Quarta parte della
nostra storia popolare della rivoluzione cubana dove si racconta del
radicarsi della guerriglia fra i contadini della Sierra Maestra e del
suo progressivo estendersi alle città.
Giorgio Amico
Sulla Sierra Maestra
Installatosi sulla Sierra
per prima cosa Fidel riannodò i legami con l'apparato clandestino
del Movimento 26 Luglio; poi, per dimostrare che il movimento
guerrigliero non era stato annientato, ma che godeva di buona salute
e era disposto a lottare fino alla vittoria, decise di attaccare
una piccola caserma che si trovava all'imbocco del Río de la Plata,
dove la Sierra Maestra toccava il mare. In quel momento la guerriglia
disponeva di una trentina di combattenti, ma di solo ventitrè armi
efficienti: nove fucili col mirino telescopico, cinque
semiautomatici, quattro automatici, due mitragliatori Thompson, due
pistole automatiche e un fucile calibro 16. Dopo una marcia di
avvicinamento durata tre giorni, all'alba del 16 gennaio la caserma
di La Plata veniva attaccata di sorpresa e, dopo un breve ma furioso
combattimento, conquistata. Dei quindici soldati della guarnigione
due vennero uccisi, cinque feriti e altri tre presi prigionieri. Gli
altri riuscirono a darsi alla fuga. Dalla parte dei guerriglieri non
ci furono perdite.Nonostante l'esercito avesse dimostrato nelle
settimane precedenti di non voler fare prigionieri, Fidel ordinò che
i soldati catturati fossero liberati e che venissero consegnate loro
le poche medicine disponibili in modo che i feriti potessero essere
curati.Questo, nonostante il parere contrario di Guevara che, come
medico della spedizione, aveva sostenuto la necessità di mantenere
una riserva di farmaci per la colonna. In questa occasione venne
catturato anche un civile, un certo Chico Osorio, sovrintendente
della famiglia Laviti, proprietaria di un enorme latifondo nella
regione. A differenza dei soldati, considerati uno strumento
inconsapevole nelle mani della dittatura, Osorio, noto per le
violenze sistematiche esercitate nei confronti dei contadini, venne
giustiziato affinchè fosse a tutti chiaro che l'epoca del potere
incontrastato dei latifondisti e dei loro tirapiedi stava per finire
e che per i traditori e gli sfruttatori del popolo non ci sarebbe
stata pietà. Incendiata la caserma e le baracche dei soldati, il
piccolo esercito guerrigliero si ritirò in tutta fretta dal luogo
dello scontro per rifugiarsi nel cuore dell'impervia Sierra Maestra.
I guerriglieri risalirono il corso de
l' Arroyo del Infierno,
un modesto corso d'acqua che si addentrava nell'interno, fino a
giungere a un piccolo spiazzo nella boscaglia invisibile per la
ricognizione aerea. Sei giorni più tardi, all'alba del 22 gennaio,
l'accampamento fu bruscamente risvegliato dall'eco di una sparatoria
proveniente dalla pianura. Era il segnale che le guardie batistiane
erano in arrivo. Fidel decise di tendere un'imboscata ai soldati per
rallentarne l'avanzata, poi la colonna si sarebbe divisa in tanti
piccoli nuclei, composti da uno o due guerriglieri, per sfuggire
all'accerchiamento. Appena le guardie rurali apparvero sul sentiero
che portava al campo, Fidel diede il segnale di aprire il fuoco. Lo
scontro fu breve, ma cruentissimo e si trasformò in un selvaggio
corpo a corpo. Bloccata l'avanguardia nemica, Fidel e i suoi compagni
si diedero ad una precipitosa fuga, ciascuno in una direzione
diversa, con l'obiettivo di ritrovarsi appena terminato il
rastrellamento. I guerriglieri avevano misurato le loro forze con
l'esercito e avevano superato la prova. Ora, mentre a tappe forzate
risalivano la Sierra, sapevano che la dittatura non era invincibile.
"Pochi giorni prima
- annotò il Che nel suo diario - avevamo sconfitto un gruppo
inferiore di numero, trincerato in una caserma; adesso avevamo
sconfitto una colonna in marcia superiore per numero alle nostre
forze e avevamo potuto sperimentare l'importanza che ha in questo
tipo di guerra la liquidazione delle avanguardie, poichè un esercito
non può muoversi senza avanguardie". (1)
Il combattimento di La
Plata rappresentò un punto di svolta decisivo. Per Alvares Tabío,
autore di una storia della guerriglia sulla Sierra Maestra, quel
piccolo fatto d'armi
" dimostrò per la
prima volta l'assioma che Fidel avrebbe applicato durante tutta la
guerra: l'esercito guerrigliero doveva vivere delle armi e dei
rifornimenti catturati al nemico...quella sarebbe stata la situazione
per tutta la guerra".
LA GUERRIGLIA SI
CONSOLIDA
Due settimane più tardi,
la colonna guerrigliera sfuggì a stento ad un'incursione aerea.Solo
dopo tre giorni i combattenti riuscirono a ragrupparsi di nuovo.
Come si seppe più tardi, gli aerei erano stati guidati sul bersaglio
da un traditore, un contadino di nome Eutimio Guerra che, arruolatosi
fra i ribelli come guida, aveva saputo conquistarsi la fiducia di
Fidel. Durante una delle sue missioni in cerca di rifornimenti,
Eutimio era stato catturato dai soldati e, per non essere fucilato,
aveva accettato di lavorare come spia. Il traditore aveva anche
acconsentito, in cambio della promessa di una grossa somma di denaro
e della nomina a capitano, di assassinare Fidel. Scoperto e
arrestato, Eutimio Guerra, fu condannato a morte e passato per le
armi. Prima dell'esecuzione Fidel gli promise che, nonostante tutto,
la rivoluzione vittoriosa si sarebbe fatta carico dei suoi figli. In
un articolo scritto anni più tardi per "Verde Olivo",
l'organo delle Forze Armate Rivoluzionarie di Cuba, il Che rivelò
che la rivoluzione aveva adempiuto al suo impegno verso i figli del
traditore:
"Essi oggi
frequentano sotto altro nome una delle tante scuole e ricevono il
trattamento di tutti i figli del popolo, preparandosi per una vita
migliore...".
Nei primi giorni di
febbraio, per sfuggire ai raid sempre più insistenti dell'aviazione
di Batista, il piccolo esercito guerrigliero abbandonò la regione di
El Lomón dove aveva trovato rifugio per dirigersi verso zone
considerate più sicure. Come nuova sede del campo fu scelta una
località vicino al villaggio di La Montería, nella proprietà di un
simpatizzante del movimento, Epifanio Díaz, i cui figli militavano
fra i partigiani. Il 16 febbraio giunsero sulla Sierra Celia Sánchez,
Frank País e gli altri membri del direttorio nazionale del Movimento
26 Luglio, per discutere con Fidel la riorganizzazione dell'intero
sistema di supporto logistico alla guerriglia e per stabilire
contatti più regolari tra montagna e rete cospirativa operante nelle
città . Figlia di un medico di Manzanillo, Celia, aveva collaborato
con Armando Hart all'organizzazione della spedizione del Granma,
costruendo una rete di collegamento fra i contadini della provincia
di Oriente e della Sierra che si era rivelata preziosa dopo
l'infausta giornata di Alegría de Pío. Conquistato dalle grandi doti
di coraggio e dalle capacità organizzative di Celia, che fino a quel
momento conosceva solo col nome in codice di "Norma", Fidel
le affidò il difficile e rischioso compito di organizzare il
rifornimento di armi e il reclutamento di combattenti per la Sierra.
Da tutta l'isola le armi e gli uomini sarebbero giunte alla città di
Manzanillo e da lì sarebbero state inviate sulle montagne a Los
Chorros, la fattoria di Epifanio Díaz. La riunione del direttorio
nazionale risultò accesissima. Fidel sostenne con grande energia
l'assoluta preminenza del fronte guerrigliero sulle montagne rispetto
al movimento nelle città. Per la prima volta veniva sottolineata una
differenza di priorità fra Sierra e Llano, fra montagna e pianura.
Ogni sacrificio andava fatto per rafforzare la guerriglia. Il
movimento nella pianura non doveva aspirare ad un ruolo di direzione
politico-militare della lotta. Il comando andava potenziato e
unificato proprio a partire dalla montagna. In base a queste
motivazioni Fidel si scontrò aspramente con Faustino Pérez che
aveva proposto l'apertura di un secondo fronte sulla Sierra
dell'Escambray, nella provincia di Las Villas, allo scopo di ridurre
la pressione dell'esercito sulla Sierra Maestra. Secondo Pérez,
considerata la maggiore vicinanza dell'Escambray dall'Avana, sarebbe
stato più agevole rifornire questo secondo fronte guerrigliero di
armi e di uomini provenienti dalla capitale. Fidel si oppose
fermamente alla proposta perchè riteneva, e ben presto i fatti gli
avrebbero dato ragione, che la guerriglia era ancora troppo debole
per poter sopportare una frammentazione come quella proposta dai
dirigenti della pianura. Al termine dei lavori del Direttorio fu
redatto un "Appello al popolo cubano" a firma di Fidel nel
quale si invitava il popolo a sollevarsi e a organizzare azioni
violente in tutta l'isola a supporto della guerriglia.
Orgogliosamente si affermava la disponibilità dei combattenti a
restare sulla Sierra anche "per dieci anni" se ciò si
fosse rivelato necessario per il trionfo della rivoluzione. Nel
programma in sei punti che chiudeva l'appello Castro invitava il
popolo a intensificare gli incendi delle piantagioni di canna da
zucchero "per privare la tirannia delle entrate con cui paga i
soldati che manda a morire e compra gli aerei e le bombe con le quali
assassina dozzine di famiglie contadine della Sierra Maestra",
il sabotaggio generale di tutti i servizi pubblici, l'esecuzione
sommaria e diretta "dei criminali che torturano e assassinano i
rivoluzionari...e di tutti coloro che ostacolano il Movimento
rivoluzionario", l'organizzazione di una resistenza civica di
massa e di uno sciopero generale "quale punto culminante e
finale della lotta".
L'AMERICA SCOPRE CASTRO
In quello stesso giorno
Castro incontrò un inviato del "New York Times", Herbert
L. Matthews, specializzato in questioni latinoamericane. Il servizio
che Matthews inviò al suo giornale e che fece scoprire alla
distratta opinione pubblica americana l'esistenza di una rivoluzione
alle porte di casa, fece più danni al regime di Batista di cento
battaglie perse. Nell'articolo la guerriglia veniva descritta in
termini romantici, come l'eroica lotta di un pugno di giovani Robin
Hood contro una spietata tirannia. In chiusura Matthews affermava con
grande sicurezza:
"Da come la
situazione si presenta, il generale Batista non può sperare di
soffocare la rivolta di Castro; la sua sola speranza è che un
reparto dell'esercito possa sorprendere il giovane capo ribelle e i
suoi immediati collaboratori ed annientarli. Ma è piuttosto
improbabile una eventualità del genere ed è tanto meno probabile
che possa verificarsi entro il primo marzo, data in cui dovrebbe
scadere l'attuale periodo di sospensione delle garanzie
costituzionali". (2)
Quello che Matthews,
nonostante tutto il suo acume giornalistico, non era riuscito a
scoprire era il fatto che in quel preciso momento la guerriglia non
contava più di diciotto combattenti. Fidel aveva fatto in modo che,
prima di giungere da lui, il giornalista fosse condotto in giro per
la Sierra in modo da dargli l'impressione che il movimento disponesse
di svariati accampamenti e del controllo militare delle montagne. Il
servizio apparve con grande rilievo sul "New York Times"
del 24, 25 e 26 dello stesso mese, suscitando una vasta eco negli
Stati Uniti. Il governo di Batista negò l'autenticità
dell'intervista. Le autorità militari dichiararono che a causa
dell'accerchiamento militare a cui era sottoposta la Sierra nessuno,
tanto meno un giornalista straniero, avrebbe potuto raggiungere le
montagne. Dal canto suo il Ministro della Difesa, Santiago Verdeja
Neyra, dichiarò: "Herbert Matthews ha rilasciato la patente
democratica a un feroce strumento della guerra rossa in America...
Soltanto un giornalista ammalato di sensazionalismo poteva inventarsi
la fandonia della Sierra Maestra. L'intervista è immaginaria...".
Pochi giorni più tardi il New York Times replicava, pubblicando una
fotografia di Matthews e di Fidel Castro ritratti insieme durante
l'intervista sullo sfondo dell'inconfondibile scenario naturale
della Sierra.
DIFFICOLTA' DELLA GUERRA
POPOLARE
Nonostante gli innegabili
successi ottenuti contro le forze di Batista, la situazione restava
difficile. La colonna, ancora priva di un'adeguato spirito combattivo
e senza una chiara coscienza politica, non riusciva a consolidarsi.
La condizione dei combattenti era ancora molto fluida. Molti non
reggevano e se ne andavano. Altri chiedevano di svolgere funzioni in
città, a volte in condizioni molto più rischiose, ma tutto andava
bene pur di sfuggire alle dure condizioni di vita della montagna.
Pesava su tutti soprattutto l'isolamento e la durissima disciplina.
Di conseguenza l'esercito ribelle cresceva lentamente. Nuovi elementi
si incorporavano nella guerriglia, ma molti altri se ne andavano.
Come ha scritto il Che:
"le condizioni
fisiche della lotta erano durissime, ma le condizioni morali lo erano
molto di più e si viveva sotto l'impressione di essere continuamente
assediati".
Tuttavia, anche se con
estrema lentezza e in modo non privo di contraddizioni, il focolaio
guerrigliero andava via via allargandosi. Il giorno 13 marzo la radio
nazionale trasmise la notizia che era stato commesso un attentato
alla vita del dittatore. Nonostante la censura il popolo cubano venne
così a conoscenza di un tentativo di sommossa nel cuore stesso della
capitale e di come il regime avesse approfittato della situazione per
assassinare molti dissidenti, alcuni addirittura già detenuti, i cui
corpi erano stati abbandonati per le strade dell'Avana al fine di
incutere terrore nella popolazione. L'azione era stata compiuta dal
Direttorio studentesco, un'organizzazione rivoluzionaria da tempo
operante clandestinamente nell'Università. Alcune squadre di giovani
armati, comandate dal Presidente della FEU (Federazione Studenti
Universitari), José Antonio Echeverría, erano riuscite a penetrare
all'interno del palazzo presidenziale e a giungere fino all'ufficio
di Batista con l'obiettivo di uccidere il tiranno. Ma il dittatore
in quel momento si trovava in un'altra parte del palazzo. Molti
assalitori, tra cui lo stesso Echeverría, caddero sotto il fuoco
delle guardie, altri furono catturati.
Il tragico evento mostrò
che non esistevano scorciatoie alla strategia della guerra di popolo
di Castro e che la politica degli atti esemplari serviva solo alla
dittatura alla quale forniva un prezioso alibi per la repressione. Il
fallimento dell' assalto al palazzo presidenziale dell'Avana servì
da pretesto al Partito Socialista Popolare per prendere le distanze
da Castro e rilanciare la proposta di libere elezioni democratiche
quale soluzione della crisi cubana.
"La nostra posizione
nei confronti del movimento del 26 luglio - scrisse in
quell'occasione uno dei dirigenti del PSP - è basata su questi
criteri. Noi pensiamo che questo gruppo si proponga dei nobili scopi,
ma che, in generale, esso stia seguendo tattiche sbagliate. Pertanto
noi non approviamo le sue azioni, ma facciamo appello tuttavia a
tutti i partiti e a tutti i settori della popolazione affinchè lo
difendano dai colpi della tirannide, non dimenticando che i membri di
questo Movimento combattono contro un governo odiato dall'intero
popolo cubano". (3)
!l 16 marzo all'alba
giunsero sulla Sierra i primi rinforzi inviati dal responsabile di
Santiago Frank País. Si trattava di un gruppo di una cinquantina di
uomini, di cui soltanto trenta armati, ma che portavano in dote due
fucili mitragliatori e ventotto fucili. Dopo una vivace discussione
con Guevara, che proponeva di provare subito in combattimento i nuovi
arrivati attaccando qualche casermetta isolata, Fidel decise più
conveniente sottoporre la nuova truppa ad un addestramento intensivo,
facendola marciare a tappe forzate sulla montagna al fine di
abituarla ai rigori della vita alla macchia. Fu così che si decise
di abbandonare l'accampamento e di dirigersi verso est per tenere una
elementare scuola di guerriglia. I mesi di marzo e aprile furono
dedicati alla ristrutturazione dell' Esercito Ribelle, ormai composto
da un'ottantina di uomini suddivisi tra un'avanguardia con compiti di
esplorazione del terreno, comandata da Camilo Cienfuegos, tre plotoni
al comando rispettivamente di Raúl Castro, Juan Almeida (4) e Jorge
Sotus, uno Stato Maggiore e da una retroguardia agli ordini di
Efigenio Ameijeras (5) con funzioni di copertura. Fu anche avviata la
costruzione di una funzionale rete logistica, con depositi di
munizioni e di generi alimentari e accampamenti permanenti da
utilizzarsi durante gli spostamenti. Fu organizzato un efficente
servizio di staffette e il primo abbozzo di un apparato di sicurezza
al fine di scoprire e neutralizzare delatori e spie. Determinante si
andò rivelando ogni giorno di più l'appoggio della popolazione
contadina. Colonne di muli, cariche di rifornimenti per i partigiani,
risalivano la Sierra, mentre centinaia di occhi attenti vigilavano
sullo spostamento delle unità militari. Ogni movimento delle truppe
batistiane veniva segnalato a Fidel in tempi rapidissimi, vanificando
ogni effetto sorpresa. Ormai i guerriglieri si muovevano tra i
contadini come pesci nel mare, in quello che orgogliosamente avevano
iniziato a chiamare "Territorio libero". In ogni paese dove
arrivavano i guerriglieri distribuivano viveri e medicinali e si
prendevano cura dei malati. Toccava a Ernesto Che Guevara, in quanto
medico, prendersi cura dei contadini, generalmente bambini affetti da
parassitismo, rachitismo, avitaminosi, le malattie della miseria.A
contatto quotidiano con le sofferenze dei contadini cresceva così
fra i combattenti la consapevolezza che la lotta non poteva fermarsi
solo alla conquista delle libertà politiche, ma che occorreva andare
oltre per aggredire alle radici le cause strutturali del
sottosviluppo e che tutto ciò aveva un nome: imperialismo. E' ancora
il Che a ricordare:
"Lì, facendo queste
cose, cominciava a prendere corpo in noi la coscienza della necessità
di un cambiamento definitivo nella vita del popolo. L'idea della
riforma agraria divenne chiara e la comunione col popolo cessò di
essere teoria per diventare parte integrante del nostro essere. La
guerriglia e i contadini si andavano fondendo in una sola massa,
senza che nessuno possa dire in quale momento del lungo cammino si
verificò questa fusione; in quale momento divennero intimamente
vere le nostre affermazioni e in quale momento diventammo parte della
gente delle campagne (...) quei sofferenti e leali abitanti della
Sierra Maestra non hanno mai sospettato il ruolo da essi giocato
nella formazione della nostra ideologia rivoluzionaria". (6)
Da quel momento non vi
furono più tentennamenti. Con pazienza Fidel andava forgiando il
nuovo Esercito Ribelle, trasformando in combattenti determinati e
coscienti, giovani operai e studenti provenienti da tutta l'isola.
Non senza qualche atteggiamento di superiorità da vecchio
combattente i veterani del Granma insegnavano alle nuove reclute i
segreti della cucina di bivacco, l'arte di fare lo zaino selezionando
solo lo stretto indispensabile per la sopravvivenza, il modo di
marciare tra le forre e i dirupi della Sierra.A metà del mese di
aprile 1957 i guerriglieri tornarono nella zona di Palma Mocha, nelle
vicinanze del Monte Turquino che con i suoi 1974 metri rappresenta il
più alto monte dell'isola. Nel frattempo pattuglie contadine al
comando di Guillermo García (7) e Ciro Frías percorrevano l'intera
Sierra Maestra per raccogliere rifornimenti e informazioni in vista
di una nuova grande offensiva contro i militari. Il 23 aprile
raggiunsero i partigiani altri due giornalisti nordamericani,
l'inviato Bob Taber e un operatore cinematografico, insieme a loro
c'erano Celia Sánchez e Haydée Santamaria (8)e gli inviati del
Movimento in pianura, Carlos Iglesias e Marcelo Fernández. In quel
momento militavano nei ranghi dell' Esercito Ribelle tre ragazzi
statunitensi, figli di militari americani della base di Guantanamo,
per spirito d'avventura fuggiti da casa e incorporatisi nella
guerriglia. Fidel li consegnò solennemente a Bob Taber, perchè li
riaccompagnasse negli Stati Uniti. Inutile dire che il fatto suscitò
grande scalpore e contribuì a creare un genuino movimento di
simpatia attorno a Castro e ai suoi "barbudos". A dare
maggiore solennità all'evento la consegna avvenne sulla sommità del
Pico Turquino che tutta la colonna aveva scalato e lassù Bob Taber
terminò il suo servizio sulla guerriglia, girando un film che fu
trasmesso integralmente dalla televisione americana. Grazie
all'arrivo di altri rinforzi dall'Avana la forza guerrigliera era
intanto salita a centoventisette uomini, il che permetteva a Castro
di ordinare rapide incursioni sui villaggi dell'interno, dove si
stabiliva una specie di potere rivoluzionario, nominando dei
fiduciari incaricati di amministrare la giustizia in nome del "Poder
Popular" e di informare la guerriglia degli spostamenti delle
guardie rurali batistiane.Ma questo avveniva solo di notte, di giorno
i partigiani restavano sempre al riparo della boscaglia al sicuro
dalle incursioni aeree. Secondo il Che:
"si era prodotto un
cambiamento qualitativo: c'era tutta una zona in cui l'esercito
nemico cercava di non capitare per non scontrarsi con noi, anche se è
indubbio che neanche noi dimostravamo molto interesse ad andare a
sbattere contro di loro". (9)
Il 18 maggio giunse
sulla Sierra il primo importante rifornimento d'armi organizzato dai
compagni del fronte della pianura: tre mitragliatrici pesanti, tre
mitragliatori Madzen, nove carabine M-1, dieci fucili automatici
Johnson e seimila proiettili andarono a rimpolpare le magre riserve
della guerriglia. Il 25 maggio la radio diffuse la notizia che a
Mayarí, nel nord della provincia di Oriente, un gruppo di esuli,
appartenenti al Partido autentico e comandati da Calixto Sánchez
aveva tentato uno sbarco, ma era stato facilmente sopraffatto e
annientato dalle truppe. Il gruppo, partito dalla Florida a bordo del
panfilo "Corynthia", intendeva aprire un fronte
guerrigliero sulla Sierra Cristal, un massiccio montagnoso della
regione di Oriente. Lo sbarco era effettivamente avvenuto il 23
maggio, ma i guerriglieri, probabilmente traditi prima della
partenza, avevano trovato l'esercito ad attenderli e in cinque giorni
di combattimenti erano stati quasi tutti massacrati.Nonostante non
riponesse alcuna fiducia nel Partito autentico e nel suo capo, lo
screditato Prío Socarrás (10), Fidel decise di attaccare le forze
nemiche per creare un diversivo e fare in modo che i superstiti della
spedizione potessero trovare scampo sui monti. Fu così che venne
deciso l'attacco alla caserma di Uvero, una delle più importanti
postazioni sulla costa della Guardia rurale. L'attacco,
minuziosamente pianificato, durò tre ore, al termine delle quali la
postazione venne conquistata e data alle fiamme. Dei cinquantatre
soldati del presidio, quattordici erano stati uccisi, diciannove
feriti e altri quattordici catturati. I guerriglieri contarono sei
morti e nove feriti.L'azione di Uvero segnò una svolta importante
nell'andamento della guerriglia. Lo Stato Maggiore batistiano,
impressionato dalla potenza di fuoco e dalle capacità operative
mostrate dai partigiani, decise infatti di smantellare tutte le
piccole guarnigioni isolate e di concentrare le truppe in località
più sicure. Il che significava praticamente abbandonare alla
guerriglia il controllo dell'intera Sierra dal Pico Caracas al Pico
Turquino.
IL MANIFESTO DELLA SIERRA
MAESTRA
Le vittorie della
guerriglia, unite all'interesse per Fidel Castro e i suoi barbudos
che i servizi di Matthews e di Taber avevano suscitato nell'opinione
pubblica degli Stati Uniti, convinsero l'opposizione borghese a
Batista a schierarsi anche se con molte titubanze a fianco della
lotta armata. A giugno il presidente della compagnia Bacardi, José
Bosch, il presidente della Camera di commercio di Santiago, Daniel
Bacardi, il capo del Movimento della gioventù cattolica, padre
Chabebe, assieme a Fernando Ojeda, uno dei maggiori esportatori di
caffè dell'isola, e ai presidenti del Rotary e del Lyon's Club di
Santiago avevano dichiarato al giornalista americano Jules Dubois,
ben noto per i suoi rapporti con il Dipartimento di Stato e la CIA,
che Castro era impegnato in "una storica missione" per il
riscatto di Cuba e il ripristino della democrazia. Ai primi di luglio
salirono sulla Sierra l'ex presidente della Banca Nazionale, Felipe
Pazos e il presidente del partito ortodosso, Raúl Chibás con lo
scopo di proporre al leader guerrigliero la stipula di un patto di
azione comune contro la dittatura. Nonostante l'opposizione aperta di
una parte dei combattenti, timorosi che il peso politico che la
guerriglia aveva saputo conquistarsi sul campo venisse ora utilizzato
per squallide lotte di potere tra l'Avana e Washington, Fidel Castro
decise di cogliere l'opportunità e di evitare ogni rottura con la
borghesia. Quello che sfuggiva ai più era che l'appoggio dei gruppi
borghesi più avanzati era prezioso per la stessa lotta armata, alla
quale forniva piena legittimazione internazionale. Il 12 luglio 1957,
al termine dei colloqui, Castro, Pazos e Chibás siglarono insieme un
manifesto destinato a essere conosciuto come "Manifesto della
Sierra Maestra". Il Manifesto insisteva soprattutto sulla
costituzione di "un grande fronte civico rivoluzionario che
comprendesse tutti i partiti politici d'opposizione, tutte le civiche
istituzioni e tutte le forze rivoluzionarie". Il fronte non
avrebbe tollerato l'ingerenza di potenze straniere negli affari
interni cubani, nemmeno sotto forma di mediazione di pace. Scopo del
fronte era l'abbattimento della tirannia di Batista, il ripristino
delle libertà democratiche e l'indizione entro un anno di libere
elezioni. Nel manifesto si lanciava un velato avvertimento al
Dipartimento di Stato: il fronte non avrebbe mai accettato un mero
cambiamento di facciata sotto forma di un governo provvisorio o di
una giunta militare. Il programma enunciava poi una serie di
richieste democratiche quali la liberazione immediata di tutti i
detenuti politici, la garanzia assoluta della libertà di
informazione per la stampa e la radiotelevisione, il ripristino di
tutti i diritti garantiti dalla Costituzione, la nomina di sindaci
provvisori in tutti i comuni, la democratizzazione della politica
sindacale mediante libere consultazioni da tenersi in tutti i
sindacati e in tutte le federazioni dell'industria. Primo compito del
governo provvisorio sarebbe stata la modernizzazione del Paese da
attuare attraverso un programma di riforme, tra cui l'inizio
immediato di una campagna contro l'analfabetismo, l'accelerazione del
processo di industrializzazione e una riforma agraria "tendente
a distribuire le terre incolte...previo indennizzo dei precedenti
proprietari". Il Manifesto parlava, poi, della guerriglia sulla
Sierra, in termini elogiativi:
"Nessuno si lasci
ingannare dalla propaganda governativa circa la situazione della
Sierra. La Sierra Maestra è ormai un baluardo indistruttibile della
libertà che è fiorita nel cuore dei nostri compatrioti, e qui noi
sapremo fare onore alla fede e alla fiducia del nostro popolo".
Il Manifesto della Sierra
segnò un punto importante per Fidel: alcuni tra i rappresentanti più
in vista della borghesia cubana si erano recati sulla Sierra, avevano
firmato una dichiarazione insieme al capo della guerriglia e ora
partivano per Miami per ottenere un appoggio internazionale alla
lotta contro la dittatura di Batista. Certo, il documento risultava
tanto magniloquente nelle affermazioni di principio quanto moderato
nei suoi contenuti concreti. E ciò nonostante Fidel avesse tentato
di fare in modo che la parte relativa al programma agrario fosse più
esplicita. Tuttavia, seppure con diverse argomentazioni, tutti i
leader guerriglieri erano consapevoli che in quel momento dalle
montagne della Sierra non era realisticamente possibile strappare di
più. certo, si trattava di un programma minimo, di un compromesso
non del tutto soddisfacente, ma comunque si girasse la questione, era
un passo necessario, un progresso per la guerriglia che si vedeva
definitivamente promossa a soggetto politico degno di considerazione.
Guevara commentò così l'episodio:
"Quel compromesso
non ci soddisfaceva in pieno, ma era stato necessario, poichè in
quel momento si trattava di un documento già progressista. Sapevamo
che non poteva andare oltre il momento in cui avrebbe significato un
freno allo sviluppo rivoluzionario, ma eravamo disposti a
rispettarlo... Noi sapevamo, insomma, che si trattava di un programma
di minima, un programma limitativo dei nostri sforzi, ma sapevamo
altresì che non era possibile imporre la nostra volontà dall'alto
della Sierra Maestra e che, per un lungo periodo di tempo, avremmo
dovuto fare i conti con tutta una serie di "amici" che
speravano di poter sfruttare la nostra forza militare e la grande
fiducia che il popolo nutriva in Fidel Castro, per i loro macabri
maneggi e, soprattutto, per conservare a Cuba, attraverso la
borghesia importadora, strettamente vincolata ai padroni del nord, il
dominio dell'imperialismo... Per noi questa dichiarazione non era che
una piccola sosta durante la marcia, poichè si doveva assolvere
urgentemente il compito fondamentale, che era la disfatta
dell'esercito oppressore sul campo di battaglia". (11)
L' ASSASSINIO DI FRANK
PAIS
In quegli stessi giorni
l'Esercito Ribelle, che poteva ormai contare su circa duecento
combattenti, si divise in due. Venne costituita ufficialmente una
seconda colonna al comando del Che, destinata ad operare nella parte
di Sierra a Est del Pico Turquino.. La colonna, che prese il numero
quattro per disorientare il nemico sulla reale consistenza numerica
della guerriglia, era costituita da settantacinque uomini quasi tutti
di origine contadina, inquadrati su tre plotoni. Per celebrare
l'anniversario del 26 Luglio, la colonna numero uno con alla testa
Guillermo Garcia attaccò Estrada Palma, un grosso centro abitato al
limitare della Sierra e lo occupò. La colonna numero quattro attaccò
invece Buyecito. Nello stesso periodo, tuttavia, la guerriglia
dovette subire due pesanti colpi. Le armi destinate ad aprire il
secondo fronte nella pianura caddero nelle mani della polizia che
arrestò anche molti dirigenti della rete clandestina. lo stesso
Faustino Perez sfuggì a stento alla cattura. Fidel, che come si è
visto, non aveva mai condiviso l'idea di Perez di aprire un nuovo
fronte guerrigliero in pianura, riuscì a far passare la sua linea
della necessità di dedicare ogni risorsa disponibile al
rafforzamento della Sierra Maestra come primo passo indispensabile
per l'espansione dell'esercito guerrigliero. A confermare la
giustezza di questa linea il 30 luglio giunse la notizia
dell'assassinio a Santiago di Frank País. Tradito da un delatore,
Frank País era stato individuato dalla polizia segreta batistiana e
era stato ucciso a freddo dai poliziotti che avevano fatto irruzione
nella sua abitazione. L'assassinio di Frank País suscitò una
grandissima impressione nella popolazione di Santiago. I suoi
funerali si trasformarono in una vera e propria manifestazione di
massa contro il regime. La polizia, intervenuta in forze, aprì il
fuoco sulla folla inerme, uccidendo alcune donne. La risposta
popolare fu immediata. Per tre giorni uno sciopero generale spontaneo
paralizzò l'intera città. Lo sciopero fu l'occasione per la nascita
del Frente Obrero Nacional (FON), l'organizzazione sindacale
clandestina del Movimento 26 Luglio. La caduta del responsabile del
Movimento per la provincia di Oriente dimostrò, se ce ne fosse stato
ancora bisogno, la fragilità dell'azione cospirativa nelle città.
D'altro canto era stato proprio lo stesso País, insieme con Armando
Hart, a inviare ai primi di giugno una lunga lettera a Fidel per
informarlo della confusione regnante nel Movimento che andava, così
si sosteneva, "integralmente" riorganizzato.
LA RIVOLTA DI CIENFUEGOS
Un'ulteriore conferma che
la "linea della Sierra", da sempre sostenuta da Fidel
contro ogni tentazione di tipo terroristico o putschista era quella
giusta, venne dal tragico fallimento del tentativo di golpe compiuto
da un pugno di giovani ufficiali di marina nel mese di settembre. Nel
corso dell'estate il Movimento 26 Luglio era riuscito a costruire una
sua cellula all'interno della base navale di Cienfuegos, la più
importante dell'isola. Capeggiati dal tenente Dionisio San Román, i
cospiratori puntavano a prendere il controllo della base e
dell'incrociatore "Cuba", la più potente unità della
marina cubana e da lì scatenare un'insurrezione generale contro il
regime. Il 5 settembre il piano scattò e in poche ore i rivoltosi
presero il controllo della base navale e della città di Cienfuegos,
poi si fermarono ad attendere che la rivolta dilagasse in tutta
l'isola. Invitati a raggiungere la vicina Sierra Escambray per aprire
un nuovo fronte guerrigliero, i capi della rivolta rifiutarono
decisamente considerando la proposta poco meno che una fuga e dunque
non in sintonia con il loro onore di ufficiali. La scelta dello
scontro in campo aperto si rivelò loro fatale. Bombardieri B 26,
forniti dagli Stati Uniti nell'ambito del programma di collaborazione
militare cubano-americano, mitragliarono e bombardarono la città che
venne attaccata dalle truppe corazzate. Gli insorti, a cui si erano
uniti numerosi civili, resistettero eroicamente per tutta la giornata
e la notte successiva, poi dovettero arrendersi. La repressione fu
selvaggia. I prigionieri furono immediatamente passati per le armi.
Il tenente San Román, individuato come capo della rivolta, fu
torturato per mesi e infine assassinato senza processo. L'intera
città fu rastrellata casa per casa e tutti i sospettati di aver
partecipato alla sommossa fucilati sul posto. I morti si contarono a
centinaia.I fatti di Cienfuegos scavarono un solco definitivo tra il
popolo di Cuba e gli Stati Uniti. Il fatto che i generali batistiani
avessero usato armi pesanti, aerei e mezzi corazzati, che secondo il
trattato cubano-americano potevano essere utilizzati solo per la
difesa dell'isola da un attacco esterno, senza che il governo
americano avanzasse la minima protesta aprì gli occhi anche a chi
non voleva vedere. Così come era risaputo che le truppe d'elite
usate per la riconquista di Cienfuegos erano addestrate e inquadrate
da consiglieri appartenenti alla missione militare statunitense
operante presso l'alto comando delle forze armate cubane. Ma
un'ondata di indignazione scosse l'isola alla notizia nel mese di
novembre che il governo degli Stati Uniti aveva decorato con la
prestigiosa Legione al Merito uno dei più feroci boia della
dittatura, il generale Tabernilla, l'ufficiale che aveva diretto la
repressione del moto di Cienfuegos. In questa occasione si rivelò
tutta la cecità dei governanti americani, incapaci di comprendere
cosa realmente stesse accadendo sull'isola. Convinto che tutto fosse
riconducibile allo schema tanto caro alla destra americana del
complotto comunista diretto da Mosca, l'ambasciatore Earl Smith
raccomandò al capo della CIA, Allen Dulles, di infiltrare degli
agenti sulla Sierra per "scoprire la portata del controllo dei
comunisti" sul Movimento 26 Luglio e in caso affermativo
assassinare Castro. Atteggiamento condiviso dall'amministrazione
Eisenhower, come dimostra la risposta che il responsabile della
sezione caraibica del Dipartimento di Stato, William Wieland, diede a
chi sosteneva che il governo americano non poteva più fingere di
ignorare le atrocità della dittatura di Batista:
"So bene che molti
considerano Batista un figlio di puttana... ma gli interessi
americani vengono prima di tutto... per lo meno Batista è il nostro
figlio di puttana e non tresca con i comunisti... Dall'altra parte
Castro è attorniato da rossi. Non so se lui personalmente è
comunista... ma sono certo che è soggetto all'influenza comunista".
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IL PATTO DI MIAMI
Se anche appoggiavano
apertamente Batista, gli americani tuttavia non trascuravano di
flirtare con l'opposizione, tentando di isolare Fidel e di riportare
il movimento guerrigliero sotto il controllo politico degli esponenti
della borghesia liberale. Il 1 novembre, su pressione di ambienti
politici americani vicini al Dipartimento di Stato e alla CIA, si
tenne a Miami un congresso generale di sette gruppi d'opposizione.
Fu costituita una Giunta di Liberazione Nazionale allo scopo di
portare a compimento la lotta per la restaurazione della democrazia a
Cuba. Si chiedeva l'aiuto degli Stati Uniti, garantendo l'esclusione
dei comunisti e si riduceva l'intero programma sociale del futuro
governo democratico alla vaga promessa di creare "nuove fonti di
occupazione, così come più elevati standard di vita". Al
Congresso partecipò anche Felipe Pazos, uno dei firmatari del
Manifesto della Sierra Maestra, che portò l'adesione del Movimento
26 Luglio. La notizia del patto di Miami giunse a Castro attraverso
il "New York Times" che definì l'accaduto come uno
scandaloso tentativo politico di riciclare alcuni screditati
esponenti dell'opposizione liberale. In una lettera in data 14
dicembre Castro denunciò vigorosamente la mancanza nel patto di ogni
dichiarazione contro l'intervento straniero e il servilismo verso gli
Stati Uniti," chiara riprova di uno scarso patriottismo e di una
vigliaccheria che si denunciano da soli".Veniva inoltre
sconfessato l'operato di Pazos, che a nessun titolo poteva
rappresentare la guerriglia, e si rifiutava ogni rapporto con la
Giunta, del tutto priva di seguito a Cuba.
"Non ho autorizzato
o designato alcuna delegazione per discutere queste dichiarazioni -
dichiarò Fidel - mentre i dirigenti delle altre organizzazioni che
sottoscrivono il patto stanno in esilio facendo una rivoluzione
immaginaria, i dirigenti del Movimento 26 Luglio stanno a Cuba
facendo una rivoluzione reale".
La mossa era rischiosa,
il movimento castrista rischiava di perdere il consenso accumulato in
un anno di lotta presso l'opinione pubblica moderata e di
giustificare le accuse di estremismo avanzate dagli americani e
dall'opposizione borghese. Con un'abile mossa tattica Fidel rovesciò
la situazione, neutralizzando l'insidioso tentativo del Dipartimento
di stato di isolarlo e screditarlo. Nella lettera si dichiarava che
presidente provvisorio della nuova Cuba democratica sarebbe stato il
giudice Urrutia, il magistrato costretto a dimettersi per aver
assolto i compagni di Fidel arrestati dopo lo sbarco del Granma. La
decisione si rivelò azzeccata. Urrutia era noto per le sue idee
moderate e ciò bloccò sul nascere il tentativo americano di
presentare Castro come un sanguinario avventuriero contrario per
principio ad una soluzione politica del conflitto. Il 23 dicembre
Urrutia giunse a Miami in rappresentanza di un governo cubano in
esilio espressione del Movimento 26 Luglio. Liberale e anticomunista,
il giudice Urrutia era l'uomo adatto a trattare con il governo
americano per convincere Washington a sospendere le forniture d'armi
a Batista. Il 14 marzo 1958 l'amministrazione Eisenhower annunziò
ufficialmente la sospensione dell'invio di armi alle forze armate
cubane.
NOTE:
- E. Guevara,op. cit., p.39
- H.L. Matthews, La verità su Cuba, Milano 1961, p.21
- H.L. Matthews,op. cit.,p.45
- Operaio edile. Partecipa all'attacco del Moncada. Nel 1959 comandante in capo delle FAR.
- Autista. Dopo la rivoluzione primo capo della polizia. Viceministro delle Forze armate.
- E. Guevara,op. cit., p.87
- Primo contadino a giungere al grado di comandante. Dopo la rivoluzione prima comandante dell'Esercito di Occidente e poi Segretario del PCC per la Provincia di Oriente.
- Sorella di Abel Santamaría. Partecipò all' assalto al Moncada. Catturata, le vennero mostrati gli occhi appena strappati al fratello. Organizzatrice dei primi nuclei del Movimento 26 Luglio. Dopo la rivoluzione presidente della casa editrice e della rivista "Casa de las Americas".
- E. Guevara, Opere, vol I, Milano 68, p.58
- Ex presidente della Repubblica e leader del Partido autentico. Dopo il golpe di Batista in esilio negli Stati Uniti, dove mantenne un atteggiamento ambiguo, oscillando fra l'appoggio ai ribelli e le aperture alla dittatura. Il Che defìnì il personaggio "pappagallo della pseudo-opposizione".
- E. Guevara, op. cit., pp. 98-99
- H. Thomas, op. cit., p.748
4. Continua