TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


lunedì 1 marzo 2021

Ragionando di Guerra fredda

 


Anche questa breve storia della Guerra fredda fa parte del libro collettaneo sulla storia della seconda metà del Novecento, ancora in via di elaborazione.

Giorgio Amico

Ragionando di Guerra fredda

La principale conseguenza della Seconda guerra mondiale fu la radicale ridefinizione degli equilibri mondiali che risultavano ora incentrati sull'emergere, rispetto alla pluralità di potenze antecedenti la guerra, di due grandi nazioni con ambizioni di supremazia mondiale: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Nasceva un sistema di relazioni internazionali di tipo bipolare destinato a durare fino al crollo del sistema sovietico nel 1991.

Si trattava in realtà di un bipolarismo atipico sbilanciato a favore degli Stati Uniti, fortemente rafforzati dalla guerra sia sul piano economico - nel 1945 gli USA da soli contavano per la metà della produzione industriale e per 3/4 dei capitali mondiali investiti- che su quello militare grazie al possesso dell'arma nucleare i cui terrificanti poteri distruttivi erano stati testati contro il Giappone.

Proprio per questa oggettiva supremazia nel 1945 gli Stati Uniti ipotizzavano la continuazione se non dell'alleanza con l'URSS, che con la sconfitta della Germania nazista non aveva più motivazione, almeno di un clima di distensione e di cooperazione.

Le aspettative di Stalin

Analoga, secondo i più recenti studi, era l'aspettativa di Stalin. L'Unione Sovietica, benché vincitrice, usciva dalla guerra con gravissimi danni materiali nella parte europea e gravissime perdite umana calcolabili fra i 17 e i 20 milioni di morti. Il problema centrale della politica staliniana era dunque quello della ricostruzione del sistema produttivo, il rilancio dell'economia e, fatto nuovo rispetto all'anteguerra, il consolidamento del controllo sull'Europa dell'Est occupata dalle truppe sovietiche. Un'area vastissima che dai vecchi confini dell'URSS, ora spostati in avanti, arrivava fino a Berlino e a Vienna.

In estrema sintesi, le due superpotenze parevano avere alla fine del 1945 un convergente interesse al mantenimento dello status quo e dunque di rapporti non conflittuali. Il che spiega, nel caso italiano e francese, l'atteggiamento cauto di Stalin verso una Resistenza che doveva avere solo carattere antifascista e non travalicare, come parte del movimento comunista auspicava, in una lotta finalizzata alla presa del potere e alla trasformazione rivoluzionaria della società. Coerentemente con la natura ideologica del potere sovietico e con il suo ruolo di leader indiscusso del movimento comunista mondiale Stalin non rinunciava però ai proclami sul rfforzameno dell'URSS e dei partiti comunisti sia come baluardo nei confronti della possibile risorgenza in Europa di un nazionalismo tedesco che come premessa della vittoria del socialismo sull'imperialismo considerata come un portato inevitabile della storia. Così come non veniva nascosto l'obiettivo di dotarsi a propria volta di armi nucleari per colmare il gap strategico con gli Stati Uniti. Tutto questo faceva si che, nonostante la politica di cauto realismo della dirigenza sovietica, l'URSS incominciasse ad essere percepita in Occidente come una potenziale minaccia, fautrice di una politica aggressiva ed espansionistica. Insomma, come è stato ben messo in luce dalla ricerca storica soprattutto degli ultimi anni, la stessa configurazione bipolare degli assetti internazionali tendeva ad acuire l’antagonismo tra USA e URSS e la sensazione condivisa da entrambe le potenze di essere in presenza di una minaccia.

La politica di Truman

Il risultato immediato fu un radicale cambio di prospettiva nella politica americana. Il successore di Roosevelt alla presidenza degli Stati Uniti, Harry Truman, che aveva vinto le elezioni promettendo una maggiore fermezza verso l'espansionismo russo, denunciò la politica sovietica in Europa orientale come un tentativo di assimilazione forzata di quei paesi al sistema politico-economico russo. Definitivamente archiviata la solidarietà antifascista degli anni della guerra al nazismo, si sviluppò una narrazione che contrapponeva a un minaccioso totalitarismo sovietico (l'orso russo), un occidente libero e democratico che andava difeso ad ogni costo. Il primo risultato fu il congelamento della situazione creatasi in Germania, non dando seguito a quanto deciso nella conferenza di Potsdam nel luglio-agosto 1945 che prevedeva la ricostituzione di una Germania neutrale e smilitarizzata. La parte occidentale della Germania diventò per l'amministrazione Truman l'avamposto estremo dell'Occidente, da integrare, anche militarmente, nel sistema politico ed economico euro-atlantico in via di costituzione. Proprio quello che per Stalin era il peggio incubo, il risorgere di una potenza tedesca nel cuore dell'Europa, diventava già nel 1946 una possibilità reale. Nel febbraio del 1946, nel suo primo importante discorso pubblico dopo la fine della guerra, Stalin riaffermò la validità della tesi che il capitalismo portava inevitabilmente alla guerra e che dunque l'Unione Sovietica doveva mantenersi pronta a reagire ad ogni tipo di eventualità ed evitare quanto accaduto nel 1940 con l'attacco a sorpresa nazista. La risposta fu il discorso di Winston Churchill a Fulton, con l'affermazione, destinata a grande celebrità, che una “cortina di ferro” era discesa sul continente europeo tra la parte orientale, vittima di un brutale totalitarismo, e quella occidentale la cui libertà andava ad ogni costo salvaguardata. Era l'inizio della guerra fredda.

La guerra fredda e la politica del contenimento

Pochi giorni prima Truman aveva accolto in pieno la tesi di George Kennan, importante funzionario all'ambasciata di Mosca e ascoltato analista, che quella dell’Unione Sovietica era una politica espansionistica che non lasciava margini di mediazione. L'unica risposta possibile da parte degli stati Uniti e dell'Occidente era quella del “contenimento”, puntando sulla manifesta superiorità militare e sul monopolio nucleare. Secondo Kennan l'URSS usava spregiudicatamente i partiti comunisti in Occidente per raggiungere i suoi fini. Ne derivava la convinzione che anche la possibile avanzata per via democratica delle sinistre in Italia o in Francia facesse parte di questa guerra non dichiarata e che di conseguenza andasse fermata con ogni mezzo. Ne seguì una pesante opera di intervento nella politica interna francese e italiana, tramite una serie di operazione coperte gestite dalla CIA, appena costituita proprio come centro operativo della politica del contenimento, che culminò poi nelle elezioni italiane del 1948 quando non si escluse da parte americana neppure l'ipotesi di un aperto intervento militare in caso di vittoria delle sinistre.

La cristallizzazione degli assetti internazionali cominciò quindi a materializzarsi già nel corso del 1947. La guerra fredda diventava la normalità della situazione politica internazionale, presentata da ciascuna delle due potenze come una politica difensiva contro l'aggressività dell'altro.

Conseguentemente sia gli Stati Uniti che l'Unione Sovietica si dedicarono al rafforzamento del proprio campo di influenza sia sul piano economico che su quello militare. Forti della loro straordinaria potenza economica gli Stati Uniti proposero un gigantesco piano di ricostruzione dell'economia europea, aperto inizialmente anche all'URSS e ai paesi dell'Est, ma a condizioni tali che di fatto ne impedivano l'accettazione da parte di questi ultimi. Il progetto, conosciuto poi come Piano Marshall, era finalizzato a integrare le economie e i mercati europei in una rete di mutue relazioni sotto controllo americano. Il risultato fu duplice e ambivalente. Sul piano economico la liberalizzazione degli scambi e un gigantesco travaso di capitali nell'area euroatlantica permise il superamento dei danni della guerra e l'avvio di una straordinaria espansione economica destinata a durare fino alla crisi petrolifera di metà anni Settanta. Sul piano politico il Piano Marshall portò l'URSS ad arroccarsi nella propria area di influenza, limitandone ulteriormente i già ridotti spazi di libertà e integrando le economie dell'Europa Orientale nel sistema di pianificazione sovietico.

Il piano Marhall

Per Stalin il Piano Marshall, come la “dottrina Truman” del contenimento, aveva un oggettivo carattere offensivo. Ne derivò la cosiddetta “dottrina dei due campi” elaborata da Andrej Ždanov secondo la quale il mondo andava ormai considerato diviso in due campi: quello imperialista e militarista egemonizzato dagli Stati Uniti e quello socialista e pacifista guidato dall’Unione Sovietica. La “dottrina dei due campi” diventò base dell'azione dei partiti comunisti di tutto il mondo e il fondamento dal settembre 1947 del Cominform, l'organizzazione di collegamento del partito comunista dell’URSS con i partiti “fratelli” dei paesi dell’Europa orientale, dell’Italia e della Francia. La nascita del Cominform, spinse ancora di più l'Italia, sede del più grande partito comunista dell'Occidente, e dove nello stesso periodo la sinistra era stata estromessa dal governo, nelle braccia degli Stati Uniti. Da allora fino almeno a tutti gli anni Settanta la politica italiana fu concepita esclusivamente in chiave atlantica, con l'obiettivo apertamente dichiarato del contenimento dell'espansione del Partito comunista. L'italia divenne una democrazia bloccata, processo non privo di effetti profondamente distorsivi dello stesso quadro democratico come testimoniano il progettato golpe del 1964, la strategia dalla tensione e delle stragi e le dinamiche legate alla Loggia P2 di Licio Gelli.

Il processo di consolidamento del blocco occidentale si estese presto dal piano economico a quello militare. Contemporaneamente al Piano Marshall (1948-1952) nell’aprile del 1949 venne dato il via alla cosiddetta alleanza atlantica (NATO) tra Stati Uniti e Canada da un lato e i principali paesi dell'Europa occidentale tra cui l’Italia. La riposta sovietica fu la formazione del COMECON e del Patto di Varsavia.

La guerra fredda diventa mondiale

Nel corso del 1949 la guerra fredda ebbe una ulteriore accelerazione. L'Unione Sovietica fece esplodere la sua prima bomba atomica, annullando così il potenziale deterrente nucleare americano, e i comunisti cinesi, guidati da Mao Zedong trionfarono nella guerra civile iniziata dopo la sconfitta giapponese del 1945, dando vita alla Repubblica Popolare Cinese. Di colpo il campo socialista raddoppiava di estensione, venendo a coprire buona parte di due continenti, l'Europa e l'Asia. La guerra fredda da fenomeno europeo diventava realtà mondiale. Gli Stati Uniti estesero la politica del “contenimento” all'Asia. La principale conseguenza sarebbe stata nel 1950 la guerra di Corea e poi agli inizi degli anni Sessanta quella del Vietnam. Infine, dopo la vittoria nel 1959 della rivoluzione cubana, anche l'America Latina da sempre considerata il “cortile di casa” degli USA, divenne materia di contesa. In Brasile nel 1964 e poi in Cile nel 1973 e in Argentina nel 1976 e ancora in America Centrale, in nome del contenimento della minaccia comunista, l'impero mise in campo tutta la sua potenza per bloccare l'evoluzione democratica di quei paesi. E proprio di questo tratteranno i contributi di questa sezione.