TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 4 gennaio 2020

Lotta operaia e lotta armata. Un tema difficile da trattare



Giorgio Amico

Lotta operaia e lotta armata. Un tema difficile da trattare


È da poco in libreria "Il professore dei misteri" di Marcello Altamura. "Storia segreta del doppio livello" recita il sottotitolo facendo intendere chissà quale rivelazioni. In realtà una ricerca giornalistica, condotta con il taglio di certe trasmissioni d'inchiesta televisive dove i temi trattati si ingarbugliano al punto da diventare  labirinti senza uscita, che ancora una volta, semmai ce ne fosse bisogno, dimostra come il fenomeno della lotta armata nell'Italia degli anni '70 resti incomprensibile per gran parte di chi se ne è vario titolo occupato, a partire proprio dalla stampa.

Un lavoro costruito quasi esclusivamente sugli atti giudiziari e i mattinali delle questure, che non rende l'atmosfera di quegli anni e a cui sfugge di conseguenza la complessità del fenomeno, sottovalutandone, vedi la parte dedicata a Potere Operaio, le radici politiche, e ignorando del tutto come la scelta delle armi fosse del tutto interna alla realtà profonda del conflitto di classe nell'Italia degli anni Settanta e ad alle scelte operate da una parte delle avanguardie di fabbrica.

Ancora una volta risulta evidente come per i "benpensanti", cioè per chi si pone nell'ottica che l'attuale società democratica e interclassista resti pur con tutti i suoi difetti il migliore dei mondi possibili, sia impensabile che parte non marginale della classe operaia abbia espresso un potenziale di lotta tale da investire direttamente lo Stato. Da qui lo scetticismo verso l'autenticità di ciò che accadde allora, il complottismo, le teorie su di un presunto "doppio livello".

Una operazione rassicurante. Perché, se si è trattato di utili idioti manovrati da oscure potenze, allora il sistema è innocente. La tesi del complotto evita di fare i conti con le contraddizioni profonde dell'Italia di allora, con le colpe e i crimini (vedi Piazza Fontana) del potere politico e padronale e degli apparati dello Stato, con le potenzialità di un ciclo di lotte durato vent'anni e culminato in una vera e propria insorgenza proletaria.

Ma come potevano dei semplici operai, si chiede l'autore, progettare e attuare azioni così complesse come il sequestro Moro? Ci doveva per forze essere un secondo livello, più alto, formato di intellettuali a gestire ciò che accadde. Il pregiudizio classista è evidente. Anche nello sparare ci vuol cultura e gli operai, lo si sa, proprio in quanto proletari, ne sono privi.

Era il teorema dei magistrati padovani che ridussero a complotto di un pugno di intellettuali riconducibili all'entourage di Toni Negri, l'intero fenomeno dell'insorgenza proletaria degli anni '70. E' la tesi che sostanzia il libro del giornalista (di basket, musica e cinema) Marcello Altamura e che lo porta ad individuare nella figura di Senzani, "il professore dei misteri", il regista occulto dell'azione delle BR. Regista a sua volta manovrato, anche se poi non si capisce bene se dalla CIA, il KGB o il Mossad. Ma poco importa, ciò che conta è dimostrare che si trattò di un fenomeno eterodiretto e che i brigatisti erano dei fantocci manovrati. Che poi, in oltre 400 pagine non si porti un dato certo, ma ci si limiti ad accostare episodi anche fra loro molto diversi e ad avanzare congetture spesso tirate per i capelli, poco importa. Per essere davvero convincente, il mistero deve nutrirsi di se stesso e restare tale. È proprio questo a rendere affascinante per la massa la teoria del complotto.

Eppure materiali per capire cosa realmente accadde allora, chi erano e cosa pensavano quei compagni e quelle compagne che fecero quel tipo di scelta (che, detto per inciso, onde evitare facili fraintendimenti, consideravamo allora e ancora consideriamo strategicamente sbagliata) in circolazione se ne trovano, a partire da "Figli dell'officina", il bel libro-testimonianza di Chicco Galmozzi (allora appunto giovanissimo operaio) sulla nascita di di Prima Linea. Ma accettare l'idea che la lotta armata (cosa ben diversa dal terrorismo stragista e che con esso non può in alcun modo essere confusa e neppure affiancata) sia stata una delle forme che tra la fine degli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta ha assunto la lotta di classe in Italia, coinvolgendo strati non piccoli delle avanguardie di fabbrica, resta ancora oggi un tabù invalicabile.

Marcello Altamura
Il professore dei misteri
Ponte alle Grazie, 2019