TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


mercoledì 30 dicembre 2009

Arte e Globalizzazione


MAP - Presidio di Savona


Che senso può ancora avere l'arte in un mondo sempre più globalizzato? Linguaggio universale, base di un nuovo umanesimo capace di fondere culture e storie diverse o rifugio identitario, causa di nuove separazioni? Questi in sostanza gli interrogativi a cui Giuliano Arnaldi cerca di dare una risposta nel testo che segue tratto dal suo libro "ARTE PRIMARIA Quando l'arte non è per tutti ma per ciascuno".


Giuliano Arnaldi

Arte primaria


Il termine “arte primaria”si va affermando essenzialmente in riferimento alle arti “tribali”extraeuropee, tra quanti ritengono che le culture definite primitive siano in realtà complesse, articolate e ricche di valore esattamente come le nostre, e che il termine primitivo sia quindi riduttivo se non offensivo. “La nostra scienza è giunta alla maturità il giorno in cui l'uomo occidentale ha cominciato a rendersi conto che non avrebbe mai capito se stesso finché sulla faccia della terra una sola razza, o un solo popolo, fosse stato da lui trattato come oggetto” dice Claude Levi Strauss. (Claude Lévi-Strauss, Elogio dell'antropologia, Einaudi 2008)

Inoltre molti pensano che i musei occidentali troppo spesso risultino luoghi dove appendere i “trofei di caccia” sottratti nei secoli ai vinti dal vincitore del momento e che il mondo contemporaneo, dove diverse identità convivono in ogni luogo, renda evidente l'inadeguatezza di questa visione dei musei, essendo sempre più globale e policentrico. E' una posizione che trova fondamento già nelle tesi di eminenti studiosi del Novecento, dal “Museo delle idee elementari” di Bastian al “Museo Immaginario” di André Malraux fino all’idea di Museo Diffuso che circola ormai da decenni.

MAP - Presidio di Albisola Superiore

Appartenenze e globalizzazione

Più in generale è utile ricordare che il deprecabile fenomeno della omologazione consumistica spesso convive con una altrettanto deprecabile esasperazione localistica e che diversità etniche o religiose si sovrappongono a irrisolti e vergognosi problemi di “diversità” economica sia tra le persone, sia tra i popoli, mentre “ è un universale che esige i particolari, è uno spazio che esige articolazioni, un cosmo che esige la pluralità delle eticità, una fraternità di diverse identità” ( Carlo Galli, L’Umanità Multiculturale, il Mulino 2008 ).
E’ un fatto che “ il mondo è ovunque” e che “ la globalizzazione è un confondersi reciproco”( idem), ma pensiamo che la valorizzazione delle differenze e la loro comprensione tenda a rappresentare l’unicità singolare dell’esperienza umana.
Le parole sono vive e spesso dicono molto dei popoli che le usano: il pronome noialtri , ad esempio, è una felice sintesi concettuale di ciò che si afferma in questo testo. Infatti questo pronome personale di prima persona plurale dichiara che noi – affermazione di identità e appartenenza- trova senso e si rafforza nel riconoscimento di ciò che è altri, e che è proprio in questa declinazione che si qualifica la nostra identità rafforzata e legittimata.
E’ questa alterità che ri-conosce l’identità, ri-trovandone una dimensione in qualche modo archetipica.
Il problema risulta ancora più attuale alla luce della crisi oggettiva della condizione umana di stanzialità, per la prima volta davvero in discussione forse dai tempi del Neolitico . Il mondo per come lo conosciamo nasce proprio con la trasformazione dell’uomo che da cacciatore/raccoglitore diventa prima pastore, poi contadino . Ecco che gli uomini diventati stanziali inventarono – come dice Jacques Attali- le fortezze, gli stati, le imposte, mentre i nomadi inventarono ( nello loro stato di nomadi) tutto il resto: Il fuoco, i linguaggi, le religioni, l’equitazione,l’agricoltura, l’allevamento, la lavorazione dei metalli, la navigazione, la ruota, la democrazia, il mercato, la musica, le arti.. ( Jacques Attali, L’uomo Nomade, Spirali 2006).
Oggi nuovamente grandi masse di persone si muovono , sia pure in condizioni e con motivazioni profondamente diverse. Moltitudini di poveri cercano riscatto ( più nella qualità della vita che dalla sopravvivenza), attive ed influenze minoranze si muovono per puro piacere o per interessi culturali. E’ evidente che tali migrazioni pongono problemi epocali, e forse ha ragione Attali dicendo che “ i grandi conflitti di domani non contrapporranno civiltà, ma l’ultimo impero stanziale, l’impero americano, a tre imperi nomadi non territoriali in competizione con l’America e in lotta l’uno con l’altro: tre imperi che aspirano a governare il mondo per contro proprio: il mercato, l’islam e la democrazia” ( idem).
Ma la caratteristica più dirompente del nomadismo contemporaneo è rappresentata dalla dimensione “nomade” della tecnologia , che consente una innovazione comunicativa epocale nelle potenzialità che contiene .
La Rete, il modo in cui è strutturata e sopratutto il modo in cui può essere gestita, è davvero l’elemento di sovversione più significativo degli ultimi millenni, paragonabile forse solo all’invenzione della ruota per le implicazioni che contiene. Internet obbliga ad esempio ad una ridefinizione del soggetto che agisce come protagonista: non più il “noi” diventato prima massa e poi pubblico televisivo della grande società dello spettacolo, ma “io” in prima persona. L’elezione di Barak Obama dimostra tra l’altro che questo “io” non è necessariamente condannato alla dimensione virtuale e solitaria ma può diventare reale e consapevole soggetto di cambiamento: cambia l’ottica, la struttura sociale diventa clanica e non piramidale, “noi” viene pensato come un insieme di “io” che si fonda su un comune sentire che è tale proprio perché io lo riconosco in me.
Il confine culturale rappresentato dal nomadismo è quindi uno dei cardini del nostro progetto.


MAP - Presidio di Savona


La funzione dell’arte

Ciò è particolarmente chiaro nell’arte: se l’ambito che essa comprende non è quello della realtà, ma quello della coscienza, come già dichiarava Emmanuel Löwy all’inzio del Novecento a proposito del disegno primitivo, i linguaggi artistici possono essere contributo unificante per la costruzione di un mondo nuovamente pensato come rete e non come piramide, dove identità e appartenenza producono curiosità e rispetto verso le diversità e non paura e antagonismo.
C’è infatti una sintonia profonda nella storia dell’uomo: nasce un moto di stupore davanti alla assonanza segnica che si percepisce dall’osservazione anche superficiale di manufatti che in comune hanno solo il materiale ( la terracotta ) e il periodo di esecuzione ( tra il 5000 e il 2500 a.c.) : parliamo delle terrecotte di Naqada, in Egitto, e di Yang Shao in Cina; uno sguardo unitario alle opere d’arte dei popoli di tremilacinquecento anni fa, dall’isola di Pasqua alla Corsica, dalla Tanzania alla Liguria , a Stonehenge evidenzia un comune sentire e andando ancora più indietro nel tempo accostare il linguaggio metaforico delle incisioni rupestri a Mirò o Keith Haring apre scenari suggestivi, universali, insieme fuori dal tempo e di quotidiana attualità. Può essere utile rimandare, per questo aspetto, alle teorie della psicologia della Gestalt sulla percezione della forma, non tanto perché l’insieme è più della somma delle sue parti, ma perché esso si svela nel particolare e ne svela la dimensione trascendente.
Da tempo il mondo della cultura e delle scienze si interroga sulle problematiche connesse a questi temi, partendo dalla convinzione generale che per le culture antiche è bene parlare sempre di linguaggio segnico e non di semplice decorazione. Fino a qualche decennio fa erano prevalentemente l’archeologia, l’antropologia e la filosofia ad indagare questo tema, ma “interfacciare” ad esempio le tesi sullo strutturalismo figurativo di Gilbert Durand o quelle di Leroi-Gourhan con il lavoro di genetisti come Cavalli Sforza o di linguisti come Noam Chomski, propone orizzonti ben più vasti che ormai comprendono a pieno titolo le neuroscienze ( Samir Zeki, La visione dell’interno, arte e cervello, Bollati Boringheri 2003), le matematiche ( Marcia Asher, Etnomatematica, Bollati Boringheri 2007), la fisica e l’informatica (Douglas Hofstadter, Anelli nell’io, Mondadori 2008 ) e molto altro ancora. Saltano gli schemi compartimentali a cui la cultura occidentale ci aveva abituato e l’approccio specialistico torna a misurasi con l’insieme, la domanda a cui rispondere ri-torna ad essere “Perchè” e non “Come”.
Il bisogno della traccia – che pensiamo essere insieme il motore e il carburante dell’azione artistica e che è secondo solo a quello del cibo fino dal tempo delle caverne – si misura nuovamente con ciò che Emmanuel Anati pone all’origine dell’esperienza culturale: ” sapere perché voglio sapere” .
E’ linguaggio comune che ri-diventa essenziale, nel bisogno di misurarsi con il mistero della vita e nella natura del segno che si libera delle incrostazioni lasciate da una cultura quantomeno sbiadita nel tempo.
In questo senso noi parliamo di arte primaria, cioè archetipica.


(Tratto da: Giuliano Arnaldi, Arte primaria, TribaleGlobale, Savona 2009)


Giuliano Arnaldi vive e lavora a Savona. Appassionato ed esperto di arte primarie, prevalentemente africane: ideatore e coordinatore del format culturale TRIBALEGLOBALE, ha curato eventi in luoghi diversi : 2000 -London, Black Soul, Nice 2004 Africa Anima del mondo in contempornea in diversi spazi museali e archeologici privati e pubblici, Il Padiglione della Marginalità nell'ambito della 52 Biennale di Venezia , la riapertura ( dopo ven'anni di chiusura) nel 2004 della casa Museo Jorn ad Albissola Marina. TRIBALEGLOBALE si occupa delle connessioni tra le arti prevalentemente extraeuropee e l'arte moderna e contemporanea, con particolare attenzione ai linguaggi artistici delle generazioni più giovani.