Qualche mese dopo la
morte di Bordiga nell'estate del 1970 Critica sociale, rivista
socialista riformista, pubblica un ricordo del rivoluzionario
napoletano. L'autore è l'italo-americano Vanni Montana, sindacalista
e collaboratore dei servizi segreti americani. L'articolo è importante perchè testimonia di come Bordiga rifiutasse sdegnosamente nel 1944 ogni contatto con i Servizi USA che intendevano utilizzarlo in funzione anti-togliattiana.
Vanni B. Montana
Ricordo di Amadeo Bordiga
|
Al
ritorno da una breve vacanza, trovo la notizia che la morte ha colto,
nella residenza di Formia, Amadeo Bordiga. Aveva 81 anni. Sicuro,
Bordiga fu il vero fondatore del partito comunista in Italia, nel
teatro San Marco di Livorno, febbraio del 1921. La gioventù
socialista, nella schiacciante maggioranza, con in testa il suo vero
figlio politico di quel tempo, Giuseppe Berti, lo seguì al canto
dell'Internazionale e gli fornì il più entusiastico, direi fanatico
sostegno.
Mi
sono chiesto sovente, perchè Bordiga, uomo tutto di un pezzo,
ingegnere che aveva «matematicizzato» il marxismo più ortodosso,
negazione di ogni atteggiamento poetico, romantico, sentimentale,
fosse riuscito, in quel tempo, a farsi seguire fanaticamente dalla
gioventù socialista, diventata poi, in gran parte, comunista, del
Partito Comunista d'Italia.
Forse
la spiegazione la diede, a me curioso giovanetto, il Prof. Antonio
Graziadei, rinomato marxista di quel tempo: «Bordiga ha il difetto
di essere un uomo serio in un popolo ricco di buffoni e di
ciarlatani»
Potrei
aggiungere, forse, che la chiarezza matematica, e nel contempo
massiccia e schiacciante, delle sue tesi, offrivano ai giovani le
soluzioni semplicistiche e finalistiche da cui, per loro natura,
erano più facilmente attratti.
Bordiga,
superato l'astensionismo elettorale del periodo precedente al
congresso di Livorno e che gli procurò le critiche di Lenin, ritenne
che la rivoluzione non poteva che essere vicina, inevitabile, che il
capitalismo italiano non sarebbe riuscito a cavarsela dai
sommovimenti di quell'immediato dopoguerra, e che, data la favorevole
situazione obbiettiva (la situazione definitivamente rivoluzionaria),
per evitare che tutto finisse nel caos, nella fine della civiltà,
occorreva approntare la condizione soggettiva, cioè la formazione
immediata di un partito comunista, che rompesse con ogni forma di
opportunismo politico e sindacale. I giovani erano abbagliati, e per
un momento anche chi scrive ne subì un certo incanto.
Preso,
tutto preso nel suo «matematicismo» marxista, Bordiga, con le sue
Tesi al Secondo Congresso della Terza Internazionale, che fece
sostenere da Umberto Terracini, allora suo fedelissimo seguace, sfidò
Lenin e Zinoviev, e da quel momento i suoi contrasti con Mosca non si
attenuarono, anzi aumentarono di asprezza. Mosca iniziò la manovra
sotterranea volta a minargli la base, per corrompergli, non solo
ideologicamente, uno dopo l'altro i più fidi collaboratori, fra cui
il Berti, uomo e studioso preparatissimo, forse e senza forse più di
Togliatti, e da costui perciò a poco a poco declassato in questo
ultimo dopoguerra, nella gerarchia suprema del partito comunista
italiano. Il partito aveva assunto questo nome dopo che nel congresso
clandestino di Lione Bordiga era stato espulso (mi pare che egli
allora fosse in carcere in Italia) e dopo che un gruppo di
irriducibili bordighiani emigrati in Francia, fra cui il Prof.
Michele Pappalardi, il veemente e coraggioso operaio metallurgico
toscano Bibbi, ed altri erano stati violentemente aggredito e poi,
secondo una loro accusa, denunciati dai nuovi gerarchi del partito
alla polizia francese ed espulsi dalla Francia. In tal modo la
riorganizzazione strutturale del partito ed il suo asservimento alla
politica di Mosca potè continuare senza troppi disturbi bordighiani.
Indubbiamente,
l'analisi fatta da Bordiga (ed anche, del resto, da Lenin) che il
capitalismo non sarebbe riuscito a risollevarsi dalla crisi del 1921,
era errata. Quando il Partito Comunista d'Italia venne fondato,
creando la «condizione soggettiva» si era già entrati in una
situazione controrivoluzionaria, che trovava la classe operaia
italiana sulla difensiva, le sue camere del lavoro, leghe e
cooperative, dirette da socialisti e non da comunisti, venivano
distrutte col ferro e col fuoco, per cui la scissione di Livorno non
trovò né giustificazione storica né successo politico.
Tutto
preso nel suo puro matematicismo marxista, Bordiga, alla vigilia
dell'ottobre 1922, proprio pochi giorni prima della marcia su Roma,
dichiarava che il fascismo non avrebbe preso il potere, perchè il
capitalismo gli ... preferiva la democrazia. Quando arrivò a Mosca
la notizia che il re aveva reso possibile il successo della
marcia su Roma chiamando al governo Mussolini, Zinoviev cercò di
prendersi la «rivincita ideologica» su Bordiga, definendolo «un
poteau télégraphique» senza fili e aggiungendo: «Se non fossimo
sicuri della sincerità di Bordiga, dovremmo pensare ad un suo
tradimento».
Bordiga
(al centro) nel primo dopoguerra
Un
po' più tardi, Bordiga, nettamente sfidò Mosca, dichiarando che il
Partito Comunista d'Italia non avrebbe mai rinunciato al suo diritto
di manifestare le proprie vedute anche in dissenso con Mosca. Questo
fu il principio della sua fine in quanto capo del partito.
In
retrospettiva si potrebbe dire che se Bordiga non fosse finito in
carcere e se il Partito Comunista d'Italia non fosse stato sciolto
dalla dittatura mussoliniana, Mosca non sarebbe riuscita, come è
riuscita poi, ad asservire il comunismo italiano alla sua politica.
Il dissenso fra un partito comunista d'Italia, diretto da Bordiga, e
il Cremlino sarebbe probabilmente aumentato fino alla rottura.
D'accordo sono con coloro i quali dicono che in un certo senso
Bordiga fu un precursore del dissenso maoista e del recente dissenso
italiano del gruppo del «Manifesto».
Tutti
i giornali italiani si occupano in questi giorni di Amadeo Bordiga,
figlio napoletano di un alto funzionario piemontese e di una contessa
Amidei che volle battezzarlo appunto col nome di Amadeo e non Amedeo
come tanti scrivono credendolo più corretto.. Certo Bordiga, figura
di assoluta integrità, per ripetere quel che una volta mi disse
Graziadei, resta nella storia del comunismo italiano col ... difetto
dell' «uomo serio fra tanti buffoni e ciarlatani».
Nell'agosto
del 1944, trovandomi a Roma con Antonini poco dopo l'ingresso degli
americani - la città era al buio, affamata - una curiosità
suscitata dai ricordi giovanili mi fece cercare Amadeo Bordiga.
Un
giovane socialista di gran nome, mi disse: «Vuoi vederlo? Te lo
faccio vedere». E così lo incontrai. Era rimasto lo stesso del
1921, però con l'aspetto fisico molto meno teso di allora. Non volle
nessun aiuto, neanche un caffè. Si ricordava di me, di un articolo
che verso il 1921 avevo scritto sull'occupazione, da me capeggiata,
del feudo Zafferana nelle vicinanze di Mazara del Vallo in Sicilia.
La moglie, Ortensia, della famiglia di Corso Bovio, era sofferente;
me lo disse una sua sorella ed a questa, sperando che raggiungesse
Ortensia, diedi un po' di quel che Sheba Strunsky, dell'International
Rescue Committee, mi aveva consegnato per aiutare qualche bisognoso.
Critica
Sociale n. 16-17, 5 settembre 1970
Nota
|
Giovanni Buscemi
nacque a Mazara del Vallo in provincia di Trapani il 12 febbraio del
1902; aderì giovanissimo al PSI e poi, dalla fondazione, al
P.C.d'I.; divenne, dopo un arresto nel 1923, confidente della polizia
fascista. Alla fine degli anni venti emigrò negli Stati Uniti dove
assunse il nome di Vanni B. Montana; successivamente divenne un
importante dirigente dei sindacati americani. Intervenne
costantemente nelle vicende politiche italiane dalla scissione
sindacale del 1948 a tutti gli anni Sessanta. Figura chiave della
politica anticomunista svolta in Italia dal Dipartimento di Stato e
dai Servizi USA. Morirà a New York il 3 novembre 1991.
Sulla figura di Vanni
B. Montana un interessante saggio di Angela Torelli : "La doppia
vita di un antifascista italo-americano. Vanni Montana da informatore
della polizia italiana ad agente dell'OSS" (in: Nuova storia
contemporanea, n. 1, 2004, pp. 81-94).
Nell'articolo è
presente un evidente errore: Bordiga non fu espulso dal partito nel
1926 ma nel 1930.
(In
ricordo di Sandro Saggioro e di Avanti Barbari!)