Giorgio Amico
Elio Lanteri.
Un'occasione persa.
La Riviera Ligure,
rivista della Fondazione Mario Novaro, dedica il suo ultimo numero
alla figura e all'opera di Elio Lanteri, scrittore ponentino
scomparso nel 2010, ultimo illustre rappresentante di quella “scuola
ligure” che ha avuto in Guido Seborga e Francesco Biamonti i suoi
principali rappresentanti.
Una preziosa occasione di ri/scoprire un
autore significativo, ma ancora poco conosciuto e non solo dal
grande pubblico. Un'occasione in larga parte mancata per il taglio
banalmente aneddotico di gran parte degli interventi, fatti salvi un
paio di contributi di peso come quello “storico” di Claudio
Panella e quello “critico” di Gian Luca Picconi.
Eppure di cose
interessanti da scrivere ce ne sarebbero state. Pensiamo al rapporto
fra Lanteri e una realtà non facile come quella ponentina, in
particolare quell'Imperia bottegaia e bigotta che ostinatamente e
orgogliosamente in ogni occasione (vedi il porto turistico o le elezioni comunali) riesce a dare il peggio di sé .
Gli interventi si limitano invece alle
frequentazioni da parte dello scrittore del Caffè Piccardo e del Bar del Porto. Interessanti,
certo, per chi ama il genere” eravamo quattro amici al bar”, ma
non certo esaustivi per comprendere la difficoltà (e lo sforzo, intellettuale e etico) di mantenersi liberi e critici in un contesto sociale e culturale non proprio esaltante.
Neppure un rigo poi su come lo scrittore,
militante sindacale e dirigente PSIUP, visse la stagione delle lotte
studentesche e operaie di quel lungo '68 che anche nel nostro Ponente
ha espresso figure di grande spessore politico e culturale, come (per
citarne una) il sanremese Oscar Marchisio.
Trattandosi della vita non
di un letterato disincarnato (ammesso che ne esistano realmente), ma di un militante operaio, per di
più sindacalista di professione, forse sarebbe stato logico
attendersi qualcosa di meglio. Anche solo per capire davvero l'uomo e il
contesto in cui matura piano piano la sua opera che, come sappiamo, fu tardiva.
Ed invece nulla. Il politicamente corretto regna sovrano
per novanta pagine fra banalità e sbadigli in una melassa di ricordi
edulcorati da talk show televisivo. Insomma, un'occasione persa.