TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 2 gennaio 2010

Guido Seborga, l'uomo di Bordighera


Guido Seborga

Il 10 ottobre 1909 nasceva a Torino Guido Hess, più noto come Guido Seborga, uno dei più significativi autori liguri del secondo dopoguerra. Morirà il 13 febbraio 1990, dopo una lunga malattia, all'ospedale Mauriziano di Torino nell'indifferenza quasi generale di stampa e critica.
Un silenzio durato fino al 2003 quando il giornalista torinese Massimo Novelli fa uscire il volume L'uomo di Bordighera, che è al contempo inchiesta giornalistica, tentativo di biografia e appassionato tributo ad uno dei più significativi scrittori del secondo dopoguerra. Da allora l'interesse verso Guido Seborga è andato crescendo: convegni, mostre (Seborga fu anche apprezzato pittore), ricerche, ristampe. Un doveroso risarcimento per un silenzio durato troppo a lungo.
Noi lo ricordiamo oggi riprendendo dal sito http://www.bordighera.net/ (che ringraziamo) l'interessante articolo dedicato da Claudio Panella allo scrittore e alla sua città di adozione.
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Claudio Panella

Dedicato a Guido Seborga

Fin dagli anni ’50 Bordighera è stato un centro culturale decisamente animato, e Seborga passava spesso le sue giornate nei caffè del centro, intrattenendosi con coloro che diverranno i suoi compagni di una vita. Nei locali ormai scomparsi del Gran Caffè della Stazione, o del Caffè Giglio sull’Aurelia, poi del bar Chez Louis di C.so Italia (davanti all’allora sede del P.S.I), si è incontrata e formata più di una generazione di artisti liguri: oltre a quella di Seborga e dei pittori Balbo e Maiolino, che all’inizio degli anni ’50 fondarono i premi delle “Cinque Bettole” per la pittura e per la letteratura, passando libri e stimoli a scrittori come Sanguineti e Biamonti, quella più giovane di Giorgio Loreti e Angelo Oliva, che insieme a Seborga scoprirono i poeti francesi, i surrealisti, gli esistenzialisti e la politica. Tutti i nomi sopra citati, e non solo, furono variamente influenzati dall’azione continua di formazione e incitamento all’organizzazione giovanile che Seborga portò avanti nella Bordighera di quegli anni.
Nel 1956 Seborga, che già conosceva Francesco Biamonti e faceva parte della giuria delle “Cinque Bettole”, lo indusse a parteciparvi con la speranza che si mettesse in luce: e infatti "Dite a mio padre" vinse il concorso diventando il secondo racconto pubblicato da Biamonti, il giorno dopo la premiazione, il 12 agosto del 1956, su “Il nuovo eco della Riviera”. Si tratta di un racconto di memoria sulla guerra e la Resistenza, nel quale Biamonti sembra ispirarsi proprio al Seborga de "L’uomo di Camporosso" e alla letteratura sulla Resistenza francese di Vercors e Aragon, per il suo tono a tratti da dramma popolare.
Anche la successiva pubblicazione di Biamonti, l’estratto di romanzo (altrimenti inedito) "Colpo di grazia", venne pubblicato e presentato da Seborga in “A Barcà. Notizie da Bordighera”, un numero unico che conteneva il catalogo delle opere esposte nella mostra Chez Louis e alcuni scritti inframmezzati da riproduzioni.
Seborga non perdeva occasione per promuovere i suoi compagni e per Biamonti fu uno straordinario ufficio stampa: fece scrivere su un “Corriere Mercantile” che “Tra Bordighera e Ventimiglia si vede aggirarsi lo scrittore Francesco Biamonti, premio 5 Bettole per un racconto, con una cartelletta ricca di fogli, si tratta di un romanzo, ci auguriamo che presto nasca sulla costa di Ponente un nuovo scrittore valido, accanto ai buoni pittori che già qui esistono…” ; in seguito riscrisse sullo stesso giornale, prendendosela contro i soliti “piccoli giochi d’interesse localissimi”, che “bisogna sempre aiutare i migliori giovani di qui. Lo scrittore Biamonti, già premio Cinque Bettole, ha recentemente terminato un valido romanzo, Colpo di grazia che sta interessando i migliori editori” ; e ancora, in un articolo dal titolo di Nuovi fiori sulla nostra costa, Seborga citava “le pagine scritte da certi giovani come Oliva, Lanteri, Loreti, per non dire del romanzo "Colpo di grazia" di Biamonti, dimostrano ampiamente che un clima di ricerca intellettuale i migliori giovani hanno saputo creare” .
Il romanzo fu comunque scritto e riscritto da Biamonti senza essere mai pubblicato ma possiamo notare che il brano edito iniziava con le seguenti parole: “‘Riusciamo sempre a crearci una vita in una assunzione di uomini e di cose, in una continua incarnazione, visibile o segreta’”. Tutto Colpo di grazia esplorava infatti il tema della presenza/assenza alla realtà, caro a surrealisti ed esistenzialisti e probabilmente ispirato dagli infiniti dibattiti con lo stesso Seborga. Rispetto al racconto precedente di Biamonti, si può notare in questo scritto una netta evoluzione sia del linguaggio che delle tematiche, e proprio in questa ci pare di ravvisare il ruolo di Seborga: da un lato per lo sforzo teso a dare al linguaggio e alla pagina un valore ritmico superiore; dall’altro poiché Seborga, avendo vissuto a Parigi ha svolto in Italia una funzione di cerniera tra due movimenti, quello delle Avanguardie storiche e quello dell’Esistenzialismo francese. D’altra parte Seborga conobbe a Parigi Jacob, Duchamp e lavorò a “Europe” con Artaud, Aragon, Bloch, Eluard, ma frequentò anche la Sorbona (come già alcuni anni prima Ungaretti che vi seguiva le lezioni di Bergson) e Camus, Sartre, Simone De Beauvoir, Merleau Ponty. La sua posizione sul realismo e il romanzo fu sempre molto precisa e dichiarata: da giovane si definì surrealista per la sua frequentazione parigina di Artaud, Breton, Eluard, Tzara e precisò poi che solo dal surrealismo poté nascere il suo realismo, la sua avanguardia internazionale, che in Italia voleva proseguire l’opera di Verga, Tozzi, Alvaro, Jahier… ”Se non ci fosse stato il Surrealismo forse non saremmo nati, e anche molte delle tematiche esistenzialiste erano già contenute nei manifesti di Breton e di Eluard” .
Seborga considerava quindi la propria fede “realista” come una sintesi delle avanguardie, e sostenne con consapevolezza un ruolo peculiare per tanti giovani, liguri e non, che gli è stato riconosciuto anche da Edoardo Sanguineti:
Bordighera è legata al mio entrare nella conoscenza della scrittura, per esempio. Ecco, mi sedevo in un caffè, la mattina, e lì, lontano dalla confusione di oggi, leggevo, imparavo. Vi conobbi Guido Hess, un romanziere torinese … il quale aveva pubblicato qualcosa col proprio nome e, in seguito, con quello di Guido Seborga. Ebbe un momento di fama e poi fu ingiustamente dimenticato. Di lui ricordo un primo romanzo (si era nei primi anni '50) e un altro in versi. Era un personaggio singolare, una sorta di sperimentalista “ante litteram”. Passeggiavamo sul lungomare di Bordighera e chiacchieravamo. Fu uno dei miei primi punti di riferimento culturale e mi fece conoscere Antonin Artaud, di cui mi prestò “Héliogabale” .
Sanguineti ricorda spesso che grazie a Seborga scoprì l’Avanguardia, che era poco amata dai neorealisti: “si trattava di trovarli questi libri e Seborga me li portava. Curioso, lui che scriveva romanzi nient’affatto spregevoli ma nell’ambito di una poetica neorealista, mi iniziò alla conoscenza delle avanguardie storiche… Ma era un tipo bizzarro”.
Va sottolineato come i dibattiti, pubblici e privati, promossi da Seborga a Bordighera abbiano formato profondamente intere generazioni: alle diverse iniziative già messe in atto se ne aggiunse una nuova quando, alla fine degli anni ’50, il giovane socialista Giorgio Loreti e altri suoi colleghi chiesero aiuto anche a Seborga per la fondazione dell’Unione Culturale Democratica. Lo stesso nome del “circolo” fu suggerito da Seborga, che era stato tra i fondatori più impegnati dell’Unione Culturale a Torino e forse voleva così portar bene all’iniziativa. L’Unione ha un primo nucleo nel 1958 a Vallecrosia, ma solo nel 1960 promuove un convegno diretto da Guido Seborga dal tema “Perché leggi?” a Ventimiglia, iniziando attività regolari e la pubblicazione de “Il giornale” come Unione Culturale Edmondo De Amicis. La sede fu trovata a Bordighera in un sotterraneo sull’Aurelia, denominato “la Buca”. Nel programma si dichiarava il desiderio di mettersi “alla testa delle forze giovanili d’avanguardia che intendono un rinnovamento in senso democratico e sociale dell’attuale situazione italiana e internazionale” .
Oltre alla pubblicazione del giornale, il circolo organizzava incontri e attività culturali. Alcune erano di formazione interna, come ad esempio le lezioni su Tommaso Moro e Tommaso Campanella tenute da Loreti nel dicembre del 1960, o quella di Enzo Maiolino su Cézanne. Altre si tenevano invece al Palazzo del Parco di Bordighera ed erano di maggiore rilevanza, come le mostre sui campi di sterminio nazisti e sulla Resistenza italiana o lo storico Convegno sull’Obiezione di Coscienza, che fu il primo in Italia, nel 1962, con interventi di Guido Seborga ed Aldo Capitini .
Dal 30 dicembre del 1960 “Il Giornale” è firmato Unione Culturale Democratica, viene meno il riferimento a De Amicis, ed è riformulato un programma più dettagliato. Il numero di gennaio si apre con un articolo di Seborga, Teppisti giovani e rossi, in cui lo scrittore incita ragazze e ragazzi ad avere il coraggio di prendere la parola, di scrivere, di farsi sentire.
Sul “Corriere della Riviera” del 28 agosto 1963, Seborga scrisse dell’UCD: “Ne fanno parte molti miei amici ed io non sono stato mai impegnato nella direzione, non amo simili uffici. È nata per impeto spontaneo di un gruppo di giovani che desiderano discutere a fondo tutti i problemi dell’ora attuale”. Aggiunse poi che alcuni anziani si erano aggiunti al gruppo, ribadendo il proprio impegno nella salvaguardia e nella riuscita di tali laboratori per imparare “le libere leggi dell’intelligenza” .
La rivista dell’Unione Culturale Democratica fu quindi il banco di prova, il primo spazio libero per molti dei giovani, bordigotti e non, che poi si dedicarono alla scrittura, alla pittura, alla politica. Fin dai primi numeri vi scrissero con Giorgio Loreti, Beppe Maiolino, Angelo Oliva e in una delle sue poche uscite di questo tipo Francesco Biamonti. Andrebbe analizzato con attenzione il testo di un lungo articolo scritto da Biamonti nell’aprile-maggio 1961 , in occasione della morte di Merleau Ponty. I legami tra quest’ultimo, Biamonti e Seborga sono molteplici e come il filosofo francese, Seborga fu conquistato dalla biografia di Antonin Artaud su Van Gogh, intitolata Van Gogh, il suicidato della società , tanto che questa sarà all’origine del proprio interesse sull’arte figurativa e i problemi del rapporto tra la realtà e l’uomo.
Seborga, dalle pagine del “Corriere Mercantile” o del “Lavoro”, non scordava mai di sottolineare la necessità (oltre che di premi per i giovani) di nuove università popolari per l’insegnamento delle letterature e di nuove scuole di pittura come quella tenuta da Balbo .
Negli anni '60, in rotta con molti editori, intraprese con più continuità la sua attività di pittore, curando anche alcuni cicli di conferenze dal titolo “Incontri con l'uomo” a Sanremo, a cui partecipò tra gli altri il Nobel Salvatore Quasimodo.
Nel 1961, riuscirà a far ricominciare il premio “Cinque Bettole”, dopo un anno di sospensione, riservandolo agli under 25 per farlo ricrescere in quella “francescana povertà” che lo caratterizzava. E vi sarà coinvolto nuovamente Biamonti, facendo parte (con presidente Seborga) della giuria che premierà il ventunenne Angelo Oliva per il racconto Una grossa porcheria, e come secondo il venticinquenne Bruno Gambarotta, di Torino… un’altra insospettabile scoperta…
Tali iniziative proseguiranno in modo più o meno continuo per tutto il decennio, nel quale Seborga riuscì a essere promotore di un programma di mostre d’arte figurativa, fece parte del comitato d’organizzazione del ciclo di incontri artistici e letterari dal titolo “Dibattiti Arti e Scienze” e della commissione per il coordinamento delle iniziative artistiche e culturali del Comune di San Remo . Poi, riconvinta l’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Sanremo-Ospedaletti a investirlo dell’incarico di realizzare un nuovo ciclo di conferenze , Guido Seborga le inaugurò nella Sala del Teatro del Casinò Municipale il 21 febbraio del 1967 con un dibattito dal titolo “Libri veri, libri falsi nella nostra epoca”, conferenziere lo scrittore e critico Giancarlo Vigorelli (in quel periodo anche Segretario Generale della Comunità Europea degli Scrittori, Comes): tema, come sempre, il realismo come “mezzo dialettico di conoscenza della realtà”.

(Da. http://www.bordighera.net/)