TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


sabato 17 aprile 2010

Marino Magliani, Vite di periferia



Ci sono luoghi quasi sospesi, reali eppure simili a non luoghi, a incubi notturni. Le periferie di Vincenzo Pardini, realtà ambigue e inquietanti, , nè città nè campagna, appartengono a questa categoria.

Marino Magliani

Vite di periferia

Quando ancora non avevo letto nulla di Vincenzo Pardini e ciò che sapevo di lui era soltanto cosa si diceva, trovavo inquietante che un autore fosse ritenuto un maestro assoluto del racconto. Cosa significava esserlo? Quanti scrittori in Italia sono autori di splendidi racconti e raccolte, mi dicevo. Poi l'ho letto e ho capito parecchie cose. Una di queste è che Vincenzo Pardini non è un maestro del racconto italiano, poiché un maestro dovrebbe dare un esempio - il suo narrare in questo caso-, diventare una scuola. Ma questo è impossibile, i racconti di Pardini sono pezzi unici, non si smontano. E il suo stile, il suo taglio, le sue inarcature e il suo passo sono inimitabili.
Anche stavolta, per non smentirsi, con Banda randagia Pardini ci dà prova della sua unicità. Forse ci concede meno ruralitá, penso ai prati e il fieno di La terza Scimmia (Quiritta 2001) e i tori paralizzati e le aquile di Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo (Transeuropa 2010), e ci regala di più le pitture nere della notte.
Parliamone con l'autore.

Pardini, forse solo nel coltellino, il racconto più breve di questa raccolta, ritroviamo gli oggetti della ruralitá pardiniana. Per il resto il lettore si ritrova gettato in una notte che non appartiene più al campo, ma alla periferia della città, quella che si è avvicinata ai paesi, con la sua maledizione, il crimine, e la durezza e il gelore delle rivoltelle che bruciano nelle mani.

«Lo scrittore ha il dovere di raccontare la verità. Uno scrittore non costruisce maschere, ma le distrugge. Dai boschi e dai monti, nei quali ritornerò anche per ossigenarmi, mi sono trasferito nella periferia e in città: luoghi che frequento da anni, quasi 35, per il mio mestiere di guardia giurata, preposta ai servizi notturni. In questi anni ho assistito al capovolgimento antropologico della società; all'uomo del passato se n'è sostituito uno nuovo e inaspettato: quello criminale. Una criminalità che non è solo di ladri e delinquenti abituali, professionali o per tendenza, ma anche nostra, di tutti. La criminalità è un virus, una tentazione che contamina. Il fatto che i cittadini debbano stare vigili di notte, per evitare le visite dei ladri, e il pensiero di doverci difendere se questi ci aggrediscono ci induce a diffidare del prossimo, a essere pronti a reagire. Uno stato di guerra, di all'erta, dove può accadere di tutto».

Eldo, l'assassino seriale di Banda randagia, che dà il titolo alla raccolta, è diventato tale perché un giorno ha trovato una rivoltella o forse perché aspettava soltanto l'occasione per esserlo?

«Eldo è un giovane dei nostri tempi. Un ragazzo frustrato, che non riesce a realizzarsi. Penso a quelli che lanciavano sassi dai ponti dell'autostrada o che aggrediscono gli extracomunitari. Debbono dimostrare a se stessi e al prossimo che esistono. Lui lo fa in maniera sua: con una pistola. Ma avrebbe potuto farlo anche con un coltello, o un sasso. Il criminale ha dentro impulsi irrefrenabili, una libido di morte di cui deve liberarsi. Alcuni lo fanno uccidendo donne. Eldo Culmine, il protagonista del racconto, è killer seriale che uccide per uccidere. Mimetizzato nelle istituzioni, come frequentatore di un poligono, esprime il malessere o i malesseri di questa nostra società e del suo doppio. La banda di cani randagi che lo sbrana, credo lo faccia perché ne ha fiutato la pericolosità. Gli animali, spesso, sono veggenti, per questo dovevano esserci anche in queste pagine. E non solo cani, ma anche cinghiali. Vittime sacrificali di una caccia che ci riporta all'era della pietra».


Scheda del libro

Donata è una donna misteriosa dalla vita apparentemente irreprensibile. Eppure in casa sua nasconde un grande serpente che un cinese le ha venduto come "animale d'affezione e compagnia". Donata coltiva nel suo privato una torbida sessualità che la porta a relazioni ambigue, con uomini e con donne, finché il giro delle sue conoscenze inizia a essere scosso da morti accidentali... tutte molto sospette. Inizia con "La moglie del serpente" questa raccolta di storie criminali firmata da Vincenzo Pardini. In "Ferrovia parallela" il protagonista è in servizio sui treni e rimane prigioniero di un vagone, da cui non scenderà forse più, per un viaggio mozzafiato nelle viscere della terra. L'avventura non si conclude, resta aperta nel mezzo di una campagna innevata, forse la Siberia. La novella "Banda randagia" è la vicenda di un operaio che rinviene per caso in una cartiera una pistola. L'apparente routine di tutti i giorni verrà quindi sconvolta e il tranquillo operaio si trasformerà in un serial killer sanguinario, una spirale che si fermerà quando irromperà una banda di cani randagi. Sin dal primo racconto di questo libro fuori dal comune, si entra nel mondo di Vincenzo Pardini. Emozioni, passione, sangue, sensualità, misfatto e giustizia.

Vincenzo Pardini
Banda randagia
Fandango Libri 2010
15 euro

Marino Magliani (Dolcedo, Imperia, 1960), scrittore e traduttore, ha soggiornato a lungo in Spagna e in America Latina prima di stabilirsi in Olanda, dove attualmente vive e lavora.
Ha pubblicato: L'estate dopo Marengo (Philobiblon 2003), Quattro giorni per non morire (Sironi 2006), Il collezionista di tempo (Sironi 2007), Quella notte a Dolcedo (Longanesi 2008), La tana degli alberibelli (Longanesi 2009) e, con Vincenzo Pardini, Non rimpiango, non lacrimo, non chiamo (Transeuropa 2010). Con La tana degli alberibelli ha vinto la prima edizione del Premio Frontiere-Biamonti "Pagine di Liguria".