. Da quando ne scrivo mi hanno accostato alle compagnie più bizzarre! A scanso d’equivoci: non sono credente, non appartengo ad alcuna Chiesa, non ho partiti né scuole. Si può approvare senza arruolare, dissentire senza scomunicare. Questo libro è il mio modesto manifesto laico in un’epoca in cui la laicità è chiamata con disprezzo “laicismo”. Un’epoca di “ritorno delle religioni” sulla scena pubblica che, come ogni altra in cui tale ritorno è avvenuto, distilla violenza e intolleranza, fanatismo e messianismo.


lunedì 14 aprile 2025

Le radici antisemite della lotta della Chiesa contro la Massoneria (1896)

 

Il quaderno riprende un articolo apparso con grande rilevo nel 1896 sulla rivista dei Gesuiti “La Civiltà cattolica”, che illustra fin dal titolo "Le Logge israelitiche segrete. Pienamente illustrate” come alla radice della violenta polemica scatenata dalla Chiesa cattolica contro la Massoneria nell'Italia di fine Ottocento covasse un profondo sentimento antisemita. Ê proprio questo antisemitismo viscerale a rendere importante la conoscenza di questo testo, rivelatore di una cultura, quella dei vertici della chiesa cattolica, che sarà poi largamente recuperata e valorizzata in funzione antiebraica dal regime fascista. Non a caso la messa fuorilegge della Massoneria fu premessa fondamentale dei successivi Patti Lateranensi, così come le disposizioni antiebraiche ne furono una diretta conseguenza.  


Il Quaderno è liberamente consultabile e scaricabile al link: www.academia.edu


martedì 8 aprile 2025

Light Maya Zignone

 


Sede Sanpaolo Invest via Ceccardi 13r – Genova
10 aprile | 27 giugno 2025
inaugurazione: giovedì 10 aprile 2025 ore 18
mostra visitabile da lunedì a venerdì dalle 14 alle 17,
altri orari su appuntamento tel. 393 337 0626
visite guidate su prenotazione tel. 338 176 1753


Sanpaolo Invest ospita, dal 10 aprile 2025, “Light”, una mostra personale di Maya Zignone. Da molti anni Sanpaolo Invest ospita nelle proprie sedi lavori di artisti contemporanei. La lunga tradizione che lega il mondo delle banche a quello dell’arte si rinnova alla luce di una sensibilità che intende non opporre, ma al contrario integrare, i concetti di business e cultura. Ed è proprio a partire da tale approccio che da giovedì 10 aprile 2025 si potranno ammirare nei nuovi e prestigiosi spazi di via Ceccardi la mostra personale di Maya Zignone.

L’artista espone negli spazi a piano terra e nel salone al piano interrato 15 lavori di cui 12 installazioni, 2 dipinti su cartoncino e 1 dipinto su tela, La luce è un messaggio dell’universo.

Le arti sono messaggi di luce.

Peter Weibel

Nel suo lavoro Maya Zignone analizza principalmente i meccanismi del pensiero e della percezione, individuando come riferimento le potenzialità linguistiche e concettuali della vibrazione luminosa della luce e lo spazio come luogo in cui il tempo è sospeso.

Lavora sul vuoto e sulle energie che lo attraversano. Le sue scenografie luminose si traducono in luoghi di relazione che abitano la nostra quotidianità. Fragilità ed effimero sono parte integrante della sua opera fatta di segni di luce che riportano a codici espressivi nuovi. La sua pratica artistica combina con fluidità luce, fotografia, suono, installazione, video che diventano perno espressivo della sua ricerca.

Nell’epoca della Rivoluzione industriale, la pittura è divenuta schermo. Un dipinto rappresenta la luce; uno schermo riceve la luce e la irradia. La luce non è stata più catturata ma diffusa. L’opera d’arte è divenuta fonte o emissione di luce”. Con queste parole Peter Weibel iniziava, nella pubblicazione che ha accompagnato la mostra Light Art from Artificial Light (ZKM, Karlsruhe 2005-2006), il proprio saggio sullo sviluppo della Light Art tra il XIX secolo (quando Eugène Chevreul pubblica il volume De la Loi du Contraste Simultané des Couleurs e William Ramsay isola il neon) e l’avvio del XXI, non senza rimarcare come nella seconda metà del Novecento, a partire dalle sperimentazioni di Gyula Kosice (1946) e di Lucio Fontana (1948), l’impiego della luce artificiale abbia dato luogo ad una molteplicità di esperienze artistiche, tali da avvalorare senza incertezze l’affermazione di un pioniere come Làszlò Moholy-Nagy: “Questo secolo appartiene alla luce”.

In questo ambito così ricco e fertile, procede ormai da una ventina d’anni il lavoro di Maya Zignone, la cui specificità e ricerca giunge a dar vita a un discorso scandito su una ineludibile ricerca della spazialità. Un aspetto, questo, che si legge chiaramente in Metropolis (2011), esposta al piano terra, sullo sfondo costituito da immagini fotografiche delle Acciaierie Ilva di Cornigliano, il tratto del neon, inizialmente involuto e in ultimo liberato in un movimento ascendente, segnala nella trasparenza verdina la metamorfosi ambientale generata dallo spegnimento degli altoforni.

Nel progetto Alone 1.2.3. (2008), esposto al piano interrato insieme agli altri lavori alcuni dei quali di seguito citati, la sovrapposizione dei tracciati luminescenti alle immagini sfocate di figure risultano una sorta di inabissamento dell’io, ridotto all’anonimità spoglia della sua traccia schematica. Il tratto ricorsivo del tempo inscritto nel grande cerchio di metallo che incornicia S.T.1 (2023) è come arrestato, nel suo fluire, da due barre verticali di neon che, con la loro tonalità di rosso carico, vi aggiungono una intima nota emozionale. emerge l’attenzione prestata dall’artista alle interferenze tra le fonti di luce e i differenti materiali impiegati; nel contempo si avverte il dispiegarsi di una dimensione introspettiva, in cui la percezione auratica indotta dalla vibrazione luminosa e dal timbro cromatico si lega al dato concettuale depositato nella forma.

Nel lavoro di Maya Zignone il neon, questo “paradigma della modernità” - come l’ha definito Jacqueline Ceresoli - si rivela nella sua duplice natura materiale e immateriale, sensoriale e cognitiva; qui misurandosi gli spazi di Fideuram, ne modifica la fisionomia ridisegnandone gli spazi, come fossero la scena di un “affective artifact” (Giulia Piredda), dispositivo capace di modificare la condizione dello spettatore, “contribuendo così alla sua vita affettiva”.

Sandro Ricaldone


Maya Zignone nasce a Genova dove lavora, vive a Recco Dopo gli studi artistici si specializza in ceramica a Faenza, in grafica e comunicazione visiva a Genova e a Milano, lavora diversi anni nel campo della grafica e della pubblicità. Per tre anni pratica lo studio dell’artista Piergiulio Bonifacio. Dal 2003 espone in gallerie e istituzioni pubbliche in Italia, Francia, Svizzera, Slovenia, Germania, Finlandia, Bulgaria e Slovacchia. Partecipa a diversi concorsi, finalista al Concorso Internazionale Two Call for Vajont-Dolomiti Contemporanee e al Magmart International VideoArt Festival. Nel 2023 è invitata alla Biennale Latitudini dell’Arte, Studio1 Kunstquartier Bethanien a Berlino.

Castoriadis et l'institution imaginaire de la société

 Commemorazione a Parigi.

Ricorre il 50° anniversario della prima edizione de "L'istituzione immaginaria della società". Punto di arrivo di decenni di riflessione critica e, anche, un'opera seminale, punto di partenza dei due grandi progetti non finiti di Castoriadis, "La creazione umana" e "L'elemento immaginario".