Pensata
per il padiglione della Repubblica spagnola all'Expo Universale di
Parigi del 1937, l'opera di Picasso è diventata il simbolo della
resistenza alla violenza cieca del fascismo e agli orrori della
guerra.
Giorgio Amico
Guernica
Il 26 aprile 1937 una
squadriglia di 24 aerei (21 tedeschi e tre italiani) rade al suolo la
città di Guernica che non è un obiettivo militare, ma rappresenta
la capitale storica del popolo basco e dunque il cuore della
resistenza all'oppressione e al fascismo. E' il primo bombardamento
sistematico di un obiettivo civile e inaugura un nuovo tipo di
guerra, che i nazisti applicheranno poi su larga scala due anni più
tardi sulle città inglesi, mirante a terrorizzare la popolazione
civile, a spezzare la volontà di resistenza di un popolo con
l'annientamento pianificato minuziosamente di chi si
oppone.
Le foto di Guernica
distrutta fanno il giro del mondo. Pablo Picasso, che vive a Parigi,
ne è immediatamente informato dalla sua compagna Dora Maar. E' lei a
spingerlo a fare qualcosa, perchè qualcosa si deve fare, non si può
rimanere inerti a guardare ciò che il fascismo fa in terra di
Spagna.
“Il segreto di Guernica
è una donna. - scrive una giornalista ricostruendo quell'episodio -
C'era lei, quei giorni. è scesa lei in strada il pomeriggio del
primo maggio del '37 a comprare Ce soir. Ha visto lei per prima,
salendo fino all' ultimo piano le scale dell' atelier di rue des
Grands Agustins, la foto in bianco e nero di prima pagina: «Immagine
della città di Guernica in fiamme». è lei che gli ha detto:
«Guarda». Lui stava conversando con un amico, lei si è avvicinata,
ha messo tra i due il giornale e ha detto solo questo: guarda”.
La risposta di Picasso
sarà Guernica, la grande tela che denuncia gli orrori e la ferocia
della guerra di Spagna. Fin da subito l'artista è consapevole della
portata politica del suo lavoro:
"La guerra di Spagna
– dichiarerà - è la battaglia della reazione contro il popolo,
contro la libertà. Tutta la mia vita è stata una lotta continua
contro la reazione e la morte dell'arte. In Guernica, e in tutte le
mie opere recenti esprimo chiaramente il mio odio per la casta
militare che ha fatto naufragare la Spagna in un oceano di dolore e
di morte".
In quegli stessi giorni
si apre a Parigi la grande esposizione universale che vede la
partecipazione dei principali paesi del mondo. Sono gli anni del
Fronte Popolare e l'Expo diventa immediatamente occasione di
contrasto politico. La destra vede nell'esposizione il segno della
propaganda “giudaico-massonica”. Nel suo libello antisemita
Bagattelle per un massacro Céline la definisce “La grande giuderia
1937” e aggiunge: “Tutti quelli che espongono sono ebrei. Tutto
quello che comanda, che dirige, che ordina, architetti, grandi
ingegneri, direttori, incaricati, tutti ebrei, o mezzi ebrei, o
peggio andare massoni. Occorre che la Francia intera venga ad
ammirare il genio ebraico. Occorre che la Francia intera si eserciti
a morire per gli ebrei”.
Ed in effetti l'Expo del
1937 diventa una grande vetrina propagandistica, ma per i regimi
totalitari. All'ingresso due grandi padiglioni si contrappongono
l'uno all'altro a segnare anche visivamente il contrasto fra due
ideologie e due potenze: quello tedesco costruito da Albert Speer e
quello sovietico. Entrambi nel segno del gigantismo marziale, segno
della potenza dei regimi nazista e staliniano, ideologicamente
opposti, ma esteticamente identici.
Proprio nell’anno 1937 sia la Germania nazista che l’Unione Sovietica di Stalin avevano intensificato la repressione nei confronti dell’arte «decadente». A Monaco i nazisti allestirono quella che sarcasticamente è stata definita la più bella mostra di arte contemporanea e che Goebbels decise di battezzare come Mostra dell’arte degenerata : oltre 650 opere confiscate, da Otto Dix a Paul Klee, da Kandinskij a Piet Mondrian, da Oskar Kokoschka a Max Ernst, allo stesso Picasso, espressione dello spirito «ebraico», «prodotto di menti malate» e antitedesco. Sempre nel 1937 Stalin metteva al bando, come antisovietico e antipopolare l’astrattismo di Kandinskij.
Anche la Spagna partecipa
all'Expo trasformando il suo padiglione in una denuncia dei crimini
del fascismo. Max Aub, che ne è il curatore, chiama due artisti ad
affrescarlo. Sono Mirò e Picasso, entrambi catalani, entrambi
antifascisti convinti.
Joan Mirò crea un grande
murales di cinque metri per quattro composto di sei pannelli e
rappresentante un mietitore radicato nella terra come un albero che
in una mano impugna una falce e alza l'altra verso il cielo ad
accarezzare una stella. Un'opera visionaria e bellissima di cui
rimangono solo le foto scattate allora perchè non se ne trovano più
tracce dopo la chiusura dell'Expo e lo smantellamento dei padiglioni.
El segador (il mietitore)
incarna il sogno di una Spagna che lotta accanitamente per la libertà
e per un avvenire che sia fatto di pane (il grano mietuto), ma anche
di rose: l'arte, la cultura, la bellezza a disposizione del popolo
(la stella). L'opera si richiama anche direttamente
all'indipendentismo catalano perchè Els segadors (I mietitori) è
anche il titolo dell'inno nazionale catalano che riprende un antico
canto popolare nato in occasione della grande rivolta antispagnola
dei contadini catalani del 1622.
Diversa l'impostazione di
Picasso. Guernica, che dipingerà in pochissimi giorni
(l'inaugurazione del padiglione sarà il 25 maggio), vuole essere un
grido di denuncia della guerra, una luce che si accende e rivela la
brutalità e l'orrore dell'aggressione fascista alla democrazia
spagnola. Picasso pensa l'opera, che prende una intera parete del
piano terra del padiglione, come una sorta di sacra rappresentazione,
strutturata secondo i canoni dell'arte sacra medievale, come un
polittico composto di tre fasce verticali, due laterali più strette,
simmetriche, contenenti a sinistra il toro ( simbolo di violenza e
bestialità) e a destra un uomo in una casa in fiamme che tende le
mani al cielo rappresentato in un urlo senza voce. Le due parti
estreme fanno da quinta a quella centrale, più larga, ove è
ammassato il maggior numero di personaggi, qui la composizione si
organizza su una struttura “a frontone” ispirato ai templi greci
che converge verso la lampada a esplicitare lo scopo dell'opera: fare
luce sull'orrore.
All’estrema sinistra
una madre lancia al cielo il suo grido straziante mentre stringe fra
le mani il cadavere del figlio. Picasso lo definirà un riferimento
esplicito alla pietà di Michelangelo. Al vertice un cavallo ferito,
simbolo del popolo spagnolo, nitrisce dolorosamente protendendo verso
l’alto una lingua aguzza come una scheggia di vetro. Sopra di lui
una lampada che illumina la scena e rende evidente ciò che sta
accadendo. Da una finestra una figura femminile sporge una lampada.
E' un omaggio e una dedica a Dora Maar che per prima ha aperto gli
occhi del pittore sull'orrore di Guernica e ad insistere perchè si
prendesse posizione. Ovunque sono morte e
distruzione, sottolineate da un disegno duro e quasi tagliente.
All’angolo inferiore destro una donna in ginocchio tende le braccia
al cielo. Al suolo, tra le macerie, si assiste all’orrore dei
cadaveri straziati.
Esattamente al centro del
dipinto una mano serra ancora una spada spezzata, da cui germoglia un
fiore: è l'unico segno di speranza, ma da il senso profondo
dell'opera. Occorre far luce sull'orrore, squarciare le tenebre che
coprono la violenza e la vogliono rendere invisibile e impunita. Solo
così può risorgere dalle rovine e dalla morte il fiore della
libertà e della pace. Questo è il compito dell'artista: fare luce,
rappresentare l'indicibile, lasciare aperta una via alla speranza.
“Io – affermerà anni
più tardi Picasso - non ho mai considerato la pittura come un’arte
di puro piacere, di distrazione. Io ho voluto con il disegno e col
colore, dato che sono le mie armi, penetrare sempre più nella
coscienza degli uomini e del mondo, affinché questa coscienza ci
liberi ogni giorno di più”.