TIRANNIDE indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.

Vittorio Alfieri
(1790)


giovedì 10 gennaio 2019

Le donne liguri. Storia di uno stereotipo etnico



I Greci guardarono con una certa ammirazione agli antichi Liguri e in particolare alla forza di carattere delle donne. Ma non tutto è così semplice come sembra.

Giorgio Amico

Le donne liguri. Storia di uno stereotipo etnico

I testi classici forniscono elementi sufficienti per connotare fisicamente e caratterialmente gli antichi Liguri. Diodoro Siculo descrive una razza di individui

"tenaci e rudi, piccoli di statura, asciutti, nervosi... Costoro abitano una terra sassosa e del tutto sterile e trascorrono un'esistenza faticosa ed infelice per gli sforzi e le vessazioni sostenuti nel lavoro. E dal momento che la terra è coperta di alberi, alcuni di costoro per l'intera giornata, abbattono gli alberi, forniti di scuri affilati e pesanti, altri, avendo avuto l'incarico di lavorare la terra, non fanno altro che estrarre pietre... A causa del continuo lavoro fisico e della scarsezza di cibo, si mantengono nel corpo forti e vigorosi. In queste fatiche hanno le donne come aiuto, abituate a lavorare nel medesimo modo degli uomini. Vivendo di conseguenza sulle montagne coperte di neve ed essendo soliti affrontare dislivelli incredibili sono forti e muscolosi nei corpi... Trascorrono la notte nei campi, raramente in qualche semplice podere o capanna, più spesso in cavità della roccia o in caverne naturali... Generalmente le donne di questi luoghi sono forti come gli uomini e questi come le belve... essi sono coraggiosi e nobili non solo in guerra, ma anche in quelle condizioni della vita non scevre di pericolo"

Diodoro Siculo, vissuto probabilmente fra il 90 e il 27 aC, raccoglie e sistematizza quanto scritto da almeno cinque secoli, a partire dalla fondazione di Massalia (Marsiglia) e dunque dai primi contatti stabili fra Greci e Liguri. Il testo riportato testimonia di come i Greci guardino ai Liguri con una evidente ammirazione, mista a un certo stupore per la condizione emancipata delle donne. Una ammirazione fondata sulla visione mitica di un popolo selvaggio, ma capace di preservare quella purezza di costumi che in origine era stata anche dei Greci. Un mito ricorrente nella storia che ritroveremo dopo la scoperta delle Americhe e il contatto con nuovi popoli nei testi impegnati dei filosofi, vedi Rousseau, ma anche in romanzi come il “Robinson Crosue” dell'inglese De Foe.

In questa situazione il rischio di cadere nello stereotipo è sempre presente, anche se nel caso dei Liguri, a differenza di quelli attuali sugli immigrati “brutti, sporchi e cattivi”, lo stereotipo ha valenza largamente positiva. Questa trasformazione del dato della conoscenza in stereotipo è evidente nel caso delle donne liguri.



Tutto nasce dal racconto di Posidonio, filosofo e geografo greco vissuto all'incirca tra il 135 e il 50 aC, che viaggiò a lungo nel Mediterraneo e soggiornò tra l'altro a Massalia. Nel racconto che il filosofo fa del suo soggiorno massaliota egli riporta ciò che ha sentito da un certo Carmoleonte, suo amico carissimo e cittadino ricco e importante.

"Per coltivare la terra – racconta Carmoleonte - avevo preso a giornata sia uomini che donne. Durante il lavoro una delle donne, colta dai dolori del parto, si allontanò dal gruppo e in disparte partorì. Ritornò subito dopo al lavoro, per non perdere il compenso, dopo aver lavato il neonato ad una fonte e avvolto in una pezza portatolo al riparo a casa.".

E' poco più di un aneddoto che rivela come l'estrema povertà dei Liguri avesse colpito la sensibilità di Posidonio. Sembrerebbe una cosa di poco conto, una piccola annotazione all'interno di un'opera ben più complessa sul mondo mediterraneo, ma parecchio tempo dopo, questo racconto viene ripreso proprio da quel Diodoro Siculo di cui abbiamo parlato in apertura, che ne cambia radicalmente il senso. Infatti Diodoro lo riprende, lo arricchisce di particolari e lo presenta come una testimonianza diretta:

"Gli abitanti sono resistentissimi alla fatiche e, per il continuo esercizio fisico, vigorosi; giacché ben lontani dall'indolenza generata dalle dissolutezze, sono sciolti nei movimenti ed eccellenti per vigore negli scontri di guerra. Generalmente gli abitanti della regione all'intorno, abituati continuamente a sostenere travagli, e richiedendo la terra molta cura, usarono fare partecipi anche le donne delle fatiche connesse al lavoro.
E lavorando uomini e donne a giornata, fianco a fianco, accadeva ad una donna un fatto particolare e paradossale secondo la nostra mentalità.
Infatti essendo incinta e lavorando con gli uomini, presa dalle doglie, raggiunse alcuni cespugli senza turbarsi; in questi diede alla luce il figlio e, avendolo avvolto con fronde lo nascose lì, mentre lei, riunitasi a quelli che continuavano a lavorare, sopportò con essi la medesima fatica, senza accennare nulla dell'accaduto.
Ed essendo venuto noto il fatto per il pianto del bimbo, in nessun modo il sovrintendente la poteva convincere a sospendere il lavoro; né costei desistette dalla faticosa occupazione finché il datore di lavoro, preso da pietà, datole il compenso pattuito la esonerò."


Dunque un semplice aneddoto riportato si trasforma nel giro di qualche decennio in una precisa e dettagliata annotazione antropologica frutto dell'osservazione diretta. Ma non è finita, perchè in un testo dello Pseudo-Aristotele, di datazione incerta ma sicuramente di molto posteriore, il dato è riportato come generale:

“Si dice che anche questo sia caratteristico presso di loro: le donne partoriscono mentre lavorano e, dopo aver lavato con l’acqua il bambino, subito zappano, scavano e fanno gli altri lavori che avrebbero dovuto fare anche se non avessero partorito”.

Dunque un fatto in origine descritto come individuale diventa progressivamente caratteristica comune di un popolo e poi assunto come tale nell'immaginario collettivo. Il racconto di Posidonio diventato dato antropologico certo è una dimostrazione perfetta di come nasca e si fissi uno stereotipo etnico. Un'utile lezione anche per l'oggi, anzi soprattutto per l'oggi. E di questo dobbiamo essere grati a quell'antica e sconosciuta contadina massaliota.