TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


martedì 31 agosto 2021

Se Platone cavalca con Billy the Kid

 


Giorgio Amico

Se Platone cavalca con Billy the Kid

È da poco in libreria l'ultimo lavoro di Diego Gabutti. Un'opera fantasmagorica che attraversa come una sorta di sfrenato Helzapoppin l'immaginario collettivo dell'Occidente da Platone ai Supereroi del fumetto contemporaneo.

Come si legge nella quarta di copertina: «Una lunga cavalcata, magari con cappa e spada, tra pellicole d’antan, romanzi d’appendice, fumetti, pettegolezzi e retroscena della storia dello spettacolo, della letteratura, del giornalismo: ecco quali sono le maschere e i pugnali che gli uomini e le donne di Diego Gabutti indossano e impugnano con leggerezza e maestria, per lasciare, non si sa quanto consapevolmente, un segno indelebile nell’immaginario collettivo. Mata Hari, Billy the Kid, Nero Wolfe e Platone, proprio come nel titolo, si alternano tra le pagine veloci e sornione, in un caleidoscopio che strizza mille occhi a chi, smaliziato ma ancora sognatore, si lascerà incantare dalle malìe di una scrittura af fascinante tanto quanto le storie e i personaggi che racconta».

Ma chi è Diego Gabutti? Già collaboratore del Giornale, del Giorno, del Tempo e dell’Indipendente, di Sette-Corriere della Sera, corsivista e recensore d’Italia Oggi, è l’autore di Un’avventura di Amadeo Bordiga (Longanesi 1982 e Milieu 2019); di C’era una volta in America sul cinema di Sergio Leone (Rizzoli 1984 e Milieu 2015); di Pandemonium (Longanesi 2005); di Cospiratori e poeti (Neri Pozza 2018); di Cavalieri pallidi cavalieri neri sul cinema di Clint Eastwood (Milieu 2018); di Il grande Sly sul cinema di Sylvester Stallone (Milieu 2021). Con Rubbettino, nel 2003, ha pubblicato Millennium. Da Erik il Rosso al cyberspazio, e nel 2020 Superuomo, ammosciati. Da Nietzsche a Tarzan, da Napoleone agli Avengers: la fabbrica dell’Übermensch. Ma soprattutto, mi si permetta una notazione personale, un amico carissimo.

Gli spunti interessanti sarebbero moltissimi in un libro così ricco di stimoli. Tanto per permetterne un assaggino ho scelto il capitolo dedicato all'intrepido sceriffo Wyatt Earp perché tratta di un tema caro alla mia infanzia trascorsa tra la scoperta della Coca Cola, grande oggetto del desiderio in quei primi anni '50 in cui ancora si andava a gazosa,  fumetti (Tex Willer era appena nato) e film visti, non senza qualche taglio, perché la storia dei “baci rubati” non è un'invenzione di Giuseppe Tornatore, in sale parrocchiali tristissime ma che avevano per noi bambini il fascino impalpabile dei sogni.

Wyatt Earp

Tra gli eroi intramontabili della cultura pop americana (insieme all’ultimo dei mohicani, a Huck Finn, al giovane Holden e agli Xmen) c’è anche questo sceriffo vestito di nero che cammina a passo

lento lungo i portici di legno di Dodge City e Tombstone con i pollici infilati nel cinturone che regge la pistola (un’enorme Colt a canna lunga, roba da far arrossire un freudiano ortodosso).

Wyatt Earp è l’icona della legge e dell’ordine nel selvaggio west, che proprio per la sua natura di mondo senza stato, di società anarchica, violenta e romantica, è insieme un mondo immaginario, come i borghi medievali delle fiabe, e una potente raffigurazione dell’utopia. In una parola: Hollywood. È stata Hollywood a trasformare, attraverso il cinema e la televisione, Wyatt Earp e gli altri eroi del west in archetipi. Come le locandine magniloquenti del Buffalo Bill’s Wild West Show, come il gazzettiere che intervista il vecchio senatore nell’Uomo che uccise Liberty Valance e rinuncia a pubblicare i suoi appunti, Hollywood non filma la verità ma la leggenda. Cioè una verità extrasize, su scala kolossal, in cinerama.

John Ford raccontava che Earp, ai tempi del cinema muto, bazzicava gli studios cercando di vendere la storia della propria vita a qualche produttore, come si può leggere nella prefazione di Tullio Kezich a una classica biografia di Wyatt Earp, Lo sceriffo di ferro, del giornalista Stuart N. Lake, al quale l'ex sceriffo concesse una fantasiosa intervista nel 1928, un anno prima di morire.

Earp, all’epoca, aveva ottantunanni. Dallo scontro all'OK Corral di Tombstone, Arizona, quando insieme a due suoi fratelli e all’ex dentista e giocatore d’azzardo Doc Holliday, aveva sbaragliato la gang dei Clanton, erano passati quasi cinquant'anni. Ford avrebbe poi davvero girato un film sulla sua vita: Sfida infernale, del 1946, tratto da un grande romanzo di W.R. Burnett, «Saint» Johnson, ispirato a sua volta alla biografia di Lake.

Wyatt Earp, nel canone western, è l'eroe silenzioso, da cui in futuro sarebbero discese le maschere pietrificate degli eroi di Sergio Leone: Clint Eastwood, James Coburn, Charles Bronson. Se proprio deve, Wyatt Earp parla per aforismi, che poi riecheggeranno nella letteratura alta, per esempio nelle storie di W.S. Burroughs (dove le sue battute più celebri, da «combatti o fila» a parli troppo per essere un buon pistolero», sono attribuite all'Ispettore J. Lee, l'asso della Polizia Nova). È l’idea platonica del giustiziere piuttosto che il giustiziere in persona. Non lui, ma la sua riscrittura mitologica si proietta sul grande schermo della cultura pop: la sfida all'OK Corral, poi biografie e autobiografie scarsamente attendibili, quindi un numero incalcolabile di fumetti, film e telefilm.

In un film di Blake Edwards, Intrigo a Hollywood, del 1988, Earp aveva incontrato il suo doppio fiabesco: Tom Mix, l'eroe del film western. In Black Hats, un romanzo di Max Allan collins, lo sceriffo, ormai quasi settantenne, lascia l'Arizona per Manhattan. Nella New York delle Zigfield Follies, di Damon Runyon e del proibizionismo, il vecchio giustiziere si scontra con un'altra icona dell'America senza legge: Alfonso Capone, in arte Al Capone, o Scarface, lo sfregiato. Le licenze storiche stanno alla narrativa postmoderna d'evasione come le licenze poetiche ai rimatori. Wyatt Earp contro la Mano Nera: se già è sempre stato difficile, dall'Anabasi in poi, distinguere tra storia e fiction, presto sarà impossibile.


Diego Gabutti
Maschere e pugnali
Utopisti e avventurieri da Platone a Nero Wolf
Writeup, 2021
Euro 28