Tra i Futuristi Vittorio Osvaldo Tommasini (più conosciuto come Farfa) non ha mai goduto pienamente dei favori della critica, considerato dai più una figura di secondo piano, un artista di importanza solo locale. In realtà Farfa rappresenta una delle voci più originali se non l'anima stessa del movimento futurista come acutamente noterà Asgern Jorn che nel corso del suo lungo soggiorno ad Albisola ebbe modo di frequentarlo e conoscerlo bene.
Stelio Rescio
Farfa attraverso le lettere
Si noterà che nell’intestare le lettere, Farfa faceva seguire all’indicazione dell’anno le cifre in numeri romani, che in osservanza alle prescrizioni di allora avrebbero dovuto riferirsi al corrispondente anno dell’era fascista. Senonché “i conti non tornano”. Si veda la prima delle lettere che pubblichiamo, dove all’anno 1942 fa riscontro il numero XXXIII. In un primo tempo si era pensato ad una svista. Non è così, poiché la non concordanza delle date ricorre sistematicamente: ne troviamo conferma anche nella cartolina postale inviata a Gigi Caldanzano nell’aprile 1943. Quella di Farfa era dunque una scelta. E non ci vuol molto per rendersi conto che egli in realtà computava gli anni non già a partire dal 1922 ma dal 1909, anno di nascita, con la pubblicazione del manifesto marinettiano, del movimento futurista. Le eccezioni,. quando vi sono, sono dovute al fatto che la data è stata apposta con un timbro. Era “prestampata”.
Scopriamo qui un Farfa inatteso; una personalità che non può essere ricondotta, semplicisticamente, a quegli aspetti “bozzettistici” di cui una tradizione incline a interpretarne la figura secondo il cliché del poeta eterno fanciullo (inetto, dunque, per le cose del mondo), ci ha trasmesso il ricordo. Esse delineano il profilo di un intellettuale consapevole del ruolo attivo che aveva assunto in un movimento nel quale pienamente si identificava. Né gli mancavano le capacità organizzative e l’esperienza (evidentemente acquisite nella ormai ultraventennale partecipazione alle manifestazioni futuriste), accanto ad un sicuro intuito nell’interpretare gli umori e le reazioni della folla. Si vedano i minuziosi consigli e suggerimenti a Maria Ferrero Gussago in vista del “pomeriggio futurista” di Fossano. La sua travagliata preparazione è l’ “oggetto” principale attorno a cui ruota la fitta corrispondenza intercorsa in quel periodo tra i due. La manifestazione, se non ha assunto il rilievo di altre, precedenti esperienze, è da ricordare come uno degli episodi centrali di questa fase ormai declinante del futurismo savonese (e nazionale); non solo perché aveva preso spunto dal “Canzoniere futurista amoroso guerriero”, pubblicato a Savona e per il cui lancio era stata concepita, ma in quanto costituì un momento di lavoro collettivo nel quale i protagonisti di allora, Acquaviva, Farfa, Gussago, agirono secondo una “logica di gruppo”. E’ l’ulteriore dimostrazione di una presenza talmente radicata nella realtà savonese da poter ancora pensare se stessa, pur in tempi decisamente avversi per i drammatici avvenimenti che stavano per travolgere il paese, come un “movimento”capace, quindi, di contare sul futuro. Fu, invece, l’ultimo guizzo.
(Da: Maria Ferrero Gussago, a cura di Stelio Rescio, Edito dal Comune di Savona, Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura, Savona 1986, p. 113)
Si noterà che nell’intestare le lettere, Farfa faceva seguire all’indicazione dell’anno le cifre in numeri romani, che in osservanza alle prescrizioni di allora avrebbero dovuto riferirsi al corrispondente anno dell’era fascista. Senonché “i conti non tornano”. Si veda la prima delle lettere che pubblichiamo, dove all’anno 1942 fa riscontro il numero XXXIII. In un primo tempo si era pensato ad una svista. Non è così, poiché la non concordanza delle date ricorre sistematicamente: ne troviamo conferma anche nella cartolina postale inviata a Gigi Caldanzano nell’aprile 1943. Quella di Farfa era dunque una scelta. E non ci vuol molto per rendersi conto che egli in realtà computava gli anni non già a partire dal 1922 ma dal 1909, anno di nascita, con la pubblicazione del manifesto marinettiano, del movimento futurista. Le eccezioni,. quando vi sono, sono dovute al fatto che la data è stata apposta con un timbro. Era “prestampata”.
Scopriamo qui un Farfa inatteso; una personalità che non può essere ricondotta, semplicisticamente, a quegli aspetti “bozzettistici” di cui una tradizione incline a interpretarne la figura secondo il cliché del poeta eterno fanciullo (inetto, dunque, per le cose del mondo), ci ha trasmesso il ricordo. Esse delineano il profilo di un intellettuale consapevole del ruolo attivo che aveva assunto in un movimento nel quale pienamente si identificava. Né gli mancavano le capacità organizzative e l’esperienza (evidentemente acquisite nella ormai ultraventennale partecipazione alle manifestazioni futuriste), accanto ad un sicuro intuito nell’interpretare gli umori e le reazioni della folla. Si vedano i minuziosi consigli e suggerimenti a Maria Ferrero Gussago in vista del “pomeriggio futurista” di Fossano. La sua travagliata preparazione è l’ “oggetto” principale attorno a cui ruota la fitta corrispondenza intercorsa in quel periodo tra i due. La manifestazione, se non ha assunto il rilievo di altre, precedenti esperienze, è da ricordare come uno degli episodi centrali di questa fase ormai declinante del futurismo savonese (e nazionale); non solo perché aveva preso spunto dal “Canzoniere futurista amoroso guerriero”, pubblicato a Savona e per il cui lancio era stata concepita, ma in quanto costituì un momento di lavoro collettivo nel quale i protagonisti di allora, Acquaviva, Farfa, Gussago, agirono secondo una “logica di gruppo”. E’ l’ulteriore dimostrazione di una presenza talmente radicata nella realtà savonese da poter ancora pensare se stessa, pur in tempi decisamente avversi per i drammatici avvenimenti che stavano per travolgere il paese, come un “movimento”capace, quindi, di contare sul futuro. Fu, invece, l’ultimo guizzo.
(Da: Maria Ferrero Gussago, a cura di Stelio Rescio, Edito dal Comune di Savona, Assessorato alla Pubblica Istruzione e Cultura, Savona 1986, p. 113)
Asger Jorn
Farfa, l'eterno futurista
Un movimento artistico si caratterizza per la sua concentrazione creativa e per la fertilità e l'universalità del suo spirito.
Io sono incapace di penetrare nella poesia italiana di Farfa ma sono capace di sentire l'universalità di spirito di queste pitture, di questi disegni e di questi collages. Marinetti è il futurista più conosciuto, Boccioni è il più grande pittore futurista, ma io considero Farfa come il più grande futurista, l'unico autentico futurista superstite, il re dei futuristi, perchè Farfa non fa del futurismo ma lo vive, l'ha sempre vissuto. Egli è il futurista eterno e poiché il futurismo è così profondamente italiano, io vedo nella vita, il destino e l'arte di Farfa lo spirito indomabile dell'italo-romano con tutto quello che ciò comporta. Come Petruschina materializza l'anima russa, così nei secoli futuri ci sarà un Farfa il futurista tra le marionette dei piccoli teatri ambulanti in Italia, è ovvio. Nella purezza della sua anima futurista, egli di fatto amplia le frontiere del futurismo fino ad inglobarvi il surrealismo di Matta e Lam, l'astrattismo, il simbolismo, tutto. Egli arriva fino a restituirlo alla gioventù, come una grande offerta, come pubblico sacrificio con la grande dignità dell'uomo mille volte mortificato dall'enormità del suo compito.
(Da: Farfa, il futurista, Milano 1959, p. 5)
Farfa, l'eterno futurista
Un movimento artistico si caratterizza per la sua concentrazione creativa e per la fertilità e l'universalità del suo spirito.
Io sono incapace di penetrare nella poesia italiana di Farfa ma sono capace di sentire l'universalità di spirito di queste pitture, di questi disegni e di questi collages. Marinetti è il futurista più conosciuto, Boccioni è il più grande pittore futurista, ma io considero Farfa come il più grande futurista, l'unico autentico futurista superstite, il re dei futuristi, perchè Farfa non fa del futurismo ma lo vive, l'ha sempre vissuto. Egli è il futurista eterno e poiché il futurismo è così profondamente italiano, io vedo nella vita, il destino e l'arte di Farfa lo spirito indomabile dell'italo-romano con tutto quello che ciò comporta. Come Petruschina materializza l'anima russa, così nei secoli futuri ci sarà un Farfa il futurista tra le marionette dei piccoli teatri ambulanti in Italia, è ovvio. Nella purezza della sua anima futurista, egli di fatto amplia le frontiere del futurismo fino ad inglobarvi il surrealismo di Matta e Lam, l'astrattismo, il simbolismo, tutto. Egli arriva fino a restituirlo alla gioventù, come una grande offerta, come pubblico sacrificio con la grande dignità dell'uomo mille volte mortificato dall'enormità del suo compito.
(Da: Farfa, il futurista, Milano 1959, p. 5)
Farfa, Incontro di prue (1929)
Asger Jorn
Farfa e il futurismo italiano
Non so perché Marinetti abbia definito Farfa il Re del Futurismo. In ogni caso, egli aveva ragione. Farfa è senza dubbio il solo vero futurista e il solo incorruttibile. E anche il solo sopravvissuto. L'averlo conosciuto e il conoscerlo rappresenta una delle cose a cui tengo di più. Non ho mai visto un artista così profondamente impegnato nella vita o che affrontasse la prospettiva dei futuri sviluppi con una simile foga e un simile entusiasmo. Questo non fa di lui un artista. La sua arte consiste nella capacità di trasformare questa esperienza in una visione dal valore universale e durevole. Il suo quadro con l'aereo e il sottomarino non ha nulla a che vedere con le banalità dell'aviazione. Per lui, è il sottomarino che sogna il cielo e l'aereo che si strugge per le profondità del mare: l'aspirazione della vita marina per il cielo, e di tutto ciò che è alato per la calma che è al di sotto. Viene da pensare a Gaston Bachelard. Il suo tavolo da biliardo sorride e diviene ciò che Matta avrebbe chiamato un “Essere-con”. Farfa è assai vicino a un pittore come Matta, è evidente. Farfa è il solo futurista che indichi una via verso il futuro. Farfa è il solo futurista autentico.
(Da: Asger Jorn, Discours aux pingouins et autres écrits, Paris 2001, p. 186)
Farfa e il futurismo italiano
Non so perché Marinetti abbia definito Farfa il Re del Futurismo. In ogni caso, egli aveva ragione. Farfa è senza dubbio il solo vero futurista e il solo incorruttibile. E anche il solo sopravvissuto. L'averlo conosciuto e il conoscerlo rappresenta una delle cose a cui tengo di più. Non ho mai visto un artista così profondamente impegnato nella vita o che affrontasse la prospettiva dei futuri sviluppi con una simile foga e un simile entusiasmo. Questo non fa di lui un artista. La sua arte consiste nella capacità di trasformare questa esperienza in una visione dal valore universale e durevole. Il suo quadro con l'aereo e il sottomarino non ha nulla a che vedere con le banalità dell'aviazione. Per lui, è il sottomarino che sogna il cielo e l'aereo che si strugge per le profondità del mare: l'aspirazione della vita marina per il cielo, e di tutto ciò che è alato per la calma che è al di sotto. Viene da pensare a Gaston Bachelard. Il suo tavolo da biliardo sorride e diviene ciò che Matta avrebbe chiamato un “Essere-con”. Farfa è assai vicino a un pittore come Matta, è evidente. Farfa è il solo futurista che indichi una via verso il futuro. Farfa è il solo futurista autentico.
(Da: Asger Jorn, Discours aux pingouins et autres écrits, Paris 2001, p. 186)