L'asino, amatissimo
dall'arte e dalla mitologia, ha sempre assunto simbologie
contrastanti. Animale sacro perché porta Cristo, ma anche infernale,
folle, ignorante, lussurioso.
Raffaele K. Salinari
Un raglio demoniaco
o angelico?
A differenza
della Gorgone Medusa decapitata da Perseo, o del
cavallo alato Pegaso, nato dal sangue del mostro anguicrinito,
l’asino non appartiene al mitos, cioè a quelle
vicende che, come diceva Cesare Pavese «mai sono state ma sempre
saranno», bensì al logos, alle storie immanenti al
mondo. E dunque, come tutti gli esseri che vivono la loro
esistenza in vicinanza stretta con gli uomini, l’asino
assume significati simbolici contrastanti,
se non opposti, a seconda delle culture e delle
epoche.
In Cina, ad esempio,
l’asino bianco era la cavalcatura degli immortali
taoisti; allo stesso tempo Nonno di Panopoli, nelle
sue Dionisiache, narra come il dio fosse
arrivato a Tebe dalla Beozia montando la stessa
cavalcatura. Qui il significato simbolico
dell’animale è chiaro: la sua forza è tale da poter
portare addosso un fardello molto pesante, quello di un
carico divino.
Ulteriore esempio
di questo asinello «teodoforico», sarà
quello cristoforico di cui Gesù si servirà per
entrare a Gerusalemme la domenica delle palme;
san Cristoforo stesso, in una icona del Museo storico
di Mosca viene rappresentato con la testa d’asino.
L’asinello aveva già scaldato il Cristo neonato
nella grotta di Betlemme, mentre un suo predecessore
aveva trasportato Giuseppe e Maria verso
l’Egitto, in fuga da Erode. Ma, in contraddizione
con questa figura di «asino portatore del sacro»,
troviamo quella dell’asino come emissario delle
potenze del male.
Nell’antico Egitto, ad
esempio, l’asino fulvo è una delle entità malvage
che l’anima incontra nel suo viaggio verso il mondo dei
morti. Da questo la consuetudine egiziana di
immolare un asino rossiccio alla maligna
divinità Set; e dato che l’animale simboleggiava
nel panteon egizio il fratello assassino di
Osiride, questo veniva anche chiamato il «dio dalla
testa d’asino». Parallelamente, in India, l’asino
era la cavalcatura dei demoni funesti e della
stessa Kalí nelle sue fasi di terribile ira omicida.
Uscendo dalle ipostasi
che vedono nell’animale alternativamente un
simbolo del Bene o del Male, troviamo tutta una serie
di storie che lo legano all’immagine dell’intelligenza che
recalcitra di fronte alla verità; in altre parole
dell’«asino chi legge». Qui la serie che alimenta questo
luogo comune può essere fatta risalire a Mida. La storia
ce la racconta Ovidio nelle sue Metamorfosi:
un giorno il re venne chiamato dal vecchio genio del monte
Tmolo ad arbitrare una contesa sonora tra il dio Pan ed
Apollo.
Ora, probabilmente,
Mida ignorava la storia del sileno Marsia, essere
dunque molto vicino al dio-capro, che un giorno sfidò il dio
solare a una gara musicale. La fine di Marsia è nota:
perse la tenzone e venne scorticato vivo da
Apollo; una sorta di Marcantonio Bragadinante
litteram, il comandante veneziano scuoiato
vivo dai carnefici del Bey turco Lala Kara Mustafa Pascià
dopo la resa di Famagosta nel 1570.
Ebbene, tornando
a Mida, pare che la musica del grande dio Pan lo abbia stregato
più di quella di Apollo, tanto da decretarne la vittoria.
In questo caso, trattandosi di un re e di un
avversario divino quanto lui, il figlio di Latona e di
Giove si limitò a vendicarsi dell’onta subita
facendo crescere a Mida delle grandi orecchie d’asino.
Naturalmente il
sovrano cercava in tutti i modi di celare questa sua
metamorfosi asinina, e indossava al riguardo
un enorme copricapo. Il segreto, però, doveva essere svelato
almeno al suo barbiere che, schiacciato dal peso del
silenzio, raccontò il fatto a una pozza d’acqua. Ma
sopra quella stessa pozza crebbero dei giunchi mormoranti
che, così, scossi dal vento detto Austro, riferirono le
parole sepolte, svergognando il re per le sue
orecchie: Leni nam motus ad Austro obruta verba refert
dominique coarguit aures. Da una metamorfosi
a un’altra arriviamo immancabilmente
all’Asino d’oro di Apuleio, in cui Lucio, il
protagonista, viene punito con questa
trasformazione per aver voluto assistere a riti
magici proibiti ai non iniziati.
Per l’autore romano del
secondo secolo, probabilmente lui stesso un iniziato
ai Misteri di Iside e Osiride, la storia del suo
omonimo è una metafora del cammino
penitenziale che l’animo umano deve compiere per
arrivare a riprendere la purezza originaria,
priva cioè del peso delle contaminazioni dovute
alle passioni incontrollate. Ospite del ricco Milone
e di sua moglie Pànfile, esperta di magia, Lucio riesce
a convincere la domestica Fotide a farlo
assistere di nascosto a una delle trasformazioni
della sua signora.
Alla vista di Pànfile
che, grazie a un unguento, si muta in gufo, Lucio prega
Fotide di spalmargli la pomata magica ma questa
sbaglia unguento, così che Lucio diventa un asino, pur
mantenendo una mente umana. Dopo svariate peripezie,
infine Lucio riesce a riacquistare sembianze
umane cibandosi di petali di rose durante una solenne festa in
onore di Iside. In segno di riconoscenza si consacra
devotamente alla dea, entrando nel ristretto numero di
adepti al culto dei misteri isiaci.
Per Ovidio l’asino
è il simbolo della bassa vita istintuale. Egli stesso
narra che a Làmpsaco i Greci immolavano un
asino a Priapo. Epigono di questa linea metamorfica
è, infine, Pinocchio, la cui vicenda è troppo nota per
essere ricordata.
Per concludere
questa breve carrellata sulle opposte, ma
complementari simbologie legate
all’asino, citiamo il classico teso dello studioso della
Tradizione René Guénon che nel suo Simboli
della scienza sacra, a proposito dell’asino come
protagonista delle cosiddette «Feste dei
Folli» medioevali, in cui si introduceva in chiesa un
asino e il clero e i fedeli agivano nelle maniere più
sconvenienti, dice testualmente: «Sarebbe un errore
voler opporre a questo il ruolo svolto dall’asino nella
tradizione evangelica poiché, in realtà,
il bue e l’asino, posti ai due lati della mangiatoia
alla nascita di Cristo simboleggiano
rispettivamente l’insieme delle forze benefiche
e di quelle malefiche…».
Il Manifesto – 22
novembre 2014