TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 5 aprile 2012

Marco Sferini, Il peso della nemesi sul declino della "svastica verde"


Anche la Padania si riscopre ladrona. Bossi dichiara di voler denunciare chi ha usato i soldi della Lega per ristrutturare la sua casa, perchè naturalmente anche lui non sapeva chi pagava i conti.

Marco Sferini

Il peso della nemesi sul declino della "svastica verde"

Tramonta il Sole delle Alpi di Umberto Bossi sotto le inchieste della magistratura sui soldi che il tesoriere Belsito (omen nomen) avrebbe custodito e avrebbe elargito qua e là per la ristrutturazione della villa di Gemonio del Senatur, per la campagna elettorale del Trota e così via. I pubblici ministeri da Milano a Reggio Calabria parlano anche di rapporti con settori dell’ ‘ndrangheta. Tutto da dimostrare, certamente. Ma l’inchiesta è approdata ad un livello di certezza delle prove che non sarebbero state divulgate se non ci fossero delle anche pur minime basi di verità in tutto questo e nel denunciare l’amministratore del Carroccio come l’esecutore di una rete ben più vasta di traffici di denaro illecito.

La Lega Nord si dichiara parte lesa, ma intanto è proprio la sua testa che sembra saltare: il tanto celebrato “cerchio magico” viene proprio decapitato. Da Umberto Bossi alla segretaria del Sindacato Padano, il volto duro della femmina padana, la vicepresidente del Senato Rosy Mauro. E viene da domandarsi quanto questa inchiesta inciderà sugli equilibri interni al partito xenofobo fondato più di vent’anni fa dall’ex PCI Umberto Bossi: Roberto Maroni, compassatamente, non si sbilancia e mantiene una condotta politicamente corretta, british… Persino il sindaco Tosi usa parole distensive. La partita in gioco è alta: il possesso politico di un partito o movimento che dir si voglia che viene ancora dato a percentuali a due cifre e che, se prese in tempo le opportune misure di contrattacco, può rimanere tale mirando sempre a toccare le corde del malpancismo italiota, sparando a zero su Mario Monti e sul governo ma non per difendere i ceti più deboli del Paese quanto per mantenere le sue attuali posizioni di potere in un territorio del Nord che è sempre meno leghista (vedasi Milano, Torino, Venezia, e così via…) e che guarda con sospetto a tutti questi inciampi della Lega bossiana.

Ciò che mi sembra evidente è l’intangibilità, Bossi o non Bossi, del carattere di potere della Lega Nord: salvare questo movimento di becera destra xenofoba e omofoba significherà mettere da parte tutte e tutti coloro che saranno toccati dal sospetto della corruzione, del ladrocinio, dell’utilizzo indebito di denaro proveniente dal finanziamento pubblico ai partiti o dai tesserati di verde vestiti; significherà fare un’azione di finto rinnovamento della testa del pesce perché eviti di puzzare l’intero corpo. Se anche Umberto Bossi dovesse rimanere al timone della Lega Nord, questa inchiesta ne ha definitivamente segnato la sorte come unico proprietario del leaderismo del partito.

Si cambierà vocabolario e si farà dire non più “il partito di Umberto Bossi”, ma “la Lega Nord” oppure “il partito della Padania” e via di seguito. E’ importante aggiornare le parole d’ordine: sui manifesti, a chiare lettere, cosi che tutti vedano e ripetano il belare dei nuovi padri e padroni del movimento secessionista.

Non è tanto tragico e comico che oggi si assista a questa nemesi della storia per cui la Lega, che sempre ha urlato contro il ladrocinio, contro la capitale italiana ladrona, contro il Berluscononi mafioso prima salvo santificarlo nuovamente dopo…, che ha inveito contro i democristiani e i socialisti di ogni tempo, che ha tuonato con parole di fuoco per la più dura intransigente punizione verso chiunque rubava, ebbene oggi quella Lega, questa Lega si trova ad essere parte in causa di una vicenda che rischia di mostrarne appieno il volto disonesto, e non solo quello intellettualmente disonesto ed ipocrita che molti di noi hanno saputo vedere nel tempo dei tempi sino ad oggi, ma proprio la disonestà verso i militanti, verso i suoi elettori e, ultimo ma non ultimo, verso l’intera popolazione: padana o italiana scegliete voi, tanto la Padania non esiste.

Il terremoto in via Bellerio non scuote solo le fondamenta dell’asse nazionale della Lega Nord, ma si ripercuote a cascata nelle sue sezioni locali e animerà il dibattito politico interno al movimento: bossiani e maroniani potranno così venire alla resa dei conti e stabilire quale nuovo corso debba prendere il Carroccio guidato magari da un Alberto Da Giussano (tristemente associato da oltre vent’anni ad un soggetto politico cui probabilmente sarebbe stato profondamente avverso e avversario) col volto fiero e bello di quello appena trasmesso da Rai Uno nello sceneggiato “Barbarossa”.

Peccato che questa non sia una fiction per i leghisti: anche loro, o nemesi della storia e della politica, saggiano oggi cosa vuol dire avere puntato contro il ditone della giustizia su fatti non riguardanti il Tricolore repubblicano da “buttare nel cesso” (così parlo Umberto Bossi in quel di Venezia un dì…) o qualche marachella dell’onorevole Borghezio contro prostitute, migranti, omosessuali e via di seguito tutte le categorie della triste vita del più fascista dei leghisti (un uomo che sa vivere solo di odio). Questa volta si tratta di argomenti da “prima Repubblica”, tanto che persino Berlusconi arriva in soccorso del vecchio alleato e si dice sicuro che Umberto non può aver fatto cose simili come quelle che gli contesterebbero i magistrati: la sua villa di Gemonio sarebbe stata ristrutturata a sua insaputa. Non vi ricorda qualcosa… Magari a Roma… davanti al Colosseo?

Strana la politica italiana. Simpatica, buffa e tragica, tremenda. E’ un insieme di sentimenti e controsentimenti che ti fanno impazzire se li prendi troppo sul serio. Non c’è soddisfazione alcuna nel vedere la Lega nel marasma. C’è soddisfazione nel vedere dimostrato il teorema per cui non è mai stato un partito di lotta ma solo di governo, non è mai stato un movimento autonomista ma campanilista, non è mai stato un percorso di uomini e donne libere ma una unione di rancori, di odi e di pregiudizi e prevenzioni della peggior specie allevati da decenni di mala educazione civica, di corruzione e di ristabilimento di nuovi privilegi e di nuovi pregiudizi. La nascita del leghismo fa salire alla ribalta una nuova borghesia del nord, di piccoli imprenditori e così vince. Non vince certo per qualche rito scaramanticamente buffonesco come quello dell’ampolla con l’acqua del Po raccolta alle pendici del Monviso e rovesciata in mare nella laguna della Serenessima.

Con la Lega Nord siamo andati oltre l’ipocrisia. Carmelo Bene direbbe che siamo nell’ “osceno”, nel senso che siamo proprio dove la parola ci dice per etimologia greca: “os-kenos”, fuori dalla scena. Osservando la vita della creatura di Umberto Bossi si può dire che abbiamo assistito per lustri e lustri alla fermentazione e all’evoluzione di un paravento di menzogne antisociali travestite da difesa del cittadino sul “sacro libero suol” e all’arricchimento di quel nuovo padronato veneto, piemontese e lombardo che innalzava le bandiere gialle proprio dietro a Venezia e che rivendicava per sé un ruolo in un capitalismo italiano che entrava in forte crisi proprio negli anni ’80 e ’90.

La crisi della Lega Nord, la crisi politica nasce quando tramonta questa esigenza di essere politicamente trasportati nell’alveo economico della spartizione del potere. E quando questo partito ha ottenuto il potere e lo ha gestito ha finito con l’esserne travolto.

Dovremmo riflettere molto sempre su questo aspetto, sulla fisionomia del potere e sul suo utilizzo. Gattopardescamente nulla cambierà nella Lega dopo che sarà cambiata: Bossi o Maroni, urleranno sempre al “dagli all’immigrato”, alla secessione quando scenderanno le quotazioni di infervorazione del fanatismo campanilista dei militanti e a qualche altro slogan che si inventeranno per continuare la farsa di quella che, in un bel libro che vi consiglio, Gianluca Paciucci e Walter Peruzzi hanno chiamato la “svastica verde”.

(Da: www.lanternerosse.it)