TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 13 giugno 2024

Ciao Rosasco, libraio controcorrente



 Ciao Rosasco, libraio controcorrente


E così, in silenzio, a 85 anni, se ne è andato anche Rosasco, libraio controcorrente per oltre vent'anni. Aperta nel 1975 in via Torino, nei locali di una vecchia osteria, quasi di nascosto, con la porta di legno a vetri oscurata da spessi fogli di carta rossa,  sede di un'associazione culturale inesistente dal nome francese (Joie de lire) con tanto di finti tesserati, perché il Comune ritardava la concessione della licenza,  la libreria di Rosasco rappresentava l'erede naturale della vecchia Libreria dello Studente del dottor Fontana, luogo di perdizione culturale negli anni caldi della contestazione.

Già la scelta di aprire una libreria al di fuori del centro cittadino in un quartiere operaio come era Villapiana allora, rappresentava un evento rivoluzionario. Poi la scelta attenta dei libri: molta scolastica, tanta politica, tantissima cultura francese, frutto quest'ultima dei periodici viaggi di esplorazione nelle librerie di Nizza di Luigi Lirosi, vero mentore di Rosasco. E poi la collaborazione con il libraio genovese Tassi, la cui libreria nei vicoli del centro storico puzzava di sovversione e di eresia.

Rosasco amava i libri, per questo aveva deciso di cambiare vita e da agente di commercio reinventarsi come libraio. E proprio perché amava i libri, e li leggeva – cosa rara oggi fra i librai – decideva lui cosa tenere e cosa assolutamente non vendere..

Epiche certe sue litigate contro clienti, entrati per sbaglio, che si lamentavano di non trovare il bestseller di moda.

Non si era mai visto a Savona, e credo raramente anche altrove, un libraio che cacciava in malo modo i clienti che non gli piacevano. Rosasco lo faceva, capace nonostante la sua mitezza, di collere improvvise. Ed erano allora libri che volavano attraverso il negozio per atterrare sul marciapiedi davanti all'ingresso, dove sostava sempre gente perché c'era la fermata degli autobus. Volti stupiti a fissare quell'uomo minuto in piedi sulla soglia a sbraitare contro il rincoglionimento di massa voluto dal potere e dall'industria della "cultura".

Da lui potevi trovare riviste, volantini e opuscoli rintracciabili solo a Genova o addirittura a Milano. Da lui passavano periodicamente missionari delle varie chiese bordighiste e trotskiste ad annunciare la lieta novella e a lasciare i loro materiali, qualcuno anche dalla Francia. 

Una libreria controcorrente che non piaceva ai benpensanti di sinistra, vecchi stalinisti in primis, che sentivano puzza di eresia in quelle pubblicazioni e guardavano con sospetto i frequentatori abituali di quel locale. Una fauna eterogenea, un mix di cento tribù: cattolici del dissenso, anarchici, militanti di quello che restava dei gruppi extraparlamentari, ma anche fricchettoni dei primi centri sociali e femministe. Insomma, tutti coloro che non si riconoscevano nel compromesso storico e nel conformismo moralistico berlingueriano che tanti guasti avrebbe provocato. Ma anche, va detto, non priva di personaggi ambigui, al limite fra il provocatore e il confidente di Questura. Gente che ti prendeva da parte e sottovoce ti faceva discorsi neppure troppo allusivi sui "compagni che sbagliano ma...".

Libreria anomala, rimasta per molti aspetti osteria, luogo di incontri e di discussioni accanite nella saletta interna, riservata a pochi, vero e proprio sancta sanctorum, attorno a una vecchia stufa, unica forma di riscaldamento in inverno, su cui il buon Rosasco, più vecchio di noi di una decina di anni, si ostinava a coltivare l'antico uso delle bucce di mandarino sulla piastra incandescente a combattere il fumo aspro della legna con aromi e fragranze sicuramente più simpatiche dell'odore inconfondibile delle prime canne rigorosamente bandite da quegli spazi.

Un luogo magico, una sorta di caverna primordiale che ti avvolgeva e ti faceva sentire bene.

E questo Rosasco cercava. Non tanto e non solo vendere libri o comunque far cultura, ma gestire uno spazio che fosse prima di tutto comunità di uomini liberi, di menti critiche.

Savona gli deve molto, noi gli dobbiamo molto.

Un abbraccio vecchio libertario brontolone in guerra accanita con il mondo della mediocrità culturale e del politicamente corretto che avanzava a larghi passi e che non volevi a nessun costo accettare.

Non hai vinto la tua battaglia, ma ci hai aiutato a salvarci da tutta la merda che incominciava a pioverci addosso. E di questo ti saremo  eternamente grati.