Si pensa che la
questione dell'impoverimento delle cosiddette classi medie e della
precarietà della vita sia un problema dell'oggi, addirittura determinato dalla particolare situazione che stiamo vivendo. Non è
così.
Grandissima parte
delle "classi medie" è fatta di lavoratori salariati, in
quanto tale assimilabili alla classe operaia. Altri, pensiamo alle
partite IVA, sono autonomi solo di fatto. Ma, nonostante l'uso enfatico che viene fatto del termine "imprenditore", anche chi come il piccolo commerciante o il piccolo artigiano vive del suo lavoro non se la passa meglio. Sembra un dato recente,
in realtà è parte integrante da sempre del sistema
economico-sociale in cui viviamo, il capitalismo. Edmondo De Amicis,
che fu, non dimentichiamolo, uno scrittore socialista, lo scriveva a
chiare lettere già all'inizio del secolo scorso. Riprendiamo una
pagina del suo opuscolo "La quistione sociale", rivolto
esplicitamente ai giovani, che sembra scritta per denunciare la precarietà dell'oggi.
Per questo, non va mai
dimenticato che il Primo Maggio non è la festa del lavoro,una sorta
di Natale laico, ma una giornata di lotta degli sfruttati, la presa
di parola degli "invisibili" che ricordano nelle piazze e
nelle strade che in questa società la ricchezza dei pochi si regge
sullo sfruttamento del lavoro delle moltitudini, ceti medi compresi.
Edmondo De Amicis
La quistione sociale
Non dovrei ribattere
nemmeno coloro che vi consigliano di lasciar da un lato la quistione
sociale dicendovi che essa riguarda una classe sola, o certe classi,
non la vostra; poichè son certo che voi non siete tanto sdegnati
dell'egoismo miserabile di quest'argomento quanto mossi a pietà
dell'insensatezza di chi considera come una parte trascurabile della
società la parte di lei più importante per il suo numero, più
necessaria per la sua funzione, più benemerita per le sue fatiche;
quella, senza di cui la nazione non ha fondamento, la patria non ha
difesa, e il mondo non ha nè vesti, nè tetto, nè utensili, nè
pane. Ma l'argomento, pure intrinsecamente, è falso.
La quistione sociale
abbraccia ormai tutte le classi, poichè anche le classi medie,
sebbene con minore intensità, per ora, e con effetti meno
visibilmente dolorosi, risentono già tutti i danni di cui le
inferiori si lagnano.
Vi è già una gran parte
della borghesia per cui l'esistenza non è meno minacciosamente
precaria che per le classi chiamate con maggior proprietà
lavoratrici; vi sono in tutti i campi del commercio e dell'industria
le mezze fortune oppresse nella lotta disperata con le grandi; vi è
un popolo di possidenti che mendica; v'è una concorrenza di cento
paria per ogni stipendio che basti appena alla vita; vi sono migliaia
di giovani d'ingegno e di studio a cui non è possibile di guadagnare
quanto un bracciante prima dei trent'anni; v'è la vecchiezza
pensionata che disputa il posto alla gioventù esordiente, la donna
che lo contende all'uomo, l'uomo che lo contrasta al ragazzo; v'è
una tal ressa di naufraghi intorno a ogni trave galleggiante, che
quando uno per negligenza o per forza lascia andare la sua, non gli
resta quasi più speranza d'afferrarne un'altra, e annega le più
volte nella miseria.