Autonomia operaia a Genova e in Liguria
(1973-1980)
Il fatto che l’Autonomia operaia negli anni Settanta sia stata a Genova e in Liguria, rispetto ad altre aree in Italia, una vicenda minore (o meglio, che ha fatto parlar meno di sé) non costituisce un buon motivo per non scriverne. Da un lato ci sono abbondanti ragioni che spiegano perché, nonostante la storica centralità, economica e industriale, della città e della regione, e nonostante la ricchezza culturale espressasi localmente almeno sino alla fine degli anni Sessanta, una prassi innovativa come quella dell’operaismo militante prima e dell’Autonomia operaia poi si sia schiantata contro il muro della composizione di classe locale e della sua rappresentanza politica. Dall’altro un movimento così ricco nei suoi momenti culminanti (il Settantasette romano e bolognese) e così persistente nel tempo e radicale nelle analisi, è proprio nelle situazioni apparentemente più povere o meno clamorose che può meglio essere studiato, perché è lì che si presenta in modo più addensato ed essenziale. Ed è lì che l’arretratezza del contesto può mostrare in anticipo i segni del suo superamento.
Il libro, prima parte di un’opera in due volumi, ricostruisce il percorso di una federazione di comitati che nel corso degli anni Settanta, a Genova, hanno dato forma a una critica radicale al duplice conservatorismo locale: quello del ceto mercantile e redditiero e quello del Partito comunista in alleanza con il sindacato. Lo scontro, aspro e violento, si è svolto in uno scenario caratterizzato dal declino industriale di quello che era stato uno dei vertici del triangolo economico dell’Italia del Novecento, dall’egemonia del Partito comunista e dalla vicenda totalizzante delle Brigate rosse.
Gli autonomi fanno intervento nelle fabbriche, praticano e diffondono l’autoriduzione, intercettano il movimento delle donne, creano centri di aggregazione territoriale, si espandono nelle scuole, si scontrano in piazza, fondano un giornale e una libreria, affrontano la difficile partita identitaria di una scena mediatica e politica interamente subordinata alla repressione. Questo libro è il racconto di questa «breve ma intensa estate ligure».
Gli autonomi genovesi sperimenteranno, infatti, in anticipo la ristrutturazione capitalistica che nei decenni successivi porterà alla scomparsa del lavoro operaio e dovranno trasformarsi in laboratorio di ricerca per nuovi piani della critica.
Roberto Demontis (1960), genovese, militante dell’Autonomia operaia, è stato tra i fondatori della Associazione Città Aperta e tra gli organizzatori delle mobilitazioni contro il G8 nel 2001. Giorgio Moroni (1951), genovese, ha militato in Potere operaio e in Autonomia operaia. Ha pubblicato saggi e interventi sul movimento e sui gruppi negli anni Settanta. È autore di una ricerca inedita sulla sinistra radicale a Genova a partire dagli anni Cinquanta. È stato tra i fondatori dell’Archivio dei Movimenti a Genova.
Prima parte
Autonomia operaia a Genova e in Liguria.
(1973-1980)
A cura di Roberto Demontis e Giorgio Moroni
DeriveApprodi
euro 20,00