TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


venerdì 21 giugno 2024

I senza memoria. A proposito del Manifesto di oggi.

 


I senza memoria

Se "il Manifesto" scrive sul '68 come "Il Giornale" e "Il foglio"


Il 31 dicembre 1968 centinaia di giovani studenti e operai di Pisa e Livorno andarono a contestare il "capodanno dei ricchi" alla Bussola di Viareggio, il locale allora più in voga in Italia. La manifestazione, indetta dal Potere Operaio pisano, fu attaccata dai carabinieri intervenuti in forze che aprirono il fuoco ferendo gravemente Soriano Ceccanti, un ragazzo di 16 anni, che rimase paralizzato e da allora fu costretto a vivere su una sedia a rotelle. Era la prima volta che la polizia sparava sugli studenti. I fatti della Bussola scatenarono proteste violentissime in tutta Italia.

Oggi, in un articolo sulla storia di Sergio Bernardini, il patron della Bussola una sorta di Briatore di allora, diventata film, il Manifesto ricostruisce così quei fatti tragici:

"Ai tavolini della Bussola siedono artisti, teatranti, le stelle dello sport, i politici: è il centro dell'Italia del boom. Ma diventa nel '68 anche bersaglio delle proteste. Bernardini si mette in prima linea, parla con i contestatori, ci scappa anche un ferito".

Grande giornalista Stefano Crippa, autore dell'articolo che esalta per mezza pagina il genio imprenditoriale di Bernardini , definito retoricamente " un artigiano dello spettacolo" ma liquida in mezza riga quello che fu uno dei momenti più drammatici del 1968.

"Ci scappa anche un ferito", scrive senza vergogna quasi che Soriano Ceccanti si fosse preso un cazzotto e non un proiettile nella schiena mentre cercava di sfuggire allle cariche dei carabinieri. Di quei fatti evidentemente costui non sa nulla. A lui basta solo esaltare l'imprenditore.

Che la memoria storica sia andata persa è un fatto che non richiede commenti tanto è evidente. Ciò non toglie che questo articolo rappresenti una vergogna per un giornale che si definisce "quotidiano comunista".

Giorgio Amico